Prospettiva Post-Avanguardia

Informazioni Evento

Luogo
PALAZZO ZENOBIO - COLLEGIO ARMENO
Fondamenta del Soccorso 2596 - Dorsoduro , Venezia, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
04/08/2012

ore 19

Contatti
Email: galleria.zamenhof@gmail.com
Curatori
Virgilio Patarini, Barbara Vincenzi, Valentina Carrera
Generi
arte contemporanea, collettiva

Tre mesi di mostre che vedranno esporre oltre 300 artisti in 30 mostre tra tematiche e personali nelle sale del piano nobile di Palazzo Zenobio e in alcune sale del piano terra, inclusi gli spazi del Padiglione Islanda. Inoltre spettacoli, concerti e performance a partire dal secondo ciclo di mostre (18 agosto).

Comunicato stampa

Si inaugura sabato 4 agosto alle ore 19 presso Palazzo Zenobio a Venezia con le prime sei mostre in programma (2 personali e 4 collettive tematiche) la Rassegna di arte contemporanea intitolata “Prospettiva Post-Avanguardia” a cura di Valentina Carrera, Virgilio Patarini e Barbara Vincenzi con la collaborazione di Alessandro Baito, Valerio Grimaldi e Izabella Lubiniecka.

Tre mesi di mostre che vedranno esporre oltre 300 artisti in 30 mostre tra tematiche e personali dal 4 agosto al 30 ottobre 2012 nelle sale del piano nobile di Palazzo Zenobio e in alcune sale del piano terra, inclusi gli spazi del Padiglione Islanda. Inoltre spettacoli, concerti e performance a partire dal secondo ciclo di mostre (18 agosto).

Queste sono le prime sei mostre del primo ciclo:

“L’idea e la materia” e una personale di Lorenzo Silvestrini curate da Barbara Vincenzi; “Labirinti di legno”, “Geometrie dell’anima” e “Tra Penelope e Arianna”, curate tutte e tre da Virgilio Patarini che è presente anche come artista in una mostra personale di quadri e installazioni curata da Izabella Lubiniecka e presentata al Padiglione Islanda.

Tra le mostre in programma nelle settimane e nei mesi successivi si segnalano:

dal 18 al 29 agosto “Sélection Comparaisons”, la grande mostra proveniente dal Grand Palais di Parigi che presenta una selezione di 88 opere per altrettanti artisti selezionati all’ultimo Salon Comparaisons, e la personale di Riccardo Licata. (vedi sito http://selectioncomparaisons.jimdo.com/ )

A settembre un’omaggio a Michelangelo Antonioni con una mostra intitolata “Deserto Rosso”.

A ottobre “La via italiana all’Informale: da Afro, Vedova, Burri alle ultime tendenze”, con catalogo Giorgio Mondadori.

Tra le personali spiccano nomi di artisti emergenti come Max Gasparini, Andrea Boldrini e Paolo Facchinetti, Silvio Natali, Ivo Stazio, Tommaso Pellegrini, Lyudmila Vasilieva e la stessa Valentina Carrera.

Qui di seguito una presentazione sintetica delle prime 6 mostre

(dal 4 al 15 agosto):

Labirinti di legno

A cura di Virgilio Patarini, Valentina Carrera, Barbara Vincenzi

Opere di: Simone Azzurrini , Alessandro Baito, Olivia Boa, Ivano Boselli, Marco Bettio, Valentina Carrera, Drago Cerchiari, Massimo Gasperini, Vito Giarrizzo, Sergio Gotti, Bruno Moretti Sanlorano

Questo non è un albero

In francese c’è una parola (bois) che indica sia il bosco che il legno. Ecco, la mostra “Labirinti di legno” parla proprio di questo: di boschi, alberi, legno; e lo fa con linguaggi diversi dell’arte contemporanea come la pittura, la scultura, la fotografia, le installazioni. Ciascuno degli artisti selezionati racconta storie di alberi, boschi, o penetra nella materia stessa del legno con il proprio stile e con la propria sensibilità, ma tutti hanno una cosa in comune: nessuno di loro ci rimanda una visione, una interpretazione del “bois” stereotipata o scontata. E soprattutto per nessuno di loro un albero rappresentato rappresenta davvero un albero.

D’altronde da sempre, dalla notte dei tempi, il bosco e l’albero hanno avuto un significato simbolico e una funzione sacra, rituale. L’albero come oggetto totemico per eccellenza e il bosco come luogo sacro. E l’attraversamento del bosco è in moltissime civiltà arcaiche una delle prove d’iniziazione per eccellenza. Per non parlare delle evidenti analogie formali e simboliche tra bosco, labirinto e mondo degli Inferi. E dunque attraversare, entrare ed uscire da un bosco è compiere un’azione magica e iniziatica come entrare e uscire da un labirinto, come attraversare il mondo degli inferi, e uscirne vivo. L’incipit della Divina Commedia è sotto questo aspetto esemplare. Inutile sottolineare come la struttura dell’Inferno dantesco sia a tutti gli effetti un labirinto a spirale. E allora Teseo, Orfeo, Dante e Cappuccetto Rosso sono, mutatis mutandis, la stessa persona, protagonisti della stessa storia: quello che per Teseo è il Labirinto, per Dante e per Orfeo è il mondo degli Inferi, per Cappuccetto Rosso è il bosco. E il Minotauro di Teseo è Minosse per Orfeo, Satana per Dante (ma anche Minosse) e il Lupo per Cappuccetto Rosso. E poi Arianna con il suo filo che di volta in volta diviene la cetra, Virgilio e Beatrice, il Cacciatore col fucile e col coltello.

Virgilio Patarini

L’idea e la Materia

A cura di Barbara Vincenzi

Opere di Sergio Bastiani, Emanuela Battista Simone Berno, Fiorenza Bertelli, Enrico Camporese, Claudio Cavalieri, Mirta De Simoni Lasta , Michele Fattori, Sergio Gotti, Fabio Lari, Corrado Lippi, Vincenzo Maddaloni, Sebastiano Magnano, Luca Maria Marin, Alba Pedrina, Graziano Rey, Simone Scilla

Nell’arte informale, l'evento artistico, “spogliato” da qualsiasi residuo di valore formale, si svuota e finisce pertanto con l'atto stesso della creazione. L’energia creativa dell’artista è affidata completamente al materiale, vero protagonista dell’opera d’arte

Attualmente notiamo il nascere di “contaminazioni”: il concettuale puro come forma tautologica di se stessa perde l’iniziale forza provocatoria e sempre più spesso gli oggetti utilizzati privati della loro funzione iniziale, e decontestualizzati, si spostano nel contesto artistico. Così come l’informale introduce l’idea e il pensiero dando vita a nuove creazioni e nuove “contaminazioni” artistiche.

La materia, iniziale protagonista indiscussa dell’atto creativo diventa sempre più veicolo per la trasmissione di concetti e pensieri profondi, materia che si riappropria la primaria funzione di comunicazione.

Barbara Vincenzi

Lorenzo Silvestrini

Mostra personale a cura di Barbara Vincenzi

Variazioni e bilanciamento

Quando guardiamo la produzione di Lorenzo Silvestrini, la sensazione primaria è di un forte equilibrio di colori, segni e forme.

Nato a Venezia, i suoi esordi furono affianco al nonno, anch’egli artista, proprio a Campo San Barnaba, Dorsoduro. Ora, dopo oltre trent’anni di affermata carriera all’estero, soprattutto Germania e Francia, ritorna lì, proprio dove ha mosso i primi passi da artista, a Dorsoduro, con una personale a Palazzo Zenobio.

Gli inizi di Lorenzo si mossero subito in direzione della sperimentazione e dell’astratto/materico, e dopo anni di ormai confermato lavoro, nonostante il suo stile sia più forte e sicuro, rimane in lui la predominante della sperimentazione, che si alimenta nella continua ricerca e l’uso di nuovi materiali.

Abile nella composizione bilanciata di geometrie e segni che partono essenzialmente dall’impeto, dal sentimento e dall’irrazionalità, come stesso Silvestrini dice, in un secondo momento avviene la consapevolezza, la razionalizzazione quando il suo sguardo si posa interessato su un dettaglio e comincia, dal primario gesto a intravedere e costruire l’intera composizione.

L’assetto stilistico così come la gamma dei colori non è mai la stessa: passa da neri, ocra e bianchi puri a intensi lapislazzuli e rossi accesi. Il rosso lo troviamo in quasi tutte le sue composizioni: a volte un piccolo segno pulsante, altre volte una superficie più estesa che trova accordi con altri colori.

Forte di equilibrio e pacatezza le sue opere rimandano a un senso lirico: il gesto dettato dall’impeto diventa poi, tramite l’elaborazione, veicolo per esprimere concetti e verità primarie.

Barbara Vincenzi

Geometrie dell’Anima

A cura di Virgilio Patarini

Opere di: Camilla Alessi, Bruno De Santi, Beatrice Palazzetti, Maria Luisa Ritorno, Alessandro Rossi, Salvatore Starace

Geometrie dell’anima

Ogni artista di questa collettiva possiede un suo mondo particolare, ma ciascuno di questi mondi utilizza un segno e un linguaggio ben determinato per indicare una via interpretativa della realtà, che sebbene non sia uguale per tutti possiede la stessa origine decostruttivista. Le geometrie a cui allude il titolo sono quelle linee che si sovrappongono, s’intersecano e danzano, lato evidente del gesto delle mani modellanti la materia a mettere ordine nel caotico bagno sensoriale a cui quotidianamente l’uomo è soggetto. Le forme geometriche potrebbero suggerire un approccio artistico razionale, ma quando ci si trova di fronte alle opere di questa mostra si comprende come le linee siano meno la rappresentazione di un ideale e più un suggerimento per far vibrare l’anima dello spettatore secondo una determinata nota. E in questo modo la grafica, la pittura e la scultura si manifestano per quello che sono, cioè un incredibile strumento per ampliare le possibilità d’analisi se non addirittura di autoanalisi.
Il ricordo di Kandinskij e Malevich, tanto forte in alcuni di questi artisti, è solo una suggestione, perché se proprio si vuole trovare un’origine per il tipo di lavoro qui proposto si può solo fare riferimento a Derrida e al decostruttivismo architettonico. Lontani dall’atomismo avanguardistico per una crisi d’identità personale e umanitaria, questi artisti evidenziano semplicemente alcuni elementi, alcune emozioni della materia per poter afferrarne il pieno senso.

Alessandro Baito

Tra Penelope e Arianna

A cura di Virgilio Patarini

Opere di: Siberiana Di Cocco, Laura Di Fazio, Zane Kokina, Rosanna Pressato, Luciana Schiazza, Rosa Spina

Il filo e la tela

Penelope e Arianna sono figure del mito dalle valenze molteplici e dai significati stratificati: emblemi del rapporto della donna col tempo e con lo spazio, con l’attesa e con l’azione, ma anche archetipi del femminile e del suo rapportarsi al maschile, forse, più di tutto, sono metafore della tecnica sottile e complessa del narrare: del dipanare il “filo” di un discorso, del “tessere” la tela di una narrazione, nella duplice valenza di procedere nel tempo e nello spazio e quindi di trasformare la parola in azione (Arianna) e di sospendere il tempo e dilatare lo spazio fino ad annullare l’azione catturandola nella rete della parola (Penelope).

In ogni caso, Penelope o Arianna, Persefone o Kore, la donna è padrona della parola, depositaria di un sapere che è arte magica e catartica, capace di attraversare i labirinti delle nostre paure, di salvarci dai mostri e condurci alla salvezza, e tenere lontani i guai, soggiogare i tracotanti senza colpo ferire, mantenere in equilibrio e in armonia le situazioni più tese e difficili. E l’uomo? Forse sarebbe meglio soprassedere, non approfondire. In definitiva, in rapporto ad Arianna o a Penelope, qual è il ruolo di Teseo o di Ulisse? Quello di truci assassini, che non sanno fare di meglio, per uscire dall’empasse, che trucidare il Minotauro o i Proci di turno.

Virgilio Patarini

Virgilio Patarini: Désir et Imagination

Mostra personale a cura di Izabella Lubiniecka (Padiglione Islanda )

Il desiderio e l’immaginazione

Il desiderio di ciò che è già arrivato e di ciò che deve arrivare, e forse di ciò che non arriverà mai, mette in moto l’immaginazione avventurosa per fissare questo istante di vita sulle tele o metterlo alla prova nelle installazioni. Questo legame intimo tra il reale e l’irreale che l’opera crea conferma che non esiste che il desiderio che viene dalla mancanza. Virgilio Patarini traduce sottilmente questa pulsione in qualcosa di nuovo sotto l’aspetto visivo e sotto l’aspetto tattile. Attraverso questa eruzione silenziosa, questo gioco dell’incombere dei colori e dell’esondare delle forme, l’artista rivela il Desiderio, che è essenza originaria della natura e che fa accadere il possibile nella realtà. L’esperienza patariniana conferma che niente di quello che esiste è quieto nella sua esistenza, niente è libero dall’impazienza dell’avvenire. Le sue tele, prova e riflesso di questa inquietudine, ci intrattengono con una leggerezza atmosferica dei colori, sul fondo dell’infinita fragilità delle vibrazioni tecniche. In effetti, lo spettatore cade nella sua trappola amorosa di pericolosa assenza del limite, nella sua nebbia, nella sua polvere. Polvere che potremmo anche dire di stelle.

Izabella Lubiniecka