Piero Cannizzaro – Racconti d’Africa
In esposizione 40 fotografie originali di persone e luoghi d’Africa.
Comunicato stampa
Lo sguardo verso l’altro, rivolto a culture e luoghi diversi, spinto dal desiderio di conoscenza e comprensione profonda, in un scambio reso possibile dall’arte in tutte le sue forme, compresa quella fotografica… Con questo spirito, che da sempre contraddistingue anche tanta parte delle sue iniziative, Palazzo Merulana, nato dalla sinergia tra Fondazione Elena e Claudio Cerasi e CoopCulture, ospita dal 10 marzo al 9 aprile 2021 la mostra fotografica“Racconti d’Africa” di Piero Cannizzaro, a cura di Glauco Dattini.
Una selezione di oltre 40 fotografie, scattate durante le riprese del documentario “Storie d’Africa” - di cui è autore lo stesso Cannizzaro - prodotto dalla Cooperazione Internazionale e dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo in collaborazione con l’OIM, nell’Africa dell’ovest, tra il Senegal, la Costa d’Avorio e la Guinea. Il documentario riguardava il difficile tema dell’emigrazione ma si è trasformato nell’occasione di “fotografare” le realtà più diverse: non solo l’Africa, ma le tantissime Afriche che esistono.
“Le foto di questa mostra le ho scattate nelle pause delle riprese - spiega l’autore - Non è stato facile: da regista dovevo gestire la telecamera e il suono, non potevo portare con me anche una macchina fotografica vera e propria. Mi è venuta incontro la tecnologia dei nuovi cellulari ed ho usato il mio per cogliere l’attimo. Sono emozioni che ancora provo. Chiedo permesso, tiro la tenda di una capanna, trovo una donna bellissima che sta facendo il fuoco, c’è contrasto tra il fuoco e la donna, una luce che veniva da dietro… scatto”.
L’Africa fotografata da Cannizzaro non è polemica o dimostrativa ma sceglie, come afferma la scrittrice Dacia Maraini, la strada dello sguardo che si fa colore e movimento.
Colpito dalla bellezza di donne, di uomini e di vita vissuta, Piero Cannizzaro ha saputo fermare nell’immagine appunto la forza degli sguardi, la resilienza che esprimevano, ma anche l’eleganza della loro postura, i colori, la cura degli abiti. Emozioni ancora vive, guidate dalla luce e mediate dalla tecnologia, al servizio del soggetto da fotografare.
Le foto rappresentano la parte positiva del documentario. Quest’ultimo racconta storie di persone che avevano tentato senza esito di raggiungere l’Europa e altre che ne erano tornate. “Con le foto ho voluto dare un volto a chi generalmente vediamo come massa indistinta sui barconi, in apparenza senza identità e dignità” spiega ancora Cannizzaro. Persone che avevano subito torture, sofferenze terribili, ripartite ogni volta da zero ma mai arrendevoli e sempre piene di speranza. Dopo aver affrontato ogni tipo di violenza, avevano ancora la forza e la voglia di ricominciare, con una consapevolezza più forte, un nuovo rapporto con l’Africa e il proprio villaggio. Chi parte, come chi ritorna, è figlio della sorte e gioca con essa: se ce la fa vuol dire che è il suo momento, se non ce la fa era il tuo destino. Nei villaggi, salvo pochi casi, non c’è disperazione. Chi decide di partire, spesso, non è il più povero: servono soldi per partire. Un fenomeno molto simile a quello già vissuto dai nostri emigranti: c’è chi voleva solo un miglioramento economico e chi un mondo nuovo. “Un racconto di sopravvivenze”, scrive Erri De Luca “che trasmettono coraggio invece che disperazione”.
Piero Cannizzaro
Un protagonista dell’ideazione e della regia di numerosi documentari, sia per la radio che per la televisione, diffusi sulle principali piattaforme (Rai, Mediaset, Sky, Artè France), realizzati in Italia, in Europa e negli altri continenti (America del Nord e del Sud, Medio Oriente, Sri Lanka, Siberia e Golfo Persico, Senegal, Costa d’Avorio, Guinea e Sud Africa). Un artista capace di cogliere in ogni realtà una crepa, far entrare la luce e trasformarla in cronaca per rappresentare la spiritualità, le isole, la musica, le città slow, il cibo, il tema dell’identità in una chiave non solo ritrattistica ma come espressione del “Glocale”. Tra le sue opere: “La notte della taranta e dintorni”, “Ritorno a Kurumuny”, “Tradinnovazione: una musica glocal”, “Il cibo dell’anima”,” Città Slow”, “Ossigeno” e infine , e non per ultimo, “Storie d’Africa” che meglio riassume la sua visione dei suoi documentari presentati, tra gli altri, negli Istituti di Cultura di Londra e Parigi, in rassegne e festival nazionali e internazionali tra cui Roma, Milano, Venezia, Torino, New York, Parigi, Londra, Istanbul e Lione.