Pietro Consagra – Il colore come materia

Informazioni Evento

Luogo
TEATRO ANTICO
Via del Teatro Greco, 1, 98039 , Taormina, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
17/05/2021
Artisti
Pietro Consagra
Curatori
Paolo Falcone, Gabriella Di Milia
Generi
personale, arte moderna

Una selezione di opere dell’artista, realizzate tra il 1964 e il 2003, intrecciano un inedito dialogo con le memorie del Teatro Antico di Taormina e con il paesaggio circostante, in un percorso en plein air aniconico e atemporale.

Comunicato stampa

Apre al pubblico lunedì 17 maggio al Teatro Antico di Taormina, in occasione del centenario della nascita di Pietro Consagra (Mazara del Vallo, 1920 - Milano, 2005), la mostra Pietro Consagra. Il colore come materia.
A cura di Gabriella Di Milia e Paolo Falcone, l’esposizione è promossa dalla Regione Siciliana, Assessorato dei Beni Culturali e dell’identità siciliana, dal Parco Archeologico Naxos Taormina, diretto da Gabriella Tigano, con l’organizzazione di Electa, in collaborazione con l’Archivio Pietro Consagra; il progetto di allestimento è curato dall’architetto Ruggero Moncada di Paternò.

Una selezione di opere dell’artista, realizzate tra il 1964 e il 2003, intrecciano un inedito dialogo con le memorie del Teatro Antico di Taormina e con il paesaggio circostante, in un percorso en plein air aniconico e atemporale.

“Oggi la poetica di Consagra - sottolinea Gabriella Tigano, Direttrice Parco Archeologico Naxos Taormina - approda qui, nel Teatro Antico di Taormina, spazio scenico che da millenni accoglie e consacra - in un unicum fra natura, architettura e paesaggio – il verbo dell’arte, declinato in infinite pluralità di linguaggio. Lo accogliamo con gioia certi che il dialogo ravvicinato fra archeologia e arte contemporanea sarà per i visitatori una nuova e vibrante esperienza di viaggio e di conoscenza in Sicilia.”

La scultura da cui muove il percorso espositivo è Piano sospeso bianco del 1964, una rottura semantica netta realizzata dall’artista siciliano nella sua carriera, dirompente rispetto alle opere precedenti; l’opera è sospesa su una delle due pàrodoi del teatro, frontale alla cavea e agli spettatori. Attraverso la poetica della frontalità, Consagra ha infatti instaurato le condizioni di un dialogo immediato, con un osservatore libero e a sua volta reattivo, creando le premesse dell’arte “partecipata”. Quest’opera appartiene allo stesso momento di svolta dei Giardini e dei Ferri trasparenti del 1964-66, opere tutte monocrome, bianche, rosa, violette, blu, carminio, lilla, nere, che si incurvano, si frammentano e si gonfiano come sul punto di levitare, ponendosi agli occhi dello spettatore come oggetti sensitivi mobili dalla doppia frontalità, in un allentamento liberatorio della tensione morale. Come sarà possibile vedere in mostra anche con il Giardino bianco del 1966 il colore assume, a partire da questa momento, una tale intensità e uniformità da cancellare il materiale da cui è invisibilmente supportato, esprimendo la nuova apertura di Consagra a una felicità individuale. Nuove dinamiche dello sguardo e del corpo saranno attivate anche dal Matacubo esposto, scultura dalle forme tondeggianti e sensuali che attirerà il visitatore a sedersi sopra. La voce, in dialetto siciliano, definisce oggetti molto compatti e spesso ingombranti, ma viene utilizzata dall’artista come termine “paradossale” per indicare opere ludiche, realizzate in marmo e in ferro dipinto, proposte in alternativa alle panchine, costituite comunemente da rigide sbarre di ferro e legno, considerate dall’artista “repressive”.

Il confronto diretto, faccia a faccia, con le opere di Consagra, strategicamente disposte negli spazi del Teatro sarà un’esperienza emozionante: l’artista stesso non escludeva che si potesse alleviare la sofferenza umana con il piacere della bellezza, con la forza di un artificio intelligente, nella consapevolezza che ci può essere una essenzialità, un rigore, un pensiero anche nell’aspetto leggiadro di una scultura.
E l’opera di Consagra continua ad essere un messaggio di speranza perché proprio oggi l’arte sia nuovamente “la salvezza della spiritualità collettiva e della fiducia in crisi”.

La mostra è accompagnata da una pubblicazione edita da Electa.