Roma anni ’60: no-pop

Informazioni Evento

Luogo
ERICA RAVENNA
Via di Sant'Ambrogio 26 , Roma, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Lun-ven 10:30 – 19:30 | Sab 10:30 – 13:30 (o su appuntamento)

Vernissage
18/05/2017

ore 18,30

Artisti
Jannis Kounellis, Tano Festa, Mario Schifano, Mimmo Rotella, Renato Mambor, Gino Marotta, Fabio Mauri, Sergio Lombardo, Francesco Lo Savio, Franco Angeli, Mario Ceroli, Cesare Tacchi
Curatori
Laura Cherubini
Generi
arte contemporanea, collettiva

Il progetto espositivo, attraverso una selezione di opere dei maggiori protagonisti dello scenario artistico romano dal 1960 al 1970, propone una rilettura delle poetiche di quegli anni, convenzionalmente associate ai movimenti pop art, arte povera e concettuale, mettendone piuttosto in evidenza il riferimento comune alla tradizione della storia dell’arte classica italiana.

Comunicato stampa

Il progetto espositivo, attraverso una selezione di opere dei maggiori protagonisti dello scenario artistico romano dal 1960 al 1970, propone una rilettura delle poetiche di quegli anni, convenzionalmente associate ai movimenti pop art, arte povera e concettuale, mettendone piuttosto in evidenza il riferimento comune alla tradizione della storia dell’arte classica italiana.
L’universo che, in quegli anni, ruotava intorno a Piazza del Popolo e al Caffè Rosati, era composto non soltanto da artisti, ma da scrittori, poeti, musicisti, intellettuali che – sollecitati da una realtà in frenetica trasformazione – si confrontavano tra loro sulla possibilità di un nuovo modo di essere e quindi di fare arte.

Le opere esposte in mostra di Franco Angeli, Mario Ceroli, Tano Festa, Jannis Kounellis, Sergio Lombardo, Francesco Lo Savio, Renato Mambor, Gino Marotta, Fabio Mauri, Mimmo Rotella, Mario Schifano, Cesare Tacchi, sono testimonianza esemplare del clima unico e originale di quegli anni, reso tale anche da come ciascuna esperienza, pur nella sua peculiarità, esprimesse il dato comune di un legame – mai interrotto –con la propria storia dell’arte e la propria cultura. I rimandi, oltre che ai grandi maestri del passato, erano al Futurismo, alla Metafisica al New Dada europeo, a Burri. Lontani quindi dalla fredda ripetitività e serialità delle immagini della pop art americana: gli oggetti di consumo come simbolo della nuova cultura di massa. Come molti di loro hanno più volte sottolineato.

Mi dispiace per gli americani che hanno così poca storia alle spalle, ma per un artista italiano, romano e per di più vissuto ad un tiro di schioppo dalle mura vaticane, popular è la Cappella Sistina, vero marchio del made in Italy. E poi mi ha sempre colpito quella diffusa e sottile ambiguità omosessuale…Quanto all’uso di smalti violenti che negli anni ’60 ebbe il sapore intenzionale di un pugno allo stomaco vedo con piacere che il nuovo restauro della Sistina , a opera dei Giapponesi sta tirando fuori tinte brillanti e contrastanti che fanno impallidire le mie. Comunque più in generale il mio rapporto con Michelangelo è un rapporto di plagio. Perché l’arte è plagio. ( Tano Festa, intervistato da Antonella Amendola).