Remijon Pronja – Inno alla Gioia e il Prezzo della Libertà
Inno alla Gioia e il Prezzo della Libertà, mostra personale di Remijon Pronja (Albania, 1984) curata da Claudio Cravero, è evidentemente legata alla Nona Sinfonia composta da Beethoven nel 1824, attraverso cui l’artista sottolinea l’incessante speranza umana nella ricerca della felicità.
Comunicato stampa
La galleria Opere Scelte ha il piacere di invitarvi, martedì 10 aprile alle ore 18.30, in via Matteo Pescatore 11/D, all’inaugurazione della personale di Remijon Pronja, Inno alla Gioia e il Prezzo della Libertà.
Inno alla Gioia e il Prezzo della Libertà, mostra personale di Remijon Pronja (Albania, 1984) curata da Claudio Cravero, è evidentemente legata alla Nona Sinfonia composta da Beethoven nel 1824, attraverso cui l’artista sottolinea l’incessante speranza umana nella ricerca della felicità. Lo stato mentale e fisico della felicità non coincide con la conquista dei nostri obiettivi, ma si riferisce alla persistenza con la quale ci impegniamo a raggiungere quanto desiderato. Questa sottile ma essenziale differenza è il punto nodale per Pronja che ha sperimento personalmente questa condizione lasciando in giovane età l’Albania e lottando per studiare all’estero e per fare l’artista come professione.
Remijon oggi è tornato in Albania a lavorare e racconta i piccoli mondi fatti di coraggio. Le sue opere sono storie in forma di poesia lontane dalla prosa della grande storia. Il suo interesse è infatti per quelle narrazioni intime che viaggiano come parallele alla storia del suo Paese; una storia che ancora si ripercuote sugli albanesi nella ricerca di un senso di appartenenza nazionale o transfrontaliero.
Il lavoro di Remijon Pronja è una lotta costante per la libertà. Per l’artista, il video, la fotografia, il disegno e l'installazione non sono altro che dei mezzi per interrogarsi e raccontare l’esistenza umana in condizioni di oppressione politica e indigenza.
Inno alla Gioia e il Prezzo della Libertà non intende riflettere un certo atteggiamento spensierato verso la vita. Al contrario, è un tributo poetico alle storie quotidiane di individui qualunque e racconta attraverso gli occhi dell’artista una serie di storie sull’Albania e sull’indeterminatezza del concetto di Europa, che rappresenta più un’idea di identità rispetto alla geografia che il continente vorrebbe delineare.
La mostra fa parte della rassegna Fo.To Fotografi a Torino.
Il 12 maggio 2018, Notte Bianca della fotografia, la galleria Opere Scelte sarà aperta dalle ore 15.30 fino a mezzanotte.
Remijon Pronja
(Tirana, Albania, 1984, dove vive e lavora).
Remijon si è formato in Albania e in Italia (ottiene il Master in Fine Arts all’Accademia di Brera, Milano) ed esplora l’esistenza umana da una prospettiva multiculturale. Le sue installazioni, dipinti e disegni indagano la condizione umana in situazioni di oppressione e indigenza. Temi quali la migrazione, il senso di perdita o il senso di appartenenza incontrano spesso anche aspetti sociali contemporanei urgenti.
Nel 2012, Remjoin Pronja è tra i co-fondatori a Tirana di MIZA Galeri [www.mizagaleri.com], un artist-run space per la promozione e il supporto di artisti emergenti in Albania e all’estero. Ha partecipato a numerose esposizioni collettive in Albania (Scutari e Tirana), in Europa (Milano, Stoccolma, Berlino, Budapest e Sarajevo), e in Canada (Toronto).
Inno alla Gioia e il Prezzo della Libertà
Remijon Pronja
Testo critico di Claudio Cravero
Il lavoro di Remijon Pronja è una lotta costante per la libertà.
Per l’artista, il video, la fotografia, il disegno e l’installazione non sono altro che dei mezzi per interrogarsi e raccontare l’esistenza umana in condizioni di oppressione politica e indigenza.
Inno alla Gioia e il Prezzo della Libertà è il titolo della mostra presso la Galleria Opere Scelte di Torino. Mentre ‘Inno alla Gioia’ richiama la Nona Sinfonia composta da Beethoven nel 1824, in questo contesto l’ode sottolinea l’incessante speranza umana nella ricerca della felicità. La felicità è uno stato della mente, del corpo e del cuore. Essa non coincide con la conquista dei nostri obiettivi, ma si riferisce alla persistenza con la quale ci impegniamo a raggiungere gli obiettivi desiderati. E Pronja non è estraneo a questa sottile ma essenziale differenza poiché anche lui, come molti altri, ha lottato per studiare all’estero, a Milano, cercando in seguito di fare l’artista come professione. Remijon è oggi il narratore di piccoli mondi fatti di coraggio. Le sue opere sono storie in forma di poesia lontane dalla prosa della grande storia. Il suo interesse è infatti per quelle narrazioni intime che viaggiano come parallele alla storia del suo Paese; una storia che ancora si ripercuote sugli albanesi di oggi nella ricerca di un senso di appartenenza nazionale o transfrontaliero.
All’ingresso della galleria è esposto Untitled in Allegro Moderato (2015). Si tratta di in un light-box di medie dimensioni e una serie di partiture musicali dipinte. Nella foto, ricavata da uno still da video, un violoncellista volta le spalle a un pubblico inesistente. Egli cerca di interpretare l’‘Inno alla Gioia’, qui riferito alla versione adottata dall’Unione Europea nel 1972 quale Inno ufficiale dell’Europa. Il musicista non riesce però a portare a compimento la sua esercitazione perché la partitura è stata alterata. Remjon ha dipinto ad acquerello sui pentagrammi delle mappe che riproducono la silhouette dell’Europa. Bagnati e accartocciati, gli spartiti non sono più leggibili, e l’esecuzione che ne risulta è un concerto sincopato che non appartiene più a nessun cittadino europeo.
Sull’indeterminatezza del concetto di Europa, che rappresenta più un’idea di identità rispetto alla geografia che il continente vorrebbe delineare (e oggi quanto mai indecifrabile, fragile e urgente), si colloca un’altra opera di Pronja. In Nushid AlFarah (2016), l’artista indaga la percezione dell’Europa rispetto alla sua comprensione tra le generazioni più giovani. Nushid AlFarah, traduzione in arabo del titolo della sinfonia, è un breve video registrato in una scuola femminile musulmana di Tirana. Nell’ambiente spoglio di una classe scolastica, un gruppo di adolescenti segue una lezione di canto esercitandosi sulle rime in arabo di ‘Inno alla Gioia’. Le ragazze sembrano noncuranti
rispetto al significato del brano, alle sue origini e a ciò che l’inno possa rappresentare al fuori della loro classe. Sebbene da una prospettiva adulta l’‘Inno alla Gioia’ incorpori il sogno albanese di fusione con l’Europa, le giovani studentesse sono come rapite solo dalla pura passione e dal divertimento per il canto. In Nushid AlFarah, Pronja dà vita a un’interpretazione emotivamente intesa di una micro-storia presa a prestito dalla vita quotidiana, senza però cadere nella commozione e nel sentimentalismo. Mentre Pronja sceglie di “sussurrare” questo episodio con le immagini e le voci del suo video, questo frammento di mondo albanese parla invece ad alta voce di una storia universale: la definizione dell’identità. Nonostante il desiderio collettivo albanese di far parte del vecchio continente, l’artista mostra giovani donne in tutta la loro semplice ordinarietà: alcune hanno il capo coperto con l’hijab, altre vestono abiti occidentali, tutte sullo sfondo di un coro di lingue diverse e accenti solo a tratti riconoscibili. In questo melting-pot contemporaneo, le culture interagiscono più di quanto la politica vorrebbe istituzionalizzare, e l’identità in quanto tale è al di là di ogni descrizione. Non interessa più.
Un’altra storia sull’Albania raccontata attraverso gli occhi di Remjon e con diversi media è Someone made a choice (2017-18). Si tratta di un’installazione composta da una scultura in forma di sacco e da una serie di disegni. Mentre il sacco è una replica di una borsa ‘fai-da-te’ ricoperta di cera e contenente oggetti di sopravvivenza usati dai migranti in fuga dall’Albania negli anni ‘70 e ‘80, i disegni rappresentano un altro aspetto della stessa costa dalla quale i disertori erano soliti fuggire. In effetti, le spiagge lungo il mare Adriatico costituivano sia lo scenario di fuga che i luoghi di balneazione estiva. Tuttavia, da entrambi i punti di vista, al tempo della dittatura comunista questi lunghi tratti di sabbia rappresentavano un trampolino, fisico e immaginario, per proiettarsi verso un futuro migliore al di là dell’orizzonte. In quegli anni, molti albanesi tentavano di fuggire segretamente dal loro paese a nuoto, correndo il rischio di annegare o essere catturati dal governo addirittura prima che la traversata cominciasse. Ma, indipendentemente dal successo dell’impresa, i familiari o i conoscenti legati a coloro in fuga venivano puniti severamente quali presunti complici. Il prezzo della libertà superava di gran lunga l’affetto dei propri cari sulla terra ferma.
Completa l’installazione una serie di sei disegni, che qui rappresentano l’altra faccia della stessa medaglia. Ispirandosi a vecchie foto d’archivio, l’artista porta in vita questi luoghi costieri intervenendo con acquerello e inchiostro. I disegni ricordano delle cartoline ritrovate nei cassetti, e sono ora sospese tra quell’epoca e il presente. Ma è come se Pronja avesse rimosso la patina malinconica e soffocante che caratterizzava quegli anni per lasciarsi alle spalle questo frammento della storia del suo paese.
Inno alla Gioia e il Prezzo della Libertà non intende riflettere un certo atteggiamento spensierato verso la vita da parte dell’artista. Al contrario, è un tributo poetico alle storie quotidiane di individui qualunque, senza nome. Perché seppur silenziosi e paralleli alla storia ufficiale, i racconti di Pronja appaiono più ricchi, più umani e molto più gioiosi della narrazione ufficiale.