Rosita Cupertino – Chemiocreatico Outside
Un’ulteriore evoluzione dell’idea originale dell’artista biellese Rosita Cupertino che, nel 2011 ha realizzato “Chemiocreatico”.
Comunicato stampa
Il giorno 30 ottobre, alle ore 19,30, presso il Cantinone del Palazzo della Provincia di Biella, l'Associazione culturale “SINERGIA” presenterà il nuovo progetto: “CHEMIOCREATICO outside” che rappresenta un'ulteriore evoluzione dell'idea originale dell'artista biellese Rosita Cupertino che, nel 2011 ha realizzato "Chemiocreatico" e, nel 2012, “CHEMIOCREATICO inside” che sono il frutto della collaborazione con il personale del reparto oncologico dell'ospedale di Biella e che rappresentano la sua volontà di proporre un'opera d'Arte partecipata al territorio in cui vive, formata da 10000 tappi, bellissimi e coloratissimi di farmaci chemioterapici.
In questo modo, intendiamo coinvolgere, ancora una volta i pazienti, il personale ed i volontari del reparto Oncologico dell'Ospedale di Biella, gli studenti e tutti coloro che vorranno esserci in questo viaggio che vuole andare a creare un'opera-denuncia e rendere omaggio al pensiero solidale che travalica la fatica di vivere e trasforma la caparbia speranza che accompagna tutti in Arte. Durante la serata verrà presentata la Maquette del progetto che troverà collocazione in "CONTACI 2014" (Congresso Nazionale), grazie al Dott. Clerico Mario, direttore del dipartimento di Oncologia dell'ospedale degli infermi di Biella.
CHEMIOCREATICO outside è il primo step di un lungo percorso che intende coinvolgere il maggior numero di reparti oncologici degli ospedali nazionali e diventare in questo modo un tramite per raccontare e raccontarsi sublimando la malattia in un atto di condivisione e di cambiamento d pensiero rispetto all'essere qui ed ora.
Dice Rosita Cupertino: ”Il gesto semplicissimo di un’amica che lavora nel reparto di Oncologia dell’Ospedale degli Infermi di Biella, ha dato origine a “Chemiocreatico”.
Mi ha regalato tappi, tappi di tutti i colori, tappi che nascondono, fin troppo bene, la lotta quotidiana per la vita e non intendo metaforicamente.
Il volto della malattia, consapevolmente grave.
Le mie mani hanno cominciato a toccarli, come in un gioco ed i miei occhi hanno visto immagini. Cosa potevo fare? Qualunque cosa fosse avevo bisogno di aiuto: avevo bisogno di molti tappi!
Ne è nata una collaborazione con tutto il personale ospedaliero che ha raccolto per me i tappi che andavano a definire l’immagine che io avevo scelto. 10000 tappi per la rappresentazione di una termografia di un busto femminile: donna, madre, figlia, amica.
Mentre realizzavo l’opera, la voce di chi osservava il mio lavoro ha dato vita ad un nuovo percorso fatto di parole a volte semplici ed a volte profonde che sapevano abbattere quella parete invisibile che costruiamo intorno al nostro vivere quotidiano. Spesso iniziavo chiedendo: “Secondo te cosa sono?” Ed ho ricevuto risposte davvero stupefacenti che altro non facevano che giocare con il vissuto di ognuno e poi, come solo l’arte sa fare, “bucavano”.
Ad opera ultimata, lo sguardo superficiale può essere ingannevole ma, sono sufficienti pochi attimi e magari uno sfiorare che scatta un rimando positivo che si rivela spesso ingannevole.
Non immaginavo di suscitare così tanto interesse con quest’opera! Ora, posso affermare con certezza, di aver posto le basi per un progetto futuro: “Chemiocreatico outside”.
Voglio portarlo al di fuori, generando un messaggio etico e continuando a coinvolgere autori e spettatori nella realizzazione.
Il primo passo è già stato fatto: ho progettato, con l’aiuto del Prof. Paolo Serrau, i contenitori dei tappi che ho portato in reparto spiegando agli operatori il perché di questa mia scelta; io, nell’atto della raccolta, ci vedo un sacralità, una fede nella vita e nell’uomo che vuole essere riconosciuta ed innalzata ad opera d’arte (non chiusa, nascosta e svilita) e vorrei aggiungere che essi rappresentano anche un tributo a tutte quelle persone che nella malattia ci convivono, lago di dolore, oceano infinito in cui silenziosamente si può sprofondare ed invece è possibile, non ignorandolo, navigarci sapendo anche intravvedere luce, amicizia.......vita!
La loro realizzazione mi ha impegnata in un viaggio mentale che aveva come meta un oggetto che contenesse, pur nella sua essenzialità, tutti gli elementi che io volevo vedere. Attraverso varie prove sono andata definendo man mano la forma più idonea sperimentando vari materiali, tecniche e ricercando forme fino ad ottenere quella definitiva: un’opera trasparente in acetato, semplice, essenziale, legata con filo invisibile, che a qualcuno può ricordare un cono gelato ma che per me è, in realtà, la realizzazione moderna di un’antica cornucopia, metafora di abbondanza e vita. In una prima fase ho pensato di appendere l’opera ma ho dovuto tener conto della realtà in cui sarebbe stata posta e quindi è stato indispensabile creare un sostegno per facilitare le operazioni del personale ospedaliero. Anche in questo caso, dopo varie prove, la conclusione finale è stata quella di utilizzare l’acciaio ripiegato e forato in modo tale da poter collocare il contenitore, lavabile e sterilizzabile, sul piano di lavoro che, essendo questa una fase di preparazione delicatissima dei medicinali da somministrare, si svolge rigorosamente in uno spazio inaccessibile al pubblico. Poiché desideravo che invece il contenitore fosse visto da tutti, ho posto lo stesso contenitore, in dimensione maggiorata, nello spazio pubblico del reparto (sala d’aspetto) creando un’installazione che si modifica man mano che si aggiungono tappi (azione performantica, timida e quasi non vista). Il contenitore diventa parte integrante del contesto e si offre agli spettatori inconsapevoli che, ognuno a modo suo, elaboreranno l’immagine percepita.
Ora rimane “Chemiocreatico ouutside”, l’installazione da realizzare, all’interno del Convegno Nazionale oncologico “Contaci 2014”.
Ho letto tanto, ho studiato tanto, ho cercato in me stessa forme e colori, ho fatto bozzetti, creato legami, cercato amici, cercato aiuto..........e questo è il futuro.....”
Cos'è l'arte partecipata secondo me?
Sempre, anche se in luoghi davvero diversi, ho potuto osservare e sperimentare che la pratica partecipativa è in grado di modificare comportamenti e relazioni; ma non solo: è anche in grado di far prendere coscienza del proprio io interiore e del proprio ruolo all’interno di una società che molto spesso è alienante ed alienata:
è senso di condivisione che dà voce agli inascoltati. Non voglio, con questa frase, iniziare un percorso verso un pensiero populista ma semplicemente credo che sia giunta l’ora in cui le istanze che bussano alla porta debbano poter aver voce, i sogni che prefigurano un mondo diverso possano trovare una rappresentazione e che il balbettio claudicante di chi è ai margini della società diventi arte nel senso più alto.
è arte ambientale poiché nasce dal suolo pubblico inteso nel suo significato più ampio: un suolo fisico, metafisico e mentale. Ne studia la relazione con l’uomo e le sue azioni (micro e macro), le inferenze dei mass media, gli elementi urbanistici ed architettonici generando una continua e mirata interazione tra individuo e spazio riconsegnando il territorio reale ed onirico ai suoi abitanti
è impegno costante, tenace, incessante che si cala nel tessuto sociale. Ne percepisce le istanze ed i bisogni. Focalizza gli aspetti di criticità e li porta in “superficie” agendo così da sensibilizzatore etico che, attraverso un atto creativo condiviso, mira alla modificazione del pensiero collettivo.
è rinnovamento dell’arte che esce dai luoghi fino ad allora a lei consacrati per invadere il suolo pubblico che ne condiziona necessariamente i metodi espositivi. Ed ecco nascere eventi molto dissimili uno dall’altro che mi costringono a ricercare nuove ed inedite modalità espressive. Ed ecco crescere, in un brulichio incessante, interazioni che agiscono da catalizzatore e generano eventi in grado di modificare l’immagine-specchio dell’ambiente circostante.
è una modulazione valoriale dell’arte che non viene più giudicata in quanto tale ma in base alla sua capacità di interagire con il territorio ed i suoi abitanti e di generare un cambiamento di pensiero: germe di un futuro possibile.