Pietro Motisi – Cemento
Un progetto fotografico che mira alla realizzazione di una vera e propria mappa, un percorso personale di sensazioni e percezioni di e su una terra: la Sicilia.
Comunicato stampa
CEMENTO è un progetto fotografico che mira alla realizzazione di una vera e propria mappa, un percorso personale di sensazioni e percezioni di e su una terra: la Sicilia.
Il suo presupposto è di creare quello che, parafrasando il fotografo italiano Luigi Ghirri, è un percorso a zig-zag in cui nulla è da escludere, fidandosi delle proprie percezioni, e da seguire all’interno di un determinato spazio (fisico o concettuale che sia) con l’intento di costruire una mappa di luoghi e suggestioni che possa restituire determinate caratteristiche e problematiche del caso.
Questo lavoro fotografico ergo vuol essere una nuova mappa della Sicilia, sulla Sicilia, sui suoi abitanti e sui segni che essi lasciano ed hanno lasciato nel paesaggio in un rapporto con esso che è inevitabilmente ed imprescindibilmente sinergetico e bidirezionale.
L’intenzione di base è di mostrare questo “luogo” da una nuova prospettiva, lontana dai cliché che sempre sono esistiti come predominante punto di vista sull’isola.
Al contempo, lungi dal voler restituire una visione falsata e avulsa da uno sguardo critico sul reale, l’intenzione forte è di instaurare un rapporto tra osservatore e soggetto che permetta di rappresentare l’abuso, talvolta mafioso che si è perpetrato nell’isola.
Insieme a tale intenzione c’è anche una forte attenzione nel concretizzare la questione della rappresentazione del paesaggio.
Paesaggio come unicità e risorsa d’inesauribile energia materiale ed immateriale, come identità.
Proprio la relazione cercata tra l’identità e il paesaggio rappresenta il fulcro centrale di questo progetto, last but not least, fatto di fotografie.
Si restituisce così all’immagine quel ruolo di riflesso e spazio di riflessione allo stesso tempo che aiuta a riconoscere la propria terra e quindi a riconoscersi, lasciando emergere così un aspetto della nostra cultura che sembra essersi sopito dagli inizi del secolo scorso, al tempo in cui sembra che l’ultimo vero occhio che si sia posato sul nostro paesaggio con tali propositi è stato quello di pittori come Michele Catti e Francesco Lojacono.
I paesaggi nel progetto CEMENTO sono fotografati come spazi pressoché vuoti, privati della presenza umana, come se l’intenzione fosse quella di rappresentare una casa nei momenti in cui i suoi inquilini sono assenti.
Ciò rappresenta una strategia utile alla semplice ricerca di un silenzio, di qualcosa che aiuti l’emersione di vibranti dettagli, qualcosa come una sensazione capace di restituire non soltanto la forma fisica di ciò che è rappresentato, ma anche forme altre, interiori, con la pretesa di restituire una fisionomia degli abitanti di quella porzione di spazio, in un vero esercizio fisiognomico dell’uso dell’estetica compositiva applicato al mezzo fotografico.
Dopo la seconda grande guerra, intorno al ’55, lo scrittore Italo Calvino nel suo libro La speculazione edilizia descriveva gli italiani coinvolti in questo processo di costruzione indiscriminata come genti antiestetiche ed antimorali nell’abuso dei luoghi e delle loro caratteristiche natie.
Il processo che egli così descrive è a tutt’oggi vivo e profondamente radicato nella nostra società e di sicuro la Sicilia rappresenta un esempio più che appropriato per mostrare gli effetti di questa deliberata antiestetica violenza che, apparentemente operata sulla terra, mostra i suoi effetti anche sulle anime di chi vi vive.
CEMENTO vuol dimenticare ed evitare il ghetto delle abitudini dello sguardo, posare gli occhi sulla quotidiana violenza del paesaggio che diviene purtroppo ciò che viene vissuto come normale per la maggior parte di noi stessi e che provoca degli inevitabili guasti non costruttivi che si radicano nella nostra vita e nel nostro sistema di segni.
Inoltre, il contrasto che si viene a creare con la presenza di opere di Land Art realizzate in cemento armato aumenta il bisticcio linguistico e crea un interessante spazio di studio e di riflessione che si può attraversare con il proposito di disegnare delle alternative nella lettura e fruizione del concetto di paesaggio affinché tutto ciò possa contribuire a migliorare la qualità della percezione dei nostri spazi.
Pietro Motisi
Nato a Palermo nel 1982, si laurea in Documentary Photography all’University of Wales Newport (UK). Dal 2002 comincia il suo interesse per la fotografia, inizialmente focalizzato sul teatro. Lavora ad alcune commissioni per diverse compagnie teatrali di rilievo come Theatre du Radeau, La Fura Dels Baus, Soggettile teatro, Franco Scaldati, Mimmo Cuticchio, Massimo Verdastro. Nel 2006 e nel 2008 vince il premio internazionale “Occhi di Scena” per la fotografia teatrale. Dal 2008 collabora con il Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Palermo per ricerche in campo antropologico. Oggi si occupa prevalentemente della realizzazione di progetti personali a lunga e breve scadenza basati sulla relazione tra uomo e territorio. Nel maggio 2012 vince, con il suo progetto CEMENTO, il Reginald Salisbury travel award.