Roberto Chessa – Tracce di tensione

Informazioni Evento

Luogo
TEMPORARY STORING
Via XXIX Novembre 7, Cagliari, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
04/03/2022

ore 18

Artisti
Roberto Chessa
Curatori
Chiara Manca
Generi
arte contemporanea, personale

Mostra personale dell’artista Roberto Chessa ” tracce di tensione ” a cura di Chiara Manca ed in collaborazione con MANCASPAZIO presso il Temporary Storing della Fondazione Bartoli Felter in Cagliari.

Comunicato stampa

Il giorno 4 marzo alle ore 18.00 verrà inaugurata presso il Temporary Storing della Fondazione Bartoli Felter in Cagliari via 29 novembre 3/5, la personale dell'artista Roberto Chessa " tracce di tensione " a cura di Chiara Manca ed in collaborazione con MANCASPAZIO.
Visitabile da lunedì a venerdì dalle ore 17 alle 19:30 festivi esclusi, sino al 18 marzo. Ingresso consentito con certificato verde rafforzato, no tampone negativo.

Con oltre quaranta opere esposte, di cui la metà ancora inedite, realizzate negli ultimi anni e su differenti supporti, la mostra vuole raccontare l’universo artistico di Chessa a tuttotondo.

Scrive la Curatrice:

Attraverso la pittura Roberto Chessa riduce lo spazio in forme geometriche, semplificando graficamente i soggetti rappresentati.
La pulizia delle forme, l’essenzialità delle linee e il fondale dell’opera non concedono spazio al dettaglio o al ghirigoro, ma sintetizzano l’immagine fino ad arrivare al primordiale.
Il fruitore davanti alle opere di Chessa ha visione tersa e limpida di ciò che è rappresentato. L’occhio non ha bisogno di cercare punti focali differenti, anzi, è accompagnato dall’artista in un percorso senza ostacoli e deviazioni. Osservare un quadro di Chessa è come viaggiare sulla Eyre Highway: non ci sono curve.
Questo risultato visivo è ottenuto lavorando oltre che sulla forma, soprattutto sul colore.
Le sue geometrie o “intuizioni geometriche”, come lui stesso le definisce, hanno corporeità e plasticità soprattutto grazie all’uso sapiente dei toni cromatici, tanto da essere più compatibile con la scultura e l’architettura, che con la pittura più contemporanea.
Ciò che caratterizza un paesaggio urbano, un edificio o un complesso scultoreo è la luce e di conseguenza le ombre si proiettano sulle superfici. Abbiamo ombre naturali o proprie cioè quelle che un oggetto crea a contatto con la luce e le ombre portate, naturalmente più scure, che il corpo crea sulle superfici e i piani a lui vicini. Per questo motivo le ombre anche rappresentate pittoricamente, danno il senso di profondità e prospettiva all’immagine.
La semplificazione delle forme, in questo senso, è quasi scultorea e rimanda appunto a immagini che nella memoria collettiva dei sardi sono particolarmente radicate: le opere pubbliche di Costantino Nivola, realizzate a New York dopo approfonditi studi su come la luce avrebbe colpito le pareti ad ogni ora del giorno, i pupazzi in legno di Tosino Anfossi e Eugenio Tavolara, con forme quasi robotizzate, i tagli sulla ceramica di Gavino Tilocca con i quali dava forma ai soggetti o le opere in rame di Antonello Cuccu strettamente dipendenti dalle ombre che proiettano, sono solo alcuni degli esempi più evidenti.
Nel caso delle opere di Chessa le ombre, di entrambi i tipi sono ciò che rende consistente la forma e la rende scultorea, che si tratti di improbabili piante spinose, figure umanoidi o faunistiche.
Il colore è fondamentale nella produzione artistica di Chessa, i mezzi toni e le variazioni di tonalità, sono necessari per mostrare il riverbero delle ombre e quindi per la concretizzazione dell’immagine.
Ciò che l’artista realizza si potrebbe definire Geometria tonale: le forme nascono dalle campiture di colore e la geometria è il codice identificativo dei soggetti.
Il fondo delle opere, sempre uniforme e monocromo è funzionale allo sviluppo dei soggetti. Chessa blocca le sue geometrie stabilizzandole in uno spazio vuoto, nel vuoto cosmico e in quelle tracce di tensione che richiamano alla mente l’incalcolabile e l’indecifrabile. È evidente nelle opere il rimando all’energia primordiale e a ciò che Dante, nell’ultimo verso della Divina Commedia definisce l’Amor che move il sole e l’altre stelle.