Rosella Restante / Marcello Rossetti
Indagare lo spazio è l’assunto che accomuna le opere dei due artisti romani presenti in mostra.
Comunicato stampa
Quando il gioco si fa metafora di Rosella Restante
Fare spazio di Marcello Rossetti
presentazioni di Alessia Locatelli e Dario Evola
Indagare lo spazio è l'assunto che accomuna le opere dei due artisti romani presenti in mostra.
Rosella Restante. “…Posizionate a terra delle aste in ferro simulano l'intreccio dello Shangai. In verticale due immagini raffiguranti delle nuvole (delle ali?) danno forma al desiderio astratto del miglioramento, dell'ascesa ad un cielo verso cui l'animo tende, ma che non sempre è raggiungibile. ...” (dal testo di Alessia Locatelli)
“… Marcello Rossetti articola un pensiero nello spazio, facendo dello spazio un campo d'azione. Con la propria ricerca istituisce un progetto, una esperienza che manifesta in forme di continuità nello spazio. Possiamo parlare, nel caso delle opere di Marcello Rossetti, di estensioni di pensiero praticate in formati differenti. …” (dal testo di Dario Evola)
inaugurazione: mercoledì 11 maggio ore 18
orario: da martedì a venerdì h 17-19
cataloghi in Galleria
Alessia Locatelli
Quando il gioco si fa metafora
Negli spazi della galleria Quintocortile l'artista romana Rosella Restante esibisce un progetto che si ricongiunge a tutto il suo percorso artistico, che parte dagli anni '70 e ruota attorno alla definizione di umano, attraverso una lettura visiva della sua identità e collocazione.
Con la maturità l'artista ha trovato in un'estetica essenziale - che combina differenti materiali - la sua voce, parlando attraverso una poetica frutto di una felice contaminazione tra gli svariati linguaggi delle arti visive. Forme, elementi e materiali si combinano con l'ideale dell'artista per rendere allo sguardo del pubblico opere spesso installative, che pongono al centro della ricerca l'uomo e la sua esistenza.
Siamo essere senzienti, capaci di discernere e valutare. Siamo dotati di una intelligenza che offre l'occasione di acquisire consapevolezza ma - come in un gioco del fato - ci muoviamo talvolta all'interno di regole non nostre.
Come nel gioco dello Shangai, in cui ogni asticella di legno è in relazione con le altre, sappiamo che la nostra mossa potrà rompere l’equilibrio dell’insieme. Conosciamo le regole e siamo consapevoli che non tutto è nelle nostre mani; affidiamo al destino l'attimo sospeso in cui tratteniamo il respiro, perché temiamo che l’architettura crolli.
Come cita la stessa Rosella Restante: “Alla nostra abilità la lettura e la salvezza, come ogni gioco nella sua essenza crudele”. Questa è la metafora messa in atto dall'artista affinché il pubblico possa cogliere, con empatica umanità, il limite dell'esistenza che qui scaturisce in tutta la sua energia.
Il lavoro possiede una possanza interna che, spingendosi dal pavimento, lo innalza verso la parete della galleria. Posizionate a terra delle aste in ferro simulano l'intreccio dello Shangai. In verticale due immagini raffiguranti delle nuvole (delle ali?) danno forma al desiderio astratto del miglioramento, dell'ascesa ad un cielo verso cui l'animo tende, ma che non sempre è raggiungibile. Al centro, tra le due immagini, una piccola testa in ceramica offre la nuca all'osservatore: questo elemento equilibra la narrazione visiva regalando allo sguardo una simmetria speculare ordinata e dalla centralità rassicurante. Ề l'aspirazione alla riconquista di un centro riordinatore del Caos ma con la consapevolezza dell'artista della vacuità di questo continuo arrabattarsi umano.
La testa dallo sguardo negato di chi non vuole vedere. E anche - antropologicamente - l'effige che esorcizza, il simbolo apotropaico che ognuno mette all’ingresso del proprio destino. In questo caso simboleggia noi, l'umanità tutta, che sfida per esistere l'esistenza stessa.
Dario Evola
Fare spazio
Marcello Rossetti articola un pensiero nello spazio, facendo dello spazio un campo d’azione. Con la propria ricerca istituisce un progetto, una esperienza che manifesta in forme di continuità nello spazio. Possiamo parlare, nel caso delle opere di Rossetti, di estensioni di pensiero praticate in formati differenti. Alcune di queste forme sono astratte nel senso letterale del termine. Esse traggono-da forme mimetiche, prescindono da ogni illusionismo. Si presentano nella essenza di corpi puri senza alcun illusionismo di tipo mimetico. Il rigore essenziale con il quale l’artista compone le forme continue, produce solidi che non sono mai finiti. Le costruzioni di Marcello Rossetti derivano dello spazio teatrale. Nello spazio scenico i volumi e le forme non rappresentano, piuttosto presentano l’esperienza di un vedere come, di un vedere attraverso che produce sguardo. Lo sguardo prosegue dunque verso uno spazio e verso un tempo aperti all’ interpretazione, e persino al possibile che lo spettatore può a sua volta sperimentare, qualora lo decidesse, a sua volta, di abitare come spazio sperimentale. Le forme di Rossetti si con-figurano non come immagini di qualcosa ma come segni, come linguaggio articolato. Sono sculture, ma vengono dal teatro queste forme. Si pongono come principio e non hanno una fine. Sono forme performative estese nello spazio, esse tuttavia racchiudono anche uno spazio e lo fanno proprio. L’indefinito prende, nel senso del catturare, la sua forma. Sono volumi che includono, non escludono lo spazio.
L’intervento dell’uomo nello spazio si pone come dominio, nella sfera della tecnica si articola come domanda, nel campo dell’arte diviene linguaggio poiché, appunto, si s-piega. Al contrario della piega barocca le sculture di Rossetti non spiegano ma articolano esperienze. Hanno una dimensione felice questi moduli spaziali, a volte anche ironica. Niente a che vedere con le angosce cosmiche, esse sono piuttosto estensioni di un pensiero. In questo senso esse fanno spazio, vanno verso una apertura di libertà. Possono essere acromatiche o monocromatiche, possono a volta giocare con coppie oppositive di colori. Altre volte, come nel caso dei piccoli formati, si presentano come piccole enciclopedie tascabili del buonumore e dell’ironia. A volte ancora si pongono come luoghi, come luoghi in ipotetici spazi urbani, parallelepipedi che improvvisi interrogano il sempre uguale percorso quotidiano dello spazio urbano. Aprono al sentire, indicano aperture, esse si dispongono. Curiosamente non appartengono al mondo delle cose, almeno delle cose che si possono rappresentare. Piuttosto si dispongono come presentazione di stati d’animo, distacchi, geometrie astratte, canoni illogici, che contraddicono il loro essere canone.
Il lavoro rigoroso di Marcello Rossetti è fondato sul modulare anziché sul modellare. Moduli spaziali che agiscono con la luce, con l’apertura. Ad astra indicano. Questi moduli non sono una presa di possesso dello spazio, piuttosto tranquillamente, felicemente, abitano lo spazio. Si tratta di volumi modulati che dialogano con il pieno e con il vuoto. Quasi con un rigore zen Rossetti fa del vuoto un luogo da abitare, uno spazio progettuale. Lo spazio kantiano è un modo attraverso cui l’intelletto rappresenta gli oggetti che percepisce. Lo spazio diventa forma dell’intuizione, i moduli costruttivi sono la rappresentazione di oggetti dati sensibilmente. La funzione artistica ha consentito, a partire dal Novecento, di esperire forme pure dell’intuizione, forme libere da ogni riferimento a cose. Forme puramente soggettive, come soggettiva è l’intuizione dello spazio e del tempo, nella esperienza non quantitativa, commensurabile, ma qualitativa. In questo senso i moduli spaziali di Marcello Rossetti sono volumi virtuali nel senso di volumi tesi verso un possibile. Ma essi sono anche concreti, percorribili da uno sguardo tattile, capace cioè di comprendere il loro essere spazio e anche luogo. Essi hanno una loro trasparenza, lasciano intravedere un oltre, un possibile. In questo senso sono anche dispositivi percettivi e sensoriali dello e nello spazio.
Rossetti lavora con i materiali, plexiglas trasparente, legno organico ma levigato dal colore, pensato come materia esso stesso. Laccature sapientemente stese sulla superfici e piani, curve e rette, tetraedi e vettori improvvisi. I toni cromatici sono primari: rosso, bianco, nero, blu, ocra. I superbi Proun di Malevic viaggiavano verso gli spazi lontani, siderali, dell’ utopia. I solidi spaziali di Marcello Rossetti hanno la leggerezza di stati d’animo pro-iettati nello spazio e, in realtà, essi ci sono più vicini. Ricordano plastici di città ideali, mappe dell’immaginario, cartografie di geografie probabili, un invito a esplorare visioni possibili. Oppure evocano spazi e luoghi domestici, libri e teatrini del quotidiano, ancora: armonie e disarmonie del quotidiano. Un invito alla tattilità degli oggetti “si prega di toccare” sembrano dire.
Note biografiche sugli artisti
Rosella Restante vive e lavora a Roma.
Dopo il Liceo Artistico e L'Accademia di Belle Arti, inizia il suo percorso artistico nell'ambito dell'arte concettuale. Lo spazio diventa luogo di indagine identitaria attraverso la scultura, l'incisione la fotografia e il video.
Espone in mostre personali e collettive in Italia e all'estero.
Marcello Rossetti e' cresciuto, grazie a suo padre Pietro, nel mondo dell'arte.
Negli anni '60 si accosta agli artisti, frequentando i loro studi e collaborando con gli scultori : Attilio Selva, Edgardo Mannucci, Leonardo Leoncillo , Alberto Burri ...
Elabora la sua ricerca con vari materiali , dalla creta al rame alle plastiche .
Contemporaneamente si diploma in Scenografia all'Accademia Di Belle Arti di Roma.
Per un triennio insegna Scenotecnica all'Istituto Statale d'Arte di Spoleto .
Nel 1970 assume la titolarità alla cattedra di Scenografia nelle Accademie di Belle Arti di: Reggio Calabria, Macerata e Roma. Lavora nel campo della Scenografia cinematografica, televisiva e teatrale.
Espone in mostre personali e collettive in Italia e all'estero.