Rês e Reinas. La Sardegna le sue regine i suoi re

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA GIOVANNI BONELLI
Via Porro Lambertenghi 6, Milano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
11/04/2023

ore 19

Curatori
Efisio Carbone
Generi
arte contemporanea, collettiva

La mostra Rês e Reinas presenta le opere di alcuni tra i più influenti artisti sardi attivi tra gli anni Trenta del Novecento e i primi anni Duemila.

Comunicato stampa

Rês e reinas
La Sardegna, le sue regine, i suoi re

A cura di Efisio Carbone

Inaugurazione martedì 11 aprile 2023, h 19

11.04.- 20.05.2023

Nel Sulcis Iglesiente, nella parte sud occidentale della Sardegna, a Villamassargia, esiste un orto secolare di ulivi innestati dagli abitanti tra il 1300 e il 1600 chiamato "S'Ortu Mannu", l'orto grande. All'interno del parco di oltre tredici ettari, dimorano più di settecento ulivi secolari affidati alle cure delle famiglie del paese; tra di essi campeggia uno degli ulivi più antichi d'Europa chiamato "Sa Reina": La Regina. Con oltre 16 metri di circonferenza del tronco, le sue chiome verdissime, i rami nodosi, "Sa Reina" sfida il tempo, le stagioni, la storia. Madre, guardiana coraggiosa, difende il territorio e quel poco che resta dell'antico sconfinato dominio.

La mostra Rês e Reinas presenta le opere di alcuni tra i più influenti artisti sardi attivi tra gli anni Trenta del Novecento e i primi anni Duemila.
La mostra recupera le premesse dell’esposizione Reinas, allestita al Museo Ettore Fico di Torno nel 2020, che indagava la produzione di quattro artiste: Zaza Calzia, Maria Lai, Lalla Lussu e Rosanna Rossi. A queste oggi aggiungiamo i Rês con opere di Gaetano Brundu, Salvatore Fancello, Costantino Nivola, Antonello Ottonello e Pinuccio Sciola a completare uno sguardo sui principali attori della ricerca artistica in Sardegna dal Dopoguerra alla fine del XX secolo.
L’esposizione vuole svelare al visitatore inusitate esperienze di ricerca che restituiscono il senso di un territorio -la Sardegna- aggiornato, distante dagli stereotipi più comuni, dove “isola” non è isolamento ma spazio di convivenze nel quale i sottili rimandi tra passato e presente sono più chiari, forse meno disturbati dal rumore della contemporaneità. Attraversando il percorso della mostra il visitatore potrà immergersi nella spiritualità di Lai, cogliere l'ironia giocosa di Calzia, o venire sorpreso dai colori solari di Lussu; seguendo il rigore estetico di Rossi, infine, potrà stupirsi del genius loci di Nivola, e rifugiarsi nei paradisi perduti di Fancello, scoprire la forza della pietra di Sciola e, al contempo, la leggerezza liquida di Ottonello.
Sull'isola i silenzi profumano di eterno, gli stessi da cui hanno attinto per ispirarsi i nove artisti che oggi dialogano felicemente negli spazi della Galleria Bonelli.

Opere di: Gaetano Brundu, Zaza Calzia, Salvatore Fancello, Maria Lai, Lalla Lussu, Costantino Nivola, Antonello Ottonello, Rosanna Rossi, Pinuccio Sciola

Galleria Giovanni Bonelli
Via L.P.Lambertenghi 6 | Milano | 0287246945 | [email protected] | www.galleriagiovannibonelli.com

Gaetano Brundu (Cagliari, 1936-2015)
Giovanissimo si avvicina alla pittura da autodidatta ed entra a far parte del gruppo “Studio58”. La sua prima opera del 1959 era costituita da sacchi tagliati che risentivano fortemente dell’influenza delle ricerche di Burri e di Fontana. Negli anni a seguire la sua tavolozza si arricchirà di colori caldi e di tutto un alfabeto colorato di esclamazioni, segni archetipici, molto vicini alle contemporanee ricerche di Kounellis. Tra il 1965 e il 1967 si trasferisce a Parigi dove affinerà la sua tecnica pittorica. Rientrato in Italia si dedica sempre di più a interventi performativi -del tutto sconosciuti nel panorama sardo. Queste sperimentazioni proseguirono anche gli anni successivi con un sempre maggiore coinvolgimento del pubblico, spettatore attivo ormai dentro operazioni performative definibili come happening che saranno accolte dal movimento Plexus, spazio sperimentale di arte e scienza, che traghetta un nutrito gruppo di artisti internazionali tra la Sardegna e gli Stati Uniti lungo tutti gli anni '80 incoraggiando Gaetano ad interessarsi alle nuove tecnologie.

Zaza Calzia (Cagliari, 1932. Vive e lavora a Roma)
Compiuti gli studi presso l’istituto Statale d’Arte di Sassari fondò il gruppo “A” che rivendicava l’uso del linguaggio informale che presto Calzia declinò da una componente pittorico-gestuale -prevalente negli anni ’60- al collage, sotto l’ala protettrice dell’allora direttore dell’Istituto d’arte Mauro Manca. Dal 1970 si stabilì a Roma e, nel 1987, i suoi papier collé vennero presentati per la prima volta alla Galleria l’Ariete. Da allora hanno costituito la base del linguaggio formale di Calzia che, combinandoli con la pittura, li ha usati per costruire piani e spazi in movimento. Le lettere infatti sono qui ridotte a puro segno che costringe l’occhio a viaggiare sulla superficie dell’opera con ritmi serrati che solo a partire dagli anni Duemila diventano più rarefatti.

Salvatore Fancello (Dorgali, 1916-1941)
Precocissimo a tredici anni inizia a lavorare come apprendista nel laboratorio di ceramica di Ciriaco Piras. Nel 1930 vince una borsa di studio e viene a studiare a Monza dove frequenterà i corsi di Arturo Martini, sostituito in seguito da Marino Marini, Pio Semeghini, Edoardo Persico e Giuseppe Pagano. Nel 1931 conoscerà l’artista Costantino Nivola col quale rimarrà legato per tutto il corso della sua breve vita. La sua ricerca lo porterà ad elaborare un personalissimo linguaggio che riportò prima su carta e poi attraverso la ceramica, rivoluzionando l'iconografia dei manufatti sardi: stilizzazioni rapide, secondo moduli geometrici -ripresi dal ricamo e dalla cestineria tradizionali- di animali, uomini e donne immersi in mondi arcadici; scene di danza, di caccia e di vita quotidiana dai quali traspira il segreto perduto di un'armonia universale, dono della natura benigna oggi irrimediabilmente sconvolta dalla mano umana. Nel 1936 partecipa alla VI Triennale di Milano con piastrelle ceramiche raffiguranti i mesi e i segni zodiacali, un mosaico firmato con Nivola e numerosi vasi. Sempre nello stesso anno si trasferisce a Milano con Nivola e Pintori dove frequenta l'ambiente razionalista. Nel 1937 espone alla Mostra del Tessile a Roma e realizza alcune installazioni per l'Olivetti a Milano, affiancando ancora una volta Pintori e Nivola. Nel 1940 espone alla VII Triennale di Milano e su incarico di Pagano lavora alle decorazioni ceramiche per la sala mensa della Bocconi. Esegue un nucleo di disegni a graffito e ai primi di gennaio del 1941 è chiamato a raggiungere il reggimento di Ivrea e a fine mese parte per il fronte albanese. Morirà a Bregu Rapit il 12 marzo 1941 all'età di ventiquattro anni.

Maria Lai (Ulassai 1919-2013)
Considerata come una delle più importanti figure di riferimento per l’arte femminile in Italia, ha trascorso la sua vita tra la Sardegna, Roma (dal 1939 al 1943) e Venezia (dal 1943 al 1945) dove frequenta l’Accademia di belle arti e ha come professore Arturo Marini. Dal 1945 rientrerà in Sardegna ma nel 1956 ritorna a Roma dove viene notata e invitata ad esporre i suoi lavori alla Quadriennale. Tra il 1957 e il 1961 si susseguono mostre e riconoscimenti ma poi Lai decide di ritirarsi e rinuncerà a esporre per dieci anni, senza per questo smettere di produrre ma, anzi, dedicandosi completamente al lavoro di ricerca. Il silenzio espositivo si interromperà nel 1971 quando verranno presentati a Roma, nella galleria Schneider, i suoi primi telai. Da quel momento la carriera espositiva riprende a pieno ritmo e nel 1978 sarà presente alla Biennale di Venezia nella collettiva “Materializzazione del linguaggio”. Oltre ai lavori cuciti, al disegno e alla pittura, al teatro e alla performance, Maria Lai si è dedicata ad installazioni site-specific. Sul territorio sardo l’azione collettiva realizzata nel 1981 nel suo paese natale (Ulassai) intitolata Legarsi alla montagna la renderà celebre internazionalmente. Oltre ai numerosi interventi teatrali a cui collaborò attivamente e alle mostre sul territorio sardo, ricordiamo tra le mostre più importanti in istituzioni di livello internazionale che l’hanno vista coinvolta: la Biennale di Venezia (1978, 2013, 2017); il MAN di Nuoro (2003, 2014); Palazzo Grassi, Venezia (2003, poi riproposta nel 2008 al Museum of Contemporary Art di Chicago); la GNAM di Roma (2003); il MUSMA di Matera (2014); la Documenta di Kassel e Atene (2017); Palazzo Pitti, Firenze (2018); MAXXI di Roma (2019).
Lalla Lussu (Cagliari, 1953-2020)
Laureata in storia dell’arte con una tesi sull’artista Enrico Castellani, Lalla Lussu proseguirà il suo percorso di studi e perfezionamento in Germania dove, nel 1989, seguirà le lezioni di Jörg Immendorf. La sua attività espositiva inizia, non ancora trentenne, alla fine degli anni ’70 e proseguirà poi sia a Cagliari che in altre città italiane come Roma, Milano, Venezia. La sua ricerca ha come punto di partenza la natura, indagata con varie tecniche anche se, dai primi anni Duemila, si concentra sull’acquerello che utilizzerà anche per installazioni ambientali di grande formato. La sua pratica è di natura processuale e si basa sull’applicazione del colore direttamente sui supporti, lino o juta, che vengono successivamente “lavorati” -piegati, plissettati - per renderli mossi e tridimensionali. Inoltre spesso le opere non sono disposte a parete ma all’interno dello spazio in modo da poter essere fruite da tutte le direzioni, in maniera scultorea. A questo tipo di lavoro -che prenderà il nome di “Cortecce”- si dedica a partire dal 2012. In mostra, oltre a queste, anche le carte degli anni ’70 e gli acquerelli, sempre su carta, degli anni Duemila.

Costantino Nivola (Orani, 1911- Long Island, 1988)
A quindici anni si trasferisce a Sassari dove sarà apprendista del pittore Mario Delitala. Grazie ad una borsa di studio nel 1931 lascia la Sardegna per iscriversi all'ISIA di Monza dove segue gli insegnamenti di Marino Marini e incontra Salvatore Fancello, Giovanni Pintori e tre anni dopo, la sua futura moglie Ruth Guggenheim. Nel 1936 consegue il diploma e partecipa alla VI Triennale di Milano. Grazie a Ruth viene assunto alla Olivetti di Milano dove diventa direttore artistico della sezione grafica. Nel 1937 realizza delle pitture murali per il padiglione italiano all’Exposition Universelle a Parigi. Sposa Ruth nel 1938 e si reca prima a Parigi, dove collabora con gli antifascisti italiani alla rivista Giustizia e Libertà, e poi a New York. Qui a metà degli anni Quaranta stringe amicizia con Le Corbusier e inizia a lavorare con la tecnica del sand-casting -una colata di gesso o cemento sulla sabbia modellata. Nel 1950 terrà la sua prima personale in una galleria di New York e parteciperà alla Quadriennale di Roma. Dal 1954 inizia ad insegnare alla Harvard University, Cambridge, pur continuando a scolpire e dipingere per committenti pubblici e privati. Continuerà a lavorare in numerose città americane e italiane. Nel 1988 partecipa alla mostra “Tre artisti Italiani” alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia. Il museo dedicato al suo lavoro inaugurerà a Orani nel 1995.

Antonello Ottonello (Cagliari, 1948-2021)
Dopo aver frequentato il liceo di Cagliari Ottonello si diploma all’accademia di Roma nel 1974 e inizia a lavorare nel mondo del teatro dedicandosi principalmente alle scenografie e da questa esperienza rimarrà arricchito da una carica vitale e una padronanza nell’uso dei più disparati mezzi per dipingere, scolpire, cucire o anche soltanto inventare una soluzione formale differente rispetto al suo contesto. Le sue prime opere sono infatti le tarlatane usate per le scenografie, spesso di dimensioni enormi, che rievocano sipari dai colori accesi. Rientrato in Sardegna dagli anni ’80 si dedica alla pittura. In questi anni si fanno sempre più urgenti istanze legate al territorio che intensificano riflessioni sugli equilibri tra uomo e natura, le stesse lo porteranno a raccogliere e utilizzare materiali poveri, quali le spine di acacia, fusi con pigmenti naturali, che utilizzerà come elementi simbolici per cucire e sanare tele e carte ferite. Nell’ultimo periodo del suo lavoro tocca i temi dello sfruttamento minerario e dell’emigrazione allora molto sentiti in Sardegna che si risolvono in paesaggi di pietra dalle forme che sembrano assemblate e scolpite dal vento.

Rosanna Rossi (Cagliari, 1937. Vive e lavora a Cagliari)
Dopo aver studiato a Roma rientra a Cagliari nel 1958 per dedicarsi integralmente all’arte. La sua ricerca si va via via affinando verso una pittura sempre più analitica nella quale raggiungerà una maestria -evidente nel controllo delle linee che compongono le tele sia pittoriche che ad acquerello. Parallelamente a questa ricerca si interesserà, a partire dalla seconda metà degli anni ’90, alla potenzialità espressiva di nuovi materiali poveri -come pagliette di ferro, guanti di lattice e altri elementi del quotidiano prettamente femminile- con i quali creerà assemblaggi scultorei pregni di messaggi di riscatto. Il suo lavoro fu apprezzato da molti critici autorevoli tra i quali ricordiamo: Lea Vergine, Gillo Dorfles, Enrico Crispolti.

Pinuccio Sciola (San Sperate, Cagliari 1942-2016)
Originario di una famiglia contadina, ebbe l’opportunità di studiare, grazie ad una borsa di studio, al liceo artistico di Cagliari e, successivamente, all’accademia di Salisburgo dove segue i corsi di Minguzzi, Kokoschka, Vedova, Marcuse. Durante i suoi numerosi viaggi di studio per l’Europa entra in contatto con varie personalità artistiche tra le quali Giacomo Manzù, Aligi Sassu e Henry Moore ed affina sempre più la sua sensibilità scultorea. Negli anni ’70 viaggia in Messico dove collabora con alcuni dei padri fondatori del muralismo dando vita ad un gemellaggio tra il suo piccolo paese natio e il quartiere popolare di Tepito (Città del Messico). Linee-guida per gli artisti che inviterà in Sardegna sono il recupero, la salvaguardia e la valorizzazione delle tradizioni rurali e popolari. Tutta la sua vita è improntata all’attivismo sociale e politico nella sua piccola cittadina che viene gradualmente trasformata in un “paese museo”. Nel 1976 viene invitato alla Biennale di Venezia. Nel 1984 espone alla Rotonda della Besana e in Piazza Affari a Milano e l'anno successivo è alla Quadriennale di Roma. Tra il 1986 e il 1987 una mostra itinerante, costituita da un cospicuo numero di opere, tocca le città più importanti della Germania. Nel 1994 espone una serie di sculture monumentali e installazioni nel parco del castello di Ooidonk in Belgio e due anni dopo nel Palace Trianon di Versailles. Nel 1996 nascono le pietre sonore che saranno esposte per la prima volta al Time Jazz di Berchidda e suonate dal percussionista Pierre Favre.
Nel 1997 saranno in mostra nel Parco del Centro Kunst Project a Vienna. Tra il 1998 e il 2000 espone tra la Germania e l'Avana mentre dal 2003 inizia una collaborazione con Renzo Piano per la città della Musica di Roma.