Robert Pettena – The Jungle Bar
Il progetto, già esposto qualche anno fa al Quarter di Firenze per approdare successivamente a Prato per la mostra antologica Second Escape nel 2008 e alla Kunsthalle di Atene nel 2010, è un bar realmente funzionante costruito all’interno dello spazio della galleria trasformata in giungla per la presenza massiccia di grossi rami di alberi che dal pavimento si alzano fino a toccare il soffitto.
Comunicato stampa
La galleria Fabio Tiboni/Sponda prosegue la sua attività nello spazio sperimentale di via Del porto 52/a con una nuova installazione ambientale: dopo Bianco-Valente è la volta di The Jungle Bar di Robert Pettena.
Il progetto, già esposto qualche anno fa al Quarter di Firenze per approdare successivamente a Prato per la mostra antologica Second Escape nel 2008 e alla Kunsthalle di Atene nel 2010, è un bar realmente funzionante costruito all'interno dello spazio della galleria trasformata in giungla per la presenza massiccia di grossi rami di alberi che dal pavimento si alzano fino a toccare il soffitto.
L'opera di Pettena mira costantemente allo stravolgimento della consueta percezione degli spazi e dei contesti sociali, a forzarne i limiti e a esprimerne epifanicamente le contraddizioni, fintanto da suggerire e suscitare nuove reazioni e nuove forme di relazione tra le persone (e tra quest'ultime e i luoghi stessi: la galleria c'è ma è come se non ci fosse).
Il Jungle Bar è un accampamento chic, una costruzione selvaggia e articolata che mescola con grande eleganza e sense of humor atmosfere primordiali e possibilità, vantaggi, espressioni della tecnologica cultura contemporanea. E' un esempio di come l'arte sia sempre e necessariamente mezzo per vivere i complessi e affascinanti meccanismi delle relazioni umane. Il bar rappresenta il massimo della socializzazione, della cultura dello stare insieme civile: in questa occasione oltre a bere centrifughe biologiche dissetanti, vitaminiche e inebrianti fatte di frutti e ortaggi, si chiacchera, si conoscono persone, ci si informa e si incontrano mondi paralleli.
La giungla con i suoi personaggi selvaggi si raccoglie attorno ad un fulcro edificato con tavole di legno e nodi da boy scout. Come per i trabucchi pugliesi che hanno ispirato Robert Pettena, o come per le palafitte della Mesopotamia, nel Jungle Bar prevale una dimensione di verticalità e di arrampicamento che produce un effetto estatico e di sicurezza per il branco, per la community. Le metropoli stesse con la loro verticalità ripropongono questo modo di organizzare lo spazio utile per non disperdere troppo i confini e per proteggere il fulcro dell'attività. Il bar permette di stare al centro della natura, nel suo ventre, senza subirne troppo l'effetto alienante, anzi sublimandola e rendendola vivibile.
L'artista, la cui ricerca si esprime in ambiti eterogenei e attraverso linguaggi differenti, ha previsto anche la proiezione di un video che, ancora una volta in modo contraddittorio, non è parte integrante o ampliamento della situazione creata, ma un artificiale frammento di realtà che può generare un cortocircuito di senso e momenti di straniamento.