Platea dell’umanità
Platea dell’umanità, una selezione di 35 opere degli artisti della galleria a 20 anni esatti dalla celebre Biennale del 2001 curata da Harald Szeemann.
Comunicato stampa
La Galleria Poggiali è lieta di presentare dal 30 aprile 2021 fino al 31 luglio 2021, Platea dell’umanità, una selezione di 35 opere degli artisti della galleria a 20 anni esatti dalla celebre Biennale del 2001 curata da Harald Szeemann. La mostra sarà visibile dal lunedì al sabato dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19, la domenica su appuntamento; inoltre dalla prossima settimana la selezione sarà disponibile anche online con il tour virtuale sul sito della Galleria Poggiali, all’indirizzo www.galleriapoggiali.com.
L’idea
Si sostiene poeticamente, come già Beuys, di evocare l'idea secondo la quale ogni uomo è un essere creativo. Proprio con tale abbreviazione ideologica per cui tutti gli uomini sono artisti, dunque sempre potenzialmente prolifici, s’intende considerare il vero capitale come dato dalla somma di tutte le creatività individuali, rivalutando l’interesse per casi speciali di comportamenti umani.
La platea diviene una piattaforma da cui guardare l'uomo per cercare ciò che gli appartiene nel modo più autentico, con l’intento di mantenere una relazione di carattere orizzontale priva della necessità di un centro. L’uomo misura di nuovo le proprie potenzialità visionarie consegnandosi ad una sorta di nuovo Rinascimento.
La mostra
Nella prima parte degli spazi di via della Scala, a Firenze, è installato un lavoro di Fabio Viale in marmo bianco e pigmenti, assieme ad un Paesaggio Artificiale di Goldschmied & Chiari, un’opera realizzata fotografando in studio fumogeni colorati ed associandoli con vetro e superficie specchiante in un processo poeticamente e tecnicamente alchemico e performativo. Spicca a parete uno delle delocazioni più recenti di Claudio Parmiggiani: Senza Titolo, 2021, fumo e fuliggine su tavola avente come tema l’evanescenza delle farfalle. Le opere sono così connesse attraverso il recupero dell’attimo, apparentemente etereo e fugace, del fumo, della fuliggine e dell’illusione, fissato nel battito effimero delle farfalle così come nel lampo della magia di Goldschmied & Chiari.
Il filo conduttore del medium della fotografia introdotto da Paesaggio Artificiale, prosegue attraverso l’esposizione di lavori di Slater Bradley e Grazia Toderi, protagonisti della mostra "Making Time" del 2019, mentre si avvicendano scatti di Luigi Ghirri, adesso nella grande mostra del decennale al MAXXI di Roma "Senzamargine", tutti pubblicati nel catalogo della Galleria del 2013 e provenienti dalle serie più celebri del maestro emiliano.
Oltre ad Awakened di David Lachapelle, trovano posto I pilastri della Terra di Virginia Zanetti e l’olio su tavola Pietas di Francesca Banchelli, reduce dalla personale al Museo Novecento di Firenze. Al centro della sala Aereo di Fabio Viale.
Di Gilberto Zorio è esposta Stella Africa, del 1983, un lavoro particolarmente iconico nel quale la stella in porcellana è adagiata su pelle nera, mentre di Claudio Parmiggiani – dopo la grande mostra in Galleria “A cuore aperto” a cura di Sergio Risaliti del 2019 - è selezionata una delocazione di tre metri che ha per soggetto la celebre libreria, proposta al MAXXI di Roma in una declinazione avvolgente di 22 tavole a formare un’intera sala senza soluzione di continuità, e una carta di Eliseo Mattiacci, che era stata presente oltre che in Galleria, anche nella monumentale monografia “Gong” al Forte Belvedere di Firenze del 2018.
Per la prima volta in Galleria un lavoro in cera di Domenico Bianchi, artista tra i più riconosciuti del panorama italiano, isolato e strettamente connesso, al tempo stesso, con l’arte povera e concettuale.
Insieme a queste opere a parete, appartenenti all’arte povera, ed esiti di due artisti noti per linguaggi che partendo da istanze poveriste hanno tracciato poetiche autonome, trova posto, ancora di Claudio Parmiggiani, l’opera Senza Titolo, consistente in un’arpa di metà settecento con farfalle, presentata nella prima mostra in un museo statunitense al Frist Art Museum di Nashville a inizio 2019.
L’artista, che ha materializzato poeticamente l’assenza ed il passaggio del tempo, facendo in particolare depositare la fuliggine su tavola, iniziando con la frequentazione dello studio di Morandi e riferendosi all’opera come un dispositivo capace di “colpire come un pugno nello stomaco”, precede il lavoro di Enzo Cucchi, uno dei protagonisti della Transavaguardia, la cui ossessione per la pittura, per Van Gogh, per i miti e per la tracimazione del perimetro della pittura, si manifestano nelle opere che associano, adesso in galleria, proprio la pratica della pittura al carbone ed alla ceramica.
La parte finale della galleria è dedicata al ritorno alla pittura messasi in luce sul finire degli anni novanta con Luca Pignatelli, Manfredi Beninati, Giovanni Frangi e Marco Fantini.
Mentre il celebre viandante di Roberto Barni è rappresentato in Vasomuto, scultura in bronzo patinato.
Di Pignatelli, in particolare, soggetti classici come Afrodite e Testa femminile sono presentati sia sul supporto che lo ha sempre contraddistinto del telone ferroviario, sia su legno di recupero e su carta. Spicca, in particolare, l’opera Eroe, 6587, del 2014, tecnica mista su legno di recupero, esposta nella personale “Migranti” nella Sala del camino della Galleria degli Uffizi, realizzata appositamente per l’occasione e pubblicata nel catalogo dedicato. In seguito a questa mostra l’opera Autoritratto come Mitridate entrò nella collezione degli Autoritratti sempre degli Uffizi.