Sandra Tomboloni – La fragilità degli ospiti
La fragilità degli ospiti. L’antispecismo come forma di sostanza e vita è la mostra che raccoglie una serie di nuovi lavori di Sandra Tomboloni (Pelago,1961), tra gli artisti più radicali e interessanti della sua generazione.
Comunicato stampa
La fragilità degli ospiti. L’antispecismo come forma di sostanza e vita è la mostra che raccoglie una serie di nuovi lavori di Sandra Tomboloni (Pelago,1961), tra gli artisti più radicali e interessanti della sua generazione. La mostra a cura di Serena Becagli è visibile negli spazi della Galleria Vannucci di Pistoia dal 20 settembre al 15 novembre.
Già nel titolo Sandra Tomboloni inserisce una delle parole chiave della sua poetica, la fragilità. In un mondo in cui la parola d'ordine è forza,l'artista mette per prima la fragilità, la debolezza. Nella vita dimostrare debolezza è quasi un tabù ma Sandra Tomboloni è un’outsider anche in questo, come ha sempre dimostrato nel suo lavoro, coerente con le sue idee e il suo mondo.
L'aver utilizzato già dagli esordi un materiale come il pongo ha rischiato di far etichettare il suo lavoro come qualcosa legato al mondo infantile, ma forse è quel materiale che più di tutti incarna l'idea di precarietà, di qualcosa in continuo divenire e al quale torna sempre, nonostante l'uso e la sperimentazione di altri materiali come la ceramica, la stoffa, la cera e persino, come in alcune ultimissime opere il bronzo, accanto, come sempre, al disegno.
I temi che tratta l’artista fiorentina sono in realtà attuali e drammatici come la diversità, l'accoglienza, la casa, lo scarto, il rispetto per l'ambiente, lo stare insieme.
Tutti siamo alla ricerca di un posto, un posto dove stare, ma il posto c'è per tutti. E Sandra Tomboloni il posto speciale lo lascia sempre a disposizione degli ultimi, degli scartati che in questo caso sono gli animali, da sempre sfruttati dall'uomo.
Ecco infatti che oggi, con La fragilità degli ospiti, l'artista fa il punto su un tema a lei caro: la specie animale è un soggetto da sempre presente nel suo lavoro come nell’installazione Le Maialine del 2001, opera esposta al Centro Pecci in occasione di Continuità: arte in Toscana 1990-2000 e collezionismo del contemporaneo in Toscana, a cura di Jean-Christophe Ammann ma anche nella Storia di un pulcino o due, una serie di pannelli autobiografici del 1997.
Nei grandi pannelli monocromi de La fragilità degli ospiti, i protagonisti sono loro: il cane, il gatto, la scimmia e il maiale, realizzati tutti con colori primari. Il pongo permette di usare il colore puro, di non mischiare, ma di usare direttamente la materia-colore.
Disubbidire al padre è un dittico nero con un chiaro riferimento alla fedeltà del cane, mentre il dittico azzurro, Intelligenza primaria, è dedicato all’astuzia del gatto; un grande pannello rosso è dedicato alla scimmia e si intitola Involuzione del primato, mentre la coppia di bassorilievi bianchi, Purezza, sono popolati da figure con il corpo umano e la testa di maiale.
Tutti questi bassorilievi sono una specie di bestiario con figure che hanno il corpo umano e la testa di animale e vogliono dimostrare la superiorità dell’animale rispetto all'uomo, secondo l’artista. “È nella testa che gli animali sono più evoluti”, ci spiega con convinzione Sandra Tomboloni. “L’essere umano consuma e distrugge, sfrutta i suoi simili e le altre specie: gli animali in questa catena sono gli esseri più fragili e i più sfruttati, per il sollazzo e la sopravvivenza arrogante dell’uomo”.
Non a caso l'artista usa la parola Purezza proprio per il maiale, carne da macello e animale considerato impuro da molte religioni. Qui, invece, conquista la scena principale in un bassorilievo bianco candido, che evoca in qualche modo la preziosità del marmo.
Si ritrovano invece diverse raffigurazioni di animali nei due pannelli, caratterizzati da grandi cornici “barocche”, Carne della tua carne. Si tratta di due bassorilievi monocromi, uno bianco e uno nero, in cui i protagonisti sono maiali, gatti, conigli e cavalli. Sia la parte centrale che le cornici laterali hanno la stessa importanza e sono realizzate con lo stesso materiale, anzi è quasi la cornice a diventare protagonista. Il pongo uniforma, e nella visione dell'artista siamo fatti tutti della stessa sostanza, siamo tutti uguali, protagonisti e comprimari, parte centrale e contorno, tutti necessari e tutti bisognosi di cura e attenzione.
La cornice poi diventa così alta da dare l'impressione che queste opere siano delle scatole, e qui ci tornano in mente molti lavori di Sandra Tomboloni in cui, nella sua ricerca, ha creato rifugi e ripari per i suoi delicati protagonisti.
Questo suo insistere su materiali fragili e deperibili, (ma poi fin quanto, non di più di tante altre opere di arte contemporanea) sembra sia un modo da parte di Sandra Tomboloni per metterci alla prova, per farci prendere cura di qualcosa di delicato. Come se affidasse al mondo la cura di queste creature e ci istruisse al rispetto, all’attenzione alle diversità a superare ogni pregiudizio di cui spesso anche gli animali sono vittime, perché ritenuti inferiori o addirittura tacciati di vizi o caratteristiche negative, proprie invece dell’uomo. Ne sono pieni i bestiari medievali di queste storie. L’antispecismo, infatti, movimento che l’artista volutamente omaggia nel titolo della mostra, è un “pensiero, movimento, atteggiamento che, in opposizione allo specismo, si oppone alla convinzione, ritenuta pregiudiziale, secondo cui la specie umana sarebbe superiore alle altre specie animali e sostiene che l'essere umano non può disporre della vita e della libertà di esseri appartenenti a un’altra specie” (Treccani).
Le opere della Tomboloni hanno parlato di questo negli anni, e si sono incrociate con la sua vicenda personale. L'arte per lei è un’urgenza, e lei all'arte si dedica con tutta se stessa, corpo e spirito. Un corpo che si logora, un corpo che in un periodo della sua vita scappa di casa e vive per strada. Un corpo da scartare, un corpo privato spesso del cibo, che va a convivere con l'anoressia. Uno spirito che si rianima costantemente grazie all’urgenza di creare, di avere sempre tra le mani pongo, creta e persino cera da modellare, mani che in un letto di ospedale si muovono rapide su fogli e colorano con quello che hanno a disposizione diventando tramite diretto con la mente e l'anima. Sandra per l'arte ha sempre messo a disposizione tutta se stessa.
Ne è testimonianza una recente pubblicazione, a cura di Stefania Gori ed edita da Gli Ori, che ripercorre tutta la carriera dell'artista e che evidenzia il costante incrociarsi della vicenda artistica con la biografia. Nel ripercorrere il lavoro di Sandra, Stefania Gori nota che non si possono individuare fasi temporali, ma piuttosto dei temi: la casa, le mani che pensano, gli oggetti abbandonati, lavorare davanti al pubblico. Anche perché il concetto di tempo con Sandra Tomboloni sembra perdere senso, in un continuo crearsi e distruggersi per poi ricrearsi, di cui l’uso del pongo è emblematico: “lavorare con il pongo è un po’ come creare una fenice, che si disfà e rinasce continuamente”.
“In modo diverso, ripetendo da anni, dico sempre le stesse cose, come un mantra che nel suo ripetersi prende forza. Dobbiamo liberarci dal pregiudizio e prenderci cura di quello che abbiamo intorno finché siamo in tempo”.
Un mantra che si ripete e va a toccare nuovi temi e nuove cose, e via via si appoggia su altri oggetti e nuovi materiali.
Ecco che il mantra di Sandra Tomboloni si estende adesso alla cera con la quale ha creato una serie di piccole sculture, anche queste con corpo di uomo e testa di animale, che formano quasi una danza. Forse sono loro, che danzando al ritmo di un nuovo mantra, riusciranno a sollevarsi e ad aprirci gli occhi su tutto quello che stiamo rovinando.
E da qui inizia anche la sperimentazione della fusione in bronzo, intanto con piccoli bassorilievi in cui ciascun protagonista è alla ricerca, come sempre, di un suo posto, di una sua collocazione. Ogni essere vivente che rispetta il prossimo, e che soprattutto rispetta i più deboli e i più fragili, è il benvenuto e trova il suo posto nel mondo di Sandra Tomboloni.
Tornano anche in questa mostra come protagoniste le sedie, che sono un elemento costante nella produzione dell'artista toscana. Spesso salvate dalle discariche, a volte mezze rotte o azzoppate, ma ridate a nuova vita dalle mani generatrici dell’artista, su cui fa nascere fiori, casine o paesaggi.
La sedia, simbolo di accoglienza, oggetto che si offre all’ospite, oggetto su cui si appoggiano le membra stanche, su cui si accoccolano gatti, su cui a volte ci si addormenta per sognare.