Sergio Vacchi – Una vita contigua
La mostra, dal titolo “Sergio Vacchi una vita contigua”, è dedicata a Sergio Vacchi (Castenaso, Bologna, 1925), artista tra i più significativi del Novecento che partecipò a varie edizioni del Premio Campigna, aggiudicandosi il primo premio con l’opera “L’abbraccio del temporale” nel 1970, periodo in cui nella giuria compaiono Francesco Arcangeli, Carluccio e Mattia Moreni.
Comunicato stampa
Aprirà i battenti della kermesse Philippe Daverio domenica 27 ottobre 2013 (ore 16.00) a Santa Sofia (Provincia di Forlì-Cesena), cittadina dalla sorprendente vocazione artistica che l’ha portata a divenire la location di una rassegna nazionale dedicata all’arte, il “Premio Campigna”, giunto ormai alla cinquantacinquesima edizione. La mostra, dal titolo “Sergio Vacchi una vita contigua”, è dedicata appunto a Sergio Vacchi (Castenaso, Bologna, 1925), artista tra i più significativi del Novecento che partecipò a varie edizioni del Premio Campigna, aggiudicandosi il primo premio con l’opera “L’abbraccio del temporale” nel 1970, periodo in cui nella giuria compaiono Francesco Arcangeli, Carluccio e Mattia Moreni. Il legame fra Vacchi e Santa Sofia si intreccia poi in numerose rassegne a partire dagli anni Settanta fino al 2000.
In esposizione cinquanta opere del Maestro, le quali, con taglio antologico, documenteranno il lungo percorso creativo di Vacchi, i grandi cicli pittorici (il Concilio, il Pianeta, Galileo, le piscine lustrali, le stanze della Nekyia), fino agli approdi degli anni 2000, di cui fa fede il monumentale catalogo generale dell’opera, curato dallo storico dell’arte Enrico Crispolti.
Nel primo periodo si coglie nella sua opera l’impegno sociale in relazione ad una tensione formale di stampo neo cubista, superata poi dal naturalismo degli anni successivi.
Fra il Cinquanta e il Sessanta l'artista si confronta con i temi e le tecniche informali; in quegli anni Francesco Arcangeli lo inserisce nel gruppo degli "Ultimo Naturalisti".
Non accetta poi le influenze pop, in voga dal 1964, approdando ad una ricerca personalissima che si condensa nella "pittura di storia", in cui è analizzata la tematica del potere declinata nei sui diversi aspetti, con l'occhio rivolto agli stilemi dell'arte del passato, in particolare l’arte barocca. In questa fase prendono vita appunto i tre grandi cicli sul potere: quello ecclesiastico (il Concilio, 1962), quello storico (Federico II Hohenstaufen, 1966) ed infine la tematica scientifica (Galileo Galilei semper, 1966).
Nelle sue opere della fine degli anni Sessanta-Settanta affiora la dimensione del sogno, in cui personaggi enigmatici rimandano alla sfera simbolica e metafisica.
A portare alla ribalta problematiche esistenziali, lasciando emergere l’elemento individuale e affrontando lo scandaglio della propria coscienza, saranno i Ritratti e gli Autoritratti.
Prima del taglio del nastro Philippe Daverio incontrerà il pubblico presso il Salone dell’ostello alle ore 16.00.