Pongo – Original 3D Painting
Quando si pensa allo spazialismo inevitabilmente ci si accosta a Fontana, ai suoi concetti spaziali, all’andare oltre la superficie, le opere 3d di Pongo non hanno tagli, non hanno buchi però viaggiano su più livelli visivi… basta inforcare un paio di occhialini per capire che la dimensione di spazio è trasformata.
Comunicato stampa
Benvenuti nel futuro!
Basta salire su una metropolitana per vedere una comunità di esseri che non riescono a distogliere lo sguardo dai tablet o dagli smartphone. Basta camminare per le strade e alzare gli occhi per poter essere sicuri di essere “protetti” dalle telecamere. Abbiamo orologi con cui poter telefonare e telefoni che servono per aprire le porte delle auto e accenderne il motore digitando un semplice pin.
Sembra di vivere in un romanzo orwelliano. La visione 3d è entrata in maniera dirompente nel nostro microcosmo, spettacoli e cinema ci hanno catapultato in modo dirompente in questo presente-futuro.
Questa breve introduzione credo sia fondamentale per presentare il lavoro di un artista che il futuro l’ha trasferito e impresso sulla tela.
Conosco l’artista Pongo da parecchio tempo, ho seguito con attenzione i suoi studi e recentemente ho conosciuto l’uomo Pongo e con lui sono riuscito, finalmente, a confrontarmi. Durante i nostri discorsi sono nati diversi spunti di riflessione piuttosto interessanti soprattutto sulle dimensioni di tempo e di spazio.
Pongo nel corso della sua vita viaggia molto e si confronta con realtà importanti per la sua formazione e crescita. A metà degli anni 80 resta folgorato dai graffiti a New York e successivamente entra a far parte di TNB e avvia collaborazioni artistiche con i TAT, famosissimi gruppi storici Newyorkesi già attivi negli anni '70 e considerati i pionieri del Writing. I graffiti, la strada, il ritmo frenetico della metropoli fanno scaturire nell’artista delle riflessioni fondamentali su quello che sarà poi il leit motiv del suo lavoro.
Spesso nei postgraffiti l’accostamento con il futurismo è inevitabile, la velocità, il movimento, il gesto, l’azione sono comuni a livello visivo a questi movimenti.
Nel lavoro di Pongo si può accostare concettualmente lo spazialismo. Vi chiederete il perché? Quando si pensa allo spazialismo inevitabilmente ci si accosta a Fontana, ai suoi concetti spaziali, all’andare oltre la superficie, le opere 3d di Pongo non hanno tagli, non hanno buchi però viaggiano su più livelli visivi.. basta inforcare un paio di occhialini per capire che la dimensione di spazio è trasformata. Concludo questo breve testo con un elenco di considerazioni tratte da un carteggio mio con l’artista credo siano indispensabili per comprendere meglio l’intensa ricerca.
“Fino da bambino ho conosciuto quello che era il Bronx, prigione a cielo aperto, patria del motociclisti alla Easy Rider e del graffitismo ribelle. Dai miei trascorsi a New York è scaturito dentro me una consapevolezza; nulla avviene per caso nella storia degli uomini e quindi anche nella storia dell’arte.
Arte è Vita Vita è Arte. Per questo mi sono rifatto al concept Fluxus che Maciunas 30 anni prima aveva ben rappresentato nelle strade e nelle gallerie di Manattan.
Flusso di vita; ovvero nulla permane, tutto si può rappresentare per poi scomparire come debole ombra su i muri.
Ho amato l’arte pubblica perché la strada è il luogo dove gli uomini e le donne percorrono i loro passi.
La strada è come la pellicola di un film impressa dalle nostre energie fluttuanti.
Allora se tutto si modifica e si trasforma con il tempo nello spazio, nulla è verità assoluta.
Sopra i nostri 20 centesimi è riprodotta un’opera d’arte straordinaria di Giacomo Balla: è l’uomo che si muove nello spazio. In tempi più recenti Lucio Fontana ci ha rappresentato i suoi concetti spaziali sfondando la tela per andare al di là del quadro.
Da queste premesse parte il mio lavoro, perché il tempo nel nuovo millennio è cambiato.
La virtualità di massa, ovvero la finzione della realtà ha ubriacato i nostri occhi attraverso gli schermi dei computer e tablet.
Con le mie opere ho operato una riflessione ed ho voluto fare il viaggio inverso a quello degli artisti storici che hanno lavorato sul tempo e sullo spazio, sulla falsità di ciò che crediamo di vedere.
Ho voluto sfidare la tecnologia senza computer ma con il pennello e ricreare con la pittura la consapevolezza della falsità, perché basta togliere gli occhiali blu e rossi del 3D per scoprire l’inganno. Io dipingo l’inganno per rivelarlo.”
Daniele Decia