Pierre Bonnard – Incisioni

Informazioni Evento

Luogo
MIG - MUSEO INTERNAZIONALE DELLA GRAFICA
Piazza Guglielmo Marconi 3, 85030 , Castronuovo Sant’Andrea , Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

tutti i giorni, tranne il lunedì, dalle 17 alle 20 (la mattina per appuntamento).

Vernissage
13/05/2012
Biglietti

ingresso libero

Patrocini

e sostenuta dal Comune, dalla Pro Loco di Castronuovo Sant’Andrea e dal Parco Nazionale del Pollino , e con il contributo della Parrocchia Santa Maria della Neve, la Gadi snc Impianti Termoidraulici, la Pasticceria-Caffetteria “Sant’Antonio”

Artisti
Pierre Bonnard
Generi
personale, disegno e grafica

La mostra di Pierre Bonnard continua il lavoro di informazione iniziato il 20 agosto scorso con la storia della grafica europea e proseguito con Mirò, Degas e Renoir.

Comunicato stampa

Domenica 13 maggio 2012, alle ore 18, in Castronuovo Sant’Andrea, nelle sale del MIG. Museo Internazionale della Grafica e nella Biblioteca Comunale “Alessandro Appella”, si inaugura la mostra di Pierre Bonnard che continua il lavoro di informazione iniziato il 20 agosto scorso con la storia della grafica europea e proseguito con Mirò, Degas e Renoir.
Poiché il MIG convive con la Biblioteca, ogni incontro è all’insegna di “un libro, una mostra”. Questa volta tocca a Pierre Bonnard (Fontenay-aux-Roses 1867 – Le Cannet 1947), un altro nome mitico della storia dell’arte, e al romanzo di Octave Mirbeau, Dingo, illustrato con 55 incisioni originali per Ambroise Vollard Éditeur, 28, rue de Martignac, Parigi 1924.
Il grande mercante francese, che aveva saputo scegliersi gli artisti adatti al suo temperamento sensibile, raffinato e aperto a tutte le avventure estetiche, anche questa volta ha colto nel segno. Il libro di Mirbeau (Trévières 1848 – Parigi 1917), che seppellisce l’idea del vecchio romanzo legato a situazioni realistiche, si affida alla fantasia e mette in campo lo stesso autore, la sua attività di scrittore, la sua automobile Charron (la famosa “628-E8”), il suo cane Dingo. Non più esseri umani come personaggi, dunque, non più una trama che componga il libro secondo dettami consolidati, ma una serie infinita di caricature, di esagerazioni utili a indirizzare il lettore, sulla scia di quella libertà espressiva che aveva reso grandi Rabelais, Sterne, Cervantes e Diderot.
La prima edizione di Dingo è del 1913 (tradotto in italiano da Decio Cinti, uscirà per Sonzogno nel 1938) e segue romanzi di successo quali L’Abbé Jules, Le Jardin des supplices, Le Journal d’une femme de chambre, opere teatrali, racconti, testi di critica d’arte e politici, intense corrispondenze con Rodin, Monet, Pissarro, Cézanne, Vallotton, Vuillard, Bonnard.
Bonnard affronta il libro di Mirbeau all’età di 58 anni, avendo alle spalle una lunga militanza nell’arte popolare e artigianale, fatta di mobili, ventagli, paraventi, ceramiche, scenari teatrali, e una accalorata frequentazione degli amici autodefinitisi Nabis o, come volle chiamarli la critica del tempo, pittori della “Revue blanche”, le cui prime prove furono viste al Salon des Indépendants: parliamo di Denis, Sérusier, Ibels, Ranson, Vuillard, Roussel, Vallotton, Maillol.
Bonnard si distingue subito, non solo per l’altezza, la magrezza e la poca espansività. Ranson gli dà un soprannome: Nabi japonarda, quasi a voler sottolineare l’audacia e la modestia ma anche la sottile tenerezza della sua pittura, lo stupore nell’esplorazione e nella trasfigurazione di vicinanze sconosciute: un semplice canestro di frutta, un cane, un bambino, la donna, un giardino, il bagno, la sala da pranzo. Tutto ciò che esprime disagio, avvilimento, emarginazione, lo attrae ed esalta il senso dell’incertezza, la passione per una animalità quasi primitiva, proprio quella che individua in Dingo e cerca di trasmettere attraverso un segno che scava nella verità del suo amico animale mentre supera ogni difficoltà tecnica che l’incisione gli mette davanti. Infatti, scorrendo i fogli, soffermandosi sui capilettera o sui fregi a inizio e fine pagina, evidente è il lavoro di scavo, la tensione a modificare continuamente il segno, a ritoccare il già fatto, evitando ogni possibile costruzione, propria dell’Impressionismo, che gli togliesse il carattere di decisione e di franchezza anche nelle situazioni più intricate.
Qui, infatti, esercita il suo carattere riflessivo e trasferisce tutto ciò che di fugace la vita gli pone davanti, anche il suo cane, diventato, nelle incisioni, un miracolo dell’invenzione: un segno umano.
La mostra, curata da Giuseppe Appella, attraverso le incisioni per Dingo e immagini, documenti, libri, cataloghi, film, mette in luce tutto questo lavoro anche in relazione all’attività didattica che, all’insegna di “Animali…amici a quattro zampe”, il MIG intende svolgere, per oltre due mesi, dedicandola alle scuole di ogni ordine e grado dei paesi gravitanti nel Parco del Pollino e di quelli limitrofi.

In controcanto, come è già avvenuto per Renoir, il MIG, mediante una scelta di 40 opere grafiche degli ultimi 40 anni, si propone di segnalare, con Guido Strazza, quanto gli italiani abbiano guardato e studiato gli artisti europei. Ha scritto Strazza: “Fare un segno è momento di solitudine e di verità, tra il riconoscere e l’imporre, nella fatale condizione di ogni segnare eternamente sdoppiato tra l’essere significato senza nome e portarne uno sulle spalle. Un andare senza fine tra memoria e progetto di memoria con inevitabili soste: le chiamiamo segno ma è un modo di dire per dar nome a una necessità di pensiero, di affermazione di qualcosa, di illuminazione”. Bonnard e Mirbeau avrebbero sottoscritto questa dichiarazione che porta inevitabilmente al riconoscimento dei segni (e delle parole) di una visione interiore colma di sguardi che tendono a una forma filtrata da prospezioni diverse ma pur sempre tesa a conoscere, a scoprire ciò che influenza incisivamente il proprio essere.
Guido Strazza, pittore e incisore è nato a Santa Fiora di Grosseto nel 1922. Ha diretto in Calcografia Nazionale una ricerca di gruppo sul segno (1974-1976) promossa da Carlo Bertelli. Dall’Accademia dei Lincei ha ricevuto il Premio Feltrinelli per la grafica (1988) e per l’incisione (2003). E’ stato Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Roma. Come Presidente dell’Accademia Nazionale di San Luca ha promosso nel 2011 un programma didattico per cicli di lezioni pubbliche sul tema iniziale Primo Segnare. Ha pubblicato Analisi dei segni di Giovan Battista Piranesi (Roma, 1976), Il gesto e il segno (Milano 1979), Il segno e il colore negli occhi (Firenze 1994).
***