Santi Alleruzzo / Finn Theuws

Informazioni Evento

Luogo
SPAZIOA GALLERY
Via Amati 13, Pistoia, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

MART - SAB 11 - 14 / 15 -19 o su appuntamento

Vernissage
20/05/2023

ore 15

Artisti
Santi Alleruzzo, Finn Theuws
Curatori
Simon Grant
Generi
arte contemporanea, doppia personale

SpazioA è lieta di presentare la mostra di Santi Alleruzzo, Santi Alleruzzo: Night and Day, a cura di Simon Grant e la prima mostra personale in galleria di Finn Theuws, intitolata Shedder Shredder.

Comunicato stampa

Santi Alleruzzo
Santi Alleruzzo: Night and Day
a cura di Simon Grant

DA: SABATO 20 MAGGIO, 2023 - dalle 15 alle 20
MART - SAB 11 - 14 / 15 -19 o su appuntamento

SpazioA è lieta di presentare, sabato 20 marzo, 2023, la mostra di Santi Alleruzzo, Santi Alleruzzo: Night and Day, a cura di Simon Grant.

Nel dipinto del 1998 di Santi Alleruzzo, Notturno, la tela è dominata da una distesa blu scuro, con l’eccezione delle forme a prima vista organiche che incorniciano l’immagine. In basso, a sinistra e a destra, vediamo sagome che potrebbero essere fronde di alberi nella loro esuberanza estiva, o forse il bordo di una coppia di cespugli? In alto, come uno straripare di foglie, si cala nello spazio pittorico una striscia di forme verde chiaro che, se le si guarda abbastanza a lungo, sembrano fluttuare come i tentacoli di un anemone di mare nella corrente. Una fascia sottile di azzurro si allunga tra i profili della parte inferiore, forse l’unico segno chiaro che non si tratta di una composizione astratta o immaginaria, ma della linea tenue dell’orizzonte in un paesaggio notturno.

A prima vista, il soggetto dei dipinti, gouache e acquerelli di Alleruzzo può apparire semplice: i grossi blocchi
rettangolari in pietra di un argine che sporgono, un campo da calcio deserto nel tardo pomeriggio, un albero
isolato, onde leggere che si infrangono su una spiaggia. Gli oggetti sono ridotti alle forme più essenziali, e spesso risultano privi di dettagli chiari o nitidamente definiti. Le figure umane non sono quasi mai presenti. La tavolozza limitata di azzurri, verdi, gialli e bianchi accentua la sensazione minimalista. Eppure questi lavori apparentemente sobri traboccano di un’energia latente che riflette i decenni di intensa osservazione compiuta dall’artista nella città portuale di Villa San Giovanni. A forza di rivisitare questi soggetti, Alleruzzo ha realizzato un corpus di serie diverse, da cui emergono sfumature e sottili differenze.

Pur concentrandosi su un raggio geografico relativamente ristretto, la sua arte trascende il locale. “Dal mio villaggio”, scriveva il poeta Fernando Pessoa, “io vedo quanto dalla Terra si può vedere dell’universo, per questo il mio villaggio è grande quanto qualsiasi altro luogo, perché io sono della dimensione di quello che vedo.” Come Pessoa, Alleruzzo si rendeva conto che, per quanti viaggi possiamo compiere nella vita, e per quante esperienze possiamo vivere, è il radicamento nei nostri immediati dintorni che può aiutarci a comprendere meglio il mondo Intorno a noi.

Il risultato è che i dipinti quieti e sicuri di Alleruzzo emanano una fiducia e un ottimismo sconfinati, applicando una sensibilità tenera e serena alle visioni più quotidiane, che siano contemplate dal finestrino di un autobus o nelle visite ripetute agli scenari preferiti, poco importa se artificiali o naturali. A differenza dell’istantanea di un turista che documenta una gita o della fedeltà organizzata di un topografo, i suoi dipinti sono impregnati di una feroce, appassionata sincerità nell’esplorare i paesaggi, quasi fossero ignari del fardello del luogo comune che potrebbe intimorire tanti artisti. Alleruzzo trasforma piuttosto il quotidiano in religioso.
Il suo metodo ricorda il lavoro del fotografo Luigi Ghirri (1943-1992), il cui occhio prodigioso esplorava in modo simile il rapporto inquieto tra il mondo fisico e il mondo delle immagini. Ghirri amava immortalare le parti meno scontate degli ambienti urbani: una fila di lucine in un vicolo, un ombrellone chiuso nel vento. Come Alleruzzo, evitava una narrazione didattica. Non ci diceva mai come pensare o quale emozione provare davanti a quello che stavamo guardando. Lasciava sempre che creassimo le nostre storie personali.

Alleruzzo racconta storie attraverso il modo straordinario in cui dipinge la luce cangiante del suo paese natale. Nelle sue scene balneari, il nostro occhio è attratto dall’azzurro intenso del cielo: l’azzurro bruciante del sole meridiano che si staglia contro il bianco sbiadito della sabbia. Le figure che intravediamo in queste composizioni appaiono estranee al contesto. Esistono come sagome indefinite e sfocate sul punto di evaporare.
Nel gruppo di pastelli di un grande albero solitario (che sia una quercia?), l’albero si erge solido, con la sua fitta chioma e il caratteristico tronco nodoso che dominano il piano pittorico. In diverse versioni l’azzurro vibrante del cielo del mattino (o della sera) e il verde dell’albero sono interrotti da una striscia sottile di luce gialla all’orizzonte. Il tempo si dissolve nella foschia delicata del pastello.

Nella serie che ritrae i traghetti notturni che attraversano lo stretto da Villa San Giovanni a Messina, le intense luci gialle delle navi spandono i loro riflessi sull’acqua, accentuando la più sommessa luce blu della notte. In alcuni, la scena è quasi ridotta a un’astrazione di forme. È questo senso elastico del tempo a rendere i dipinti di Alleruzzo così affascinanti, e così memorabili.

Le sue esplorazioni della luce appaiono in tutto il loro splendore in una serie di acquerelli su carta realizzati negli ultimi anni della sua vita. Le vedute sono perlopiù marine, rese con i più essenziali strati di colore sulla superficie: rosa chiari, viola delicati, verdi tenui, verdi scuri, gialli pungenti, azzurri placidi. Ricordano gli studi in acquerello di JMW Turner, e sono umili celebrazioni dei mutevoli veli di luce che scorrono sull’acqua. Con semplicissimi guizzi, sfioramenti o colpetti del pennello, Alleruzzo riesce a catturare il ritmo naturale della natura, dai primi istanti del giorno in Mattino (2004) al blu inchiostro del crepuscolo in Senza Titolo (2006). Si trattava forse delle sue meditazioni pittoriche su una vita vissuta?

“Vedere è capire, giudicare, trasformare, immaginare, dimenticare ed essere dimenticati, essere e scomparire” scrisse Paul Éluard. Le parole del poeta francese sembrano guidarci nell’interpretazione dei lavori di Santi Alleruzzo. Conoscere la sua opera significa sentirsi inesorabilmente attratti dentro una modalità generosa e modesta di espressione che non può che suscitare un’esperienza ricca e rigenerante.

Simon Grant

Santi Alleruzzo (Messina, 1929 - Villa San Giovanni, 2006) ha trascorso i primi anni di vita a Messina, dove è nato nel 1929. Si è poi trasferito sulla sponda calabra, dall’altra parte dello Stretto, dove ha passato la sua intera vita a dipingere, da una casa studio divenuta il centro della sua produzione. La sua scomparsa è avvenuta a Villa San Giovanni nel 2006.
Diplomatosi al Liceo Artistico, Alleruzzo ha iniziato a dipingere fin da giovanissimo e ha tenuto la prima personale nel 1958 alla Galleria Il Fondaco di Messina. Da lì in poi ha presentato il suo lavoro in innumerevoli occasioni: mostre personali – tra cui si ricordano quelle alla Galleria del Vantaggio (Roma, 1964), alla Galleria Indipendenza (Bologna, 1966), alla Galleria Nuovo Vertice (Roma, 1972 e 1981), alla Galleria San Michele (Brescia, 1973 e 1976), alla Galleria Cefaly (Catania, 1986, 1991 e 2002), alla Galleria Fidia (Roma, 1987 e 2004) – collettive e premi di pittura in Italia e all’estero. Dal 1957 al 1980 è stato animatore e Segretario del Premio di Pittura Villa San Giovanni, che nel corso delle diverse edizioni ha visto protagonisti alcuni dei principali artisti e critici d’arte italiani della seconda metà del Novecento. Nel 2016, in occasione del decimo anniversario della morte dell’artista è stata presentata a SpazioA una mostra personale, accompagnata da catalogo con un testo critico di Davide Ferri, curatore della mostra.
Recenti mostre personali: Santi Alleruzzo, Gallery Side 2, Tokyo, Japan (2022); Santi Alleruzzo, Frieze Masters, Londra (2021); Santi Alleruzzo – Mediterranean light, Gallery Side 2, Tokyo, Japan (2020); Santi Alleruzzo. These earthly things, a cura di Davide Ferri, SpazioA, Pistoia (2018); Back to the Future, Artissima, Torino, (2017); Tutta la vita / All Life Long, a cura di Davide Ferri, SpazioA, Pistoia (2016).
Finn Theuws
Shedder Shredder
project space

DA: SABATO 20 MAGGIO, 2023 - dalle 15 alle 20
MART - SAB 11 - 14 / 15 -19 o su appuntamento

SpazioA è lieta di presentare, sabato 20 marzo, 2023, la prima mostra personale in galleria di Finn Theuws, intitolata Shedder Shredder.

“Chi si dedica al rituale deve ignorare se stesso. I rituali producono una distanza dal sé, una trascendenza del sé. Depsicologizzano e deinteriorizzano chi li compie.” 1

Per Shedder Shredder l’artista presenta un nuovo gruppo di lavori che utilizza l’atto della muta della vipera come catalizzatore simbolico per addentrarsi nei temi della trasformazione e della rinascita.
Infondendo un significato rituale al fenomeno naturale, la muta della pelle diventa allegoria dello spogliarsi dei vecchi strati di prospettiva e comprensione per fare posto a narrazioni nuove.

Concepito come evento rituale, il fenomeno testimonia il desiderio olistico di Theuws di scardinare l’attuale presenza sociale della mascolinità egemone e condurre la società attraverso un rito di passaggio in direzione dell’inclusività.
Per la mostra, Theuws ha creato un linguaggio visivo in cui i lavori esposti sembrano voler esistere in uno stato di liminalità 2, staccati dalle loro precedenti identità e non ancora del tutto integrati in quelle nuove. Attraverso il processo dell’astrazione, l’artista altera la percezione simbolica e la concretezza degli oggetti
quotidiani che secondo lui contengono l’essenza delle mascolinità egemoni. Mettendo in questione preconcetti e offrendo nuovi modi di interpretare il familiare, Shedder Shredder invita gli spettatori a intraprendere una più profonda riflessione sul complesso intreccio di identità, cultura e rappresentazione. A entrare in uno spazio in cui passato e presente si riuniscono in un presente vivo.3

1, 3: Byung-Chul Han, The Disappearance of Rituals, Polity Press, 2020.
2: Arnold van Gennep, The Rites of Passage, The University of Chicago Press, 1960.

Finn Theuws (1997) vive e lavora ad Amsterdam (NL). La sua pratica ruota attorno alla messa in discussione dei concetti di mascolinità convenzionali e all’incarnazione di figure retoriche per rappresentare i processi che ritiene costituiscano l’individualità, sperimentando con i temi dell’amore, della percezione dell’immagine corporea, della sessualità, dell’espressione di genere, dell’invecchiamento e della memoria. Ha conseguito un master presso la Royal Academy of Fine Arts di Anversa (BE) e un BFA presso la Gerrit Rietveld Academie di Amsterdam (NL). Theuws ha esposto le sue opere presso M4gastatelier e Het Hem ad Amsterdam (NL), Sint-Joriskerk, Duinstraat 124 e Atelier FAAR ad Anversa (BE), Kvarnviken Mill a Stoccolma (SE) e SPARC* a Venezia (IT).

Finn Theuws
Shedder Shredder
project space

FROM: SATURDAY MAY 20, 2023 - from 3pm to 8pm
TUE - SAT 11am - 2pm / 3pm -7pm or by appointment

SpazioA is proud to present on Saturday May 20, 2023, Shedder Shredder, the first solo show of Finn Theuws at the gallery.

“Those who devote themselves to rituals must ignore themselves. Rituals produce a distance from the self, a
self-transcendence. They de-psychologize and de-internalize those enacting them.” 1

For Shedder Shredder, Finn Theuws presents a new body of work that employs the act of the viper shedding its skin as a symbolic catalyst to delve into themes of transformation and rebirth.
Through the imbuing of the natural phenomenon with ritualistic significance, the shedding of the skin serves as an allegory for stripping away old layers of perspective and understanding; to make way for new narratives.

Conceived as a ritual event, the phenomenon speaks to Theuws’ holistic desire to dislodge the current social presence of hegemonic masculinity and to move society through a rite of passage towards one of inclusivity. For the exhibition, Theuws created a visual language in which the presented works nod to exist in a state of liminality 2; detached from their former identities, and not yet fully integrated into their new ones.
Through the process of abstraction, the artist alters the symbolic perception and concretization of everyday objects which he believes contain an essence of hegemonic masculinities. By challenging preconceived notions and offering new ways of interpreting the familiar, Shedder Shredder invites viewers to engage in a deeper reflection on the complex interplay of identity, culture, and representation. To enter a space where past and present are brought together into a living present.3

1, 3: Byung-Chul Han, The Disappearance of Rituals, Polity Press, 2020.
2: Arnold van Gennep, The Rites of Passage, The University of Chicago Press, 1960.

Finn Theuws (b. 1997) lives and works in Amsterdam (NL).
His practice revolves around impugning conventional masculinities and embodying figures of speech to portray processes that he considers construct selfhood; experiencing themes of love, body image, sexuality, gender expression, aging and memory.
He holds an MA from the Royal Academy of Fine Arts in Antwerp (BE) and a BFA from the Gerrit Rietveld Academie in Amsterdam (NL). Theuws has exhibited his work at M4gastatelier and Het Hem in Amsterdam (NL), Sint-Joriskerk, Duinstraat 124 and Atelier FAAR in Antwerp (BE), Kvarnviken Mill in Stockholm (SE) and SPARC* in Venice (IT).