RAR: 2015-200 / Levenim. La creazione dei dettagli

Informazioni Evento

Luogo
RAFFAELLA DE CHIRICO ARTE CONTEMPORANEA
Via Barbaroux, 14-16, Torino, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Federica Patera e Andrea Sbra Perego. “RAR, 2015-2020” (Home Gallery)
Federica Patera. “Levenim. La creazione dei dettagli” (Project room)

Vernissage
10/12/2020

Giovedì 10, Venerdì 11 e Sabato 12 Dicembre h 11-20

Generi
arte contemporanea

La riflessione sul legame tra parola e gesto creativo e, in particolare sulla corrispondenza tra questi due elementi posti alla base della costruzione della realtà, è al centro delle due mostre “RAR: 2015-2020” di Federica Patera e Andrea Sbra Perego e “Levenim. La creazione dei dettagli” di Federica Patera.

Comunicato stampa

La riflessione sul legame tra parola e gesto creativo e, in particolare sulla corrispondenza tra questi due elementi posti alla base della costruzione della realtà, è al centro delle due mostre “RAR: 2015-2020” di Federica Patera e Andrea Sbra Perego e “Levenim. La creazione dei dettagli” di Federica Patera, allestite negli spazi della Galleria Raffaella De Chirico Arte Contemporanea in occasione di Ouverture #9 TAG Turin Art Week dal 5 all’8 novembre , ma visitabili fino al 23 dicembre 2020.

Entrambe le mostre raccontano la nascita e l’evoluzione di un progetto che vede la letteratura sconfinare nell’arte, uscire dai libri, considerati non più come oggetti ma come concetti, e sviluppare forme che ne modificano la fruizione.

Se in RAR, al centro dell’attenzione, ci sono soprattutto i testi: citazioni tratte da opere letterarie eterogenee, organizzate per parole-chiave all’interno di un archivio in continua espansione – cui è dedicato il titolo della mostra: RAR è un sistema di compressione e di archiviazione di file –, ed è il filo dell’analogia a legarle attraverso epoche lingue contesti e autori differenti; in Levenim, il focus è lo spazio che si crea in quelle corrispondenze imperfette che sono le traduzioni: all’ebraico del titolo – Levenim לבנים mattoni – si affiancano greco, latino, italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo e portoghese, costituendo una sorta di viaggio linguistico. Per farlo, si parte da un passaggio angolare della Genesi, i nove versi dedicati alla Torre di Babele, spesso interpretati in chiave negativa, come giustificazione per atti di lotta, e che nelle opere, invece, sono l’occasione per un’apertura, grazie alla quale la scoperta è qualcosa in divenire.

In RAR e Levenim ci si muove per opposti complementari: dalla moltitudine di testi in RAR alla centralità di un solo stralcio in Levenim; dalla convergenza di significati in RAR alla creazione di sfumature in Levenim; dal mimare il gesto intellettuale del trarre una frase da un contesto per ricollocarla in uno nuovo originale, in uno dei dodici racconti di RAR, al trasfigurare un oggetto tridimensionale, il mattone levenah לבנה, elemento fondante della Torre.

RAR: 2015-2020

di Federica Patera e Andrea Sbra Perego

Home gallery, Via Cervino 18b

Quando ci si imbatte nell’acronimo RAR viene immediato pensare a un sistema di compressione e di archiviazione di file. A un sistema che contiene qualcosa di più grande dello spazio che occupa e, soprattutto, in divenire, cioè che ha la possibilità di mutare e di aumentare.

Nel nostro caso, l’archivio è formato da citazioni tratte da testi eterogenei e catalogate attraverso parole-chiave seguendo il criterio dell’analogia. A partire da qui, sono stati composti racconti originali, che si staccano dal contesto di provenienza e liberano potenzialità nascoste. Clarice Lispector dialoga con Will Self, Charles D’Ambrosio con William Vollmann, Stephen King con Cristina Campo, Roberto Bolaño con Thomas Pynchon, David Foster Wallace con Jorge Luis Borges, smorzando i confini dell’autorialità, come se le singole frasi imitassero le parole nella loro funzione di mezzi di espressione senza fonte unica.

RAR 2015-2020 racconta la nascita e l’evoluzione di un progetto che vede la letteratura sconfinare nell’arte, uscire dai libri, considerati non più come oggetti ma come concetti, e sviluppare forme che ne modificano la fruizione.

Ciò che viene rappresentato non è il contenuto delle storie, le vicende narrate nei diversi racconti (non principalmente), ma il procedimento di trasformazione che porta la lettura a divenire scrittura, e viceversa; il fruitore a divenire ostensore ed estensore, mescolando i ruoli. Lo scambio ininterrotto che si instaura garantisce la trasmissione, che va al di là della ripetizione e trova il suo completamento nella trasformazione. In RAR l’eternità di un’esperienza, qualsiasi essa sia: fisica, materica, emotiva, intellettuale, si misura nella sua capacità di essere un bacino perennemente fecondo, foriero di comprensione e di intuizione.

In questo modo, la mostra è essa stessa archivio; una collezione di versioni di RAR: dalle tavole bidimensionali di mappe che mettono in scena strade fatte di citazioni, seguendo le quali si costruisce una storia, a installazioni tridimensionali che mimano il momento in cui una frase abbandona il proprio contesto d’origine per raggiungere una nuova e a volte molteplice collocazione. La stampa in digitale, la stampa a caldo su tessuto, il legno, il ferro, i fili di lana sono i diversi materiali di cui man mano le opere di RAR si sono arricchite, cercando di approfondire il dialogo tra idea e materia.

Levenim. La creazione dei dettagli.

di Federica Patera

Project room, Via Giolitti 52

La riflessione sul legame tra parola e gesto creativo e, in particolare sulla corrispondenza tra questi due elementi posti alla base della costruzione della realtà, è al centro della mostra Levenim. La creazione dei dettagli.

Come punto di partenza è stato scelto il passaggio della Genesi dedicato alla Torre di Babele [Gn 11, 1-9], nella versione in ebraico, come anche esplicita il titolo, che in Levenim/לְבֵנִים ha la parola ebraica per mattoni. Quello della Torre di Babele è un passaggio biblico emblematico, che racconta di una separazione, spesso interpretato in chiave negativa, come giustificazione per atti di lotta, e che nel progetto, invece, diventa l’occasione per un’apertura, grazie alla quale la scoperta è qualcosa in divenire.

La diversificazione delle lingue e la dispersione delle genti sulla terra proclamate nel testo, nonché la costruzione della Torre lasciata incompleta, come se ne venisse fornita una sezione, un taglio attraverso il quale penetrare al suo interno per conoscerne la composizione, permettono il dispiegarsi di un ventaglio di sfumature. Ed è questa molteplicità che viene vista come capace di dare vigore alla creazione: più dettagli ci sono, maggiore è la definizione; più varietà c’è, maggiore è la comprensione.

La presenza di lingue diverse, in questo modo, è una sorta di zoom sulla realtà. Nelle opere, all’ebraico, che si muove per radici verbali e famiglie semantiche, in cui sono presenti diversi tipi di significato: dal letterale al metaforico, dall’allegorico all’esoterico, si affiancano greco, latino, italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo e portoghese, costituendo una sorta di viaggio linguistico.

Il materiale principale utilizzato nella realizzazione dei lavori è una rete di lana cucita a mano, che si riferisce alla tessitura di una trama, sia essa di fili o di storie, come suggerito dalla radice ebraica raqam/רָקַם/ricamare, che nei Salmi ritorna anche in relazione alla creazione dell’uomo [Sal 139, 15]. Allo stesso tempo, allude al valore della lettera yod י e del pittogramma ad essa associato, che raffigura la mano/יָד/yad. La yod י è la più piccola lettera dell’alfabeto ebraico, è l’unità di misura dello spazio derivante dal principio e del tempo necessario per trasformare le parole invisibili in qualcosa di tangibile. La yod י apre un percorso all’implementazione delle parole.

I versi della Torre di Babele sono stampati a caldo su cotone e giocano con la trama delle opere. Introducendo il parallelismo tra linguaggio e architettura, i quadrati che compongono le reti e l’uso di gesso che trasforma un materiale morbido come i fili di lana in qualcosa di rigido rappresentano i mattoni della Torre: “il mattone come pietra” (הַלְּבֵנָה֙ לְאָ֔בֶן) è scritto nel testo biblico. Da parola/דָּבָר/davar, che è anche cosa, evento, scopo in ebraico, al debir/ְדְּבִיר/dvir (che probabilmente deriva da essere dietro ma anche da parlare e significa dunque oracolo), cioè la cupola dei luoghi sacri, il santuario interno del tempio, la città dei libri.

La modularità della costruzione enfatizza la cura identica che attraversa i lavori: ogni parte ha la stessa importanza. Nell’arte ogni dettaglio è arte, il grande e il piccolo, il visibile e il nascosto.

I mattoni pregni di parole esplodono nelle opere, in cui cresce la trama di lana e gesso e la forma regolare inizia a trasformarsi.

Il passaggio dalla lana ai mattoni, dal flessuoso al rigido, senza perdere il peso effimero del materiale iniziale, riafferma la capacità delle parole di andare ovunque, di staccarsi dall’autore, specialmente in letteratura, per iniziare un dialogo altrove, con un interlocutore sconosciuto che una volta di più le anima di una creazione presente e ancora sommersa.