Saun Santipreecha – Performative Cities
Questa mostra si confronta con tre romanzi di Italo Calvino—Se una notte d’inverno un viaggiatore, Le città invisibili e Palomar—oltre che le tre città che hanno segnato il personale percorso dell’artista verso questa mostra: Bangkok, Los Angeles, Roma.
Comunicato stampa
“Tutti rigiriamo tra le mani un vecchio copertone vuoto mediante il quale vorremmo raggiungere il senso ultimo a cui le parole non giungono.”
Palomar
Il Lettore esamina la stanza ed incontra un oggetto—A— esso stesso un soggetto nel sistema degli oggetti, visivi e sonori, che circonda il Lettore. Questo soggetto dà voce ai suoni senza corpo dislocati attraverso distorsioni e rifrazioni, incarnando un sistema di città e mito, camminando, giocando, trasformando la percezione nel percepito tramite astrazioni…
Questa mostra si confronta con tre romanzi di Italo Calvino—Se una notte d'inverno un viaggiatore, Le città invisibili e Palomar—oltre che le tre città che hanno segnato il mio personale percorso verso questa mostra: Bangkok, Los Angeles, Roma. L’installazione intreccia il visivo ed il sonoro, l'effimero ed il fisico, utilizzando una configurazione tripticale e scalabile, piegando e dispiegando ogni strato, dalle impronte sonore delle città, alla video-installazione performativa e relazionalmente-modulare[1], alle tre sculture sonore in rame. I suoni stessi sono creati dai gesti performativi dei partecipanti sui social provenienti da tutte e tre le città, dalla flautista Cari Ann Souter e da me stesso,
ulteriormente modulati dal sistema soggettivo dei movimenti dello spett-attore[2] pubblico nella galleria - resistendo al sistema fisso della videoproiezione che incorpora il mito, eppure fagocitati al suo interno. Come le azioni formative e performative che creano una città, sempre un intreccio di tre elementi —natura/ambienti, azione umana/sistemica e mito/ideologia—nel tempo, il lavoro integra il livello macro con il micro. Sulla zona di confine dei due lati dell'astrazione, che si uniscono e si intersecano, dal soggettivo all'oggettivo e di nuovo al soggettivo e verso l’esterno ancora, queste azioni non terminano con me come artista, ma provengono da oltre me stesso e continuano ulteriormente, da e attraverso sistemi che formano non solo la morfologia di chi siamo, ma quella delle città in cui viviamo: incarnazioni del disincarnato, "ragnatele di rapporti intricati che cercano una forma." (Le città invisibili)
Saun Santipreecha
[1] Modularità relazionale è un termine utilizzato da Saun Santipreecha che si riferisce ad una struttura che è sia una perseveranza che una resistenza all'inesorabile monologismo della linearità, enfatizzando la relazionalità sempre in movimento dei moduli che compongono un lavoro, un'identità o un sé, in un dialogismo polifonico che sfida la nostra percezione della leggibilità e del significato.
[1] Termine coniato da Augusto Boal per il Teatro dell'Oppresso.