Ricerche nel quotidiano
Di fronte al clamore e alla ricerca del sensazionale di tanta arte contemporanea, le opere realizzate dai giovani artisti del Premio San Fedele e presentate nella mostra Ricerche nel quotidiano. Andrea Francolino, Afran e Silvia Inselvini a confronto appaiono al contrario meditative, riflessive, ponendo al mondo contemporaneo domande concrete, seri interrogativi, senza clamore né sterile desiderio di stupire o sbalordire.
Comunicato stampa
Di fronte al clamore e alla ricerca del sensazionale di tanta arte contemporanea, le opere realizzate dai giovani artisti del Premio San Fedele e presentate nella mostra Ricerche nel quotidiano. Andrea Francolino, Afran e Silvia Inselvini a confronto appaiono al contrario meditative, riflessive, ponendo al mondo contemporaneo domande concrete, seri interrogativi, senza clamore né sterile desiderio di stupire o sbalordire.
Andrea Francolino, vincitore del Premio San Fedele giovani artisti 2014, realizza piante di centri commerciali che si presentano come reperti archeologici, con crepe e fenditure lasciate dal tempo. Da un lato esprimono l’attualità del nostro tempo presente, presentandoci luoghi oggi molto noti e affollati, dall’altro dichiarano una storia passata, facendo emergere come tutti gli spazi in cui si celebra un rapido e affrettato «consumo» siano destinati a svanire nel tempo, a perire, a dissolversi. Non solo, Francolino crea scaffali pieni di prodotti sbiancati, che paiono giungere a noi come da un tempo indefinito. Quasi fossero statue antiche, sembrano posti in un qualche scaffale della nostra memoria, rivelandosi come oggetti di un tempo perduto di cui sono consegnate pallide ombre.
Molto diversa è la ricerca dell’artista africano Afran, giunto secondo classificato e vincitore del Premio Rigamonti. Ispirandosi alla cultura Fang da cui proviene, il giovane autore realizza un totem, re-interpretandolo in chiave pop, attraverso l’utilizzo di frammenti di jeans, tessuto oggi particolarmente conosciuto e diffuso in tutto il mondo. Arte e antropologia si uniscono così in modo indissolubile, nella realizzazione di un’opera che si presenta come una colonna ambigua e inquietante, che il giovane autore presenta come una Torre di Babele. Si tratta forse della denuncia del consumismo contemporaneo che pervade ogni angolo del globo, diventando così simbolo dell’idolatria che l’uomo pone verso quanto produce e rapidamente distrugge?
Con l’opera I giorni, Silvia Inselvini, segnalata dai curatori del Premio, presenta un lavoro che nasce da un lungo percorso di riflessione, come se fosse la messa in atto di un rituale. Due grandi stampe fotografiche riproducono i cento fogli di carta semitrasparente sui quali l’autrice ha fatto in modo che i singoli chicchi di riso, da lei intinti nell’inchiostro e poi passati sulla carta, lasciassero traccia della pressione esercitata. Accanto alle stampe fotografiche, da un lato una scatola di carta contiene i fogli che hanno accolto il passaggio della mano e del riso, mentre dall’altro lato, gli stessi chicchi di riso, anneriti, si fanno testimonianza del lavoro compiuto. Il gesto assume un ruolo fondamentale: giorno dopo giorno, la ripetizione dell’azione diventa meditazione sul senso del nostro agire, che come il ripetersi di una preghiera si fa denso di senso. Si tratta dunque di una mostra tanto «silenziosa», quanto intensa e profonda nella sua capacità di farci riflettere su alcune dimensioni fondamentali del mondo di oggi. A.D.