Sergio Rubini – Pente-Silente
Il mito della regina Pentesilea e delle Amazzoni rivive nelle sculture di Sergio Rubini.
Comunicato stampa
PENTE-SILENTE
Personale di Scultura di Sergio Rubini
“Guerriera ardita,
che succinta, e ristretta in fregio d'oro
l'adusta mamma, ardente e furiosa
tra mille e mille, ancor che donna e vergine,
di qual sia cavalier non teme intoppo”
Publio Virgilio Marone, Eneide, libro I.810-814 [orig. lat.: 491-493]. Traduzione di Annibal Caro
Pentesilea, così descritta da Virgilio nell’Eneide, è una delle regine più famose delle Amazzoni.
Nella mitologia classica Pentesilea, poiché uccise accidentalmente la sorella Ippolita, fu punita dagli Dei che la condannarono ad essere violentata da tutti gli uomini che la vedevano. Per questo motivo si celò alla loro vista coprendosi con una splendida armatura.
In un frammento dell’Etiopide, poema epico del VII sec. a.C., é narrata la partecipazione delle Amazzoni, guidate da Pentesilea, alla guerra di Troia come alleate del re Priamo.
Purtroppo la valorosa regina cadde per mano di Achille che dopo averla trafitta con la lancia, la spogliò delle armi. Sfilatole l’elmo e vedendo il suo volto, la cui bellezza nemmeno la morte era riuscita ad intaccare, se ne innamorò tanto da possederla, nonostante Ade l’avesse già chiamata a sé.
Il mito della regina Pentesilea e delle Amazzoni rivive nelle sculture di Sergio Rubini.
Le sue donne, come le Amazzoni, sono mutilate, non hanno braccia per abbracciare e mani per toccare.
Sono donne imbrigliate, legate, immobilizzate, quasi mummificate, in fasce e nastri.
I canoni della statuaria classica, a cui siamo abituati, hanno donato alle rappresentazioni femminili di divinità e guerriere dei corpi giunonici, a volte atletici ed esteticamente perfetti, mentre le sculture di Rubini hanno dimensioni ridotte e rappresentano delle eroine minute, rese altere solo dalla loro postura fiera e dalla presenza di scudi scevri da raffigurazioni o decori.
Quando mancano gli attributi di guerriere, queste eroine assumono forme più leggiadre e algide simili a quelle delle regine o delle dee greche prive di vesti o sferzate da una brezza invisibile che riportano alla mente la Nike di Samotracia.
E’ chiaro l’intento, anche sociale, dello scultore di voler dare forma ai conflitti sia interiori che esteriori cui, ogni giorno, vanno incontro le donne contemporanee. Donne dall’animo colmo di sentimenti intricati e desideri celati, sognatrici romantiche ma forti che lottano e si impegnano per apportare un valore aggiunto alla nostra società.
In fondo Rubini è un testimone del tempo e il suo è un racconto antico eppure inesorabilmente attuale.
Eleonora Zaccaria
BIO SERGIO RUBINI
Nato a Canosa di Puglia (BA) nel 1979, figlio d’arte di terza generazione nel settore ceramico artistico, nel 1997 si diploma di maestro d’arte presso l’Istituto Statale D’arte di Corato (BA), sezione ceramica. Nel 2005 di diploma in Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze con votazione 110/110 e lode. Nel 2007 ottiene l’abilitazione alla classe di concorso A22 per le discipline Plastiche presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara. Vive tra Firenze e Canosa di Puglia. Ha esposto a Firenze presso la Galleria “Donatello” e la Galleria “Via Larga”. Ha partecipato a simposi di scultura tra Firenze, Carrara e Torino. Ha collaborato con gli artisti: Igor Mitoray, Vittorio Fumasi e Giovanni Galizia.