Pino Deodato – Vede lontano
Circa ottanta opere -divise in due sedi- ricostruiscono gli ultimi quarant’anni di ricerca dell’artista partendo dagli anni ’80 a oggi.
Il passaggio dalla pittura alla scultura presso la Galleria Il Milione e la sua produzione più recente esposta invece alla Dep Art Gallery: un percorso narrativo per immagini che trova nella pittura e nella scultura lo strumento migliore per esprimersi.
Comunicato stampa
“Pino Deodato. Vede lontano” è il titolo della mostra personale che Galleria Il Milione e Dep Art Gallery di Milano presentano dal 13 settembre al 28 ottobre 2022.
L’ampia esposizione, eccezionalmente divisa in due sedi, raccoglie circa ottanta opere che, come tasselli di un grande mosaico, ricostruiscono gli ultimi quarant’anni di ricerca di Deodato – dagli anni ’80 a oggi – con un’attenzione particolare a quel momento del suo percorso che ha segnato il passaggio dalla pittura alla scultura, tema cui è dedicata la mostra presso la Galleria Il Milione, per giungere alla sua produzione più recente, esposta invece alla Dep Art Gallery.
Il percorso espositivo, a cura di Alberto Mattia Martini, mette in evidenza la volontà dell’autore di «guidarci in un percorso narrativo per immagini» trovando, ora nella pittura ora nella scultura, lo strumento migliore per esprimersi.
Alla Galleria Il Milione, sono esposte circa cinquanta opere che evidenziano la transizione dal linguaggio pittorico a quello scultoreo, a partire dagli anni ’80. I lavori sono organizzati in installazioni raccolte per soggetti che accostano lavori sia pittorici – meno recenti – che scultorei – più attuali – cui talvolta l’artista ha attribuito lo stesso titolo, a sottolineare come Deodato sia passato, negli anni, a esprimersi da un medium all’altro per raccontare la medesima “storia”, avvalorandone ed indagandone ulteriormente i concetti.
Proprio i titoli ricoprono un ruolo fondamentale nel lavoro dell’artista diventando parte integrante e necessaria delle opere, rendendole da un lato più evocative e dall’altro più chiare nel messaggio di cui sono portatrici.
“Mangiava le lucciole per vederci meglio”, “Non ci sono più ciliegie”, “Un popolo di piante”, “Chiodo fisso” – tutte opere che il pubblico può ritrovare nelle sale de Il Milione – tra le più emblematiche del pensiero dell’autore che ha sempre voluto esprimere attraverso materiali semplici, come la terracotta e la carta, questioni etiche, estetiche e filosofiche profonde che stanno a cuore all’uomo contemporaneo.
La Dep Art Gallery espone circa trenta lavori realizzati a partire dal 2010. Lo spazio al piano superiore è dedicato prevalentemente ad uno dei soggetti iconici di Deodato, quello delle “Biblioteche”, a volte intese come fonte di conoscenza, a volte come trincee nelle quali l’uomo si arrocca. In queste sculture, l’artista colloca il suo piccolo personaggio – ricorrente nella maggior parte dei suoi lavori – mentre cerca di appropriarsi di tutto lo scibile umano, credendo di potervi trovare la Verità, altro tema cui l’artista si è dedicato a lungo.
Nel piano inferiore è invece allestita un’imponente installazione dal titolo “Il Direttore d’Orchestra”: vasi, o coppe, di varie forme e dimensioni e dal forte simbolismo iconografico, sembrano rivolgersi verso un “omino” che li dirige come strumenti musicali.
Pino Deodato usa un linguaggio fatto di estrema sintesi per riappropriarsi dei valori profondi che la civiltà odierna sembra aver smarrito: «Cerco di affrontare temi complessi in modo semplice – dice l’artista – che è poi quello che l’arte dovrebbe fare: rendere accessibili a tutti argomenti difficili».
Significativa in questo senso è l’opera “Vede lontano”, da cui l’esposizione trae il titolo, che fa da trait d’union tra le due sedi espositive poiché in entrambe ne viene esposta una versione: «In una, un uomo posizionato all'apice di un parallelepipedo osserva il mondo sotto di lui, nell'altra è sospeso nel vuoto mentre scruta all'interno di un cannocchiale-cono. Una sorta di punto d'osservazione privilegiato, dal quale poter indagare e quindi riflettere sulla contemporaneità», spiega il curatore.
La mostra è accompagnata da due pubblicazioni, edite dalle due gallerie, con testi di Alberto Mattia Martini.