Shaping grace and disquiet
Mostra collettiva.
Comunicato stampa
“Tutto è imperfetto, non c’è tramonto così bello da non poterlo essere di più”
Fernando Pessoa, Il libro dell’inquietudine.
La mostra collettiva “Shaping grace and disquiet” si prefigge l’obiettivo di perscrutare, attraverso
innumerevoli interrogativi, il fosco universo del subconscio che misteriosamente muove le fila per
determinare tutte quelle modalità, alquanto singolari, che ciascuno di noi adotta nel momento in cui
si rapporta con la realtà sensibile - quello spazio oscuro e impalpabile definito dal filosofo romano
Calcidio come un «torrente sempre in movimento». Naturalmente inesatta e profondamente corre-
lata al mondo delicato dei sensi, tale esperienza ci incoraggia ad individuare la conoscenza con la
percezione, laddove verità, realtà e sensibilità sono inoppugnabilmente equipollenti.
Partendo dalla supposizione platonica secondo cui solo nella quotidianità, intesa come proscenio
unico dove tutto avviene, si può snidare la più intima ragion d’essere della realtà nonché la sua causa
più inconfessata, “Shaping grace and disquiet” si appella fidatamente al concetto di Lebenswelt o
‘Mondo della vita’, elaborato da Edmund Husserl, la cui duplice natura custodisce al suo interno
sia l’universo aurorale dell’autoevidenza sia quello concreto e visibile in cui la quotidianità stessa,
perfettamente mediana, diviene contestualmente oggetto di esplorazione e fondamento metafisico
per la critica di forme altre di conoscenza.
Pertanto, il percorso intrapreso verso la ricerca spasmodica e il conseguente raggiungimento delle
idee di bene, vero, giusto e bello ci obbliga preliminarmente a fare i conti con tutto ciò che corris-
ponde al trauma interpretativo delle percezioni più personali, quelle relative al proprio vissuto e alle
relazioni che ciascun individuo intreccia col mondo circostante.
E allora, nel tentativo di ricostruire una costellazione di avvenimenti del passato - tra la consa-
pevolezza delle peripezie del presente e le necessità ignote del futuro più prossimo - la domanda
sorge spontanea: qual è il confine che intercorre tra sogno e ombra, tra veridico e parziale e tra
manifesto e intangibile? Tra paesaggi astratti o lievemente accennati e stati d’animo impenetrabili
e ciononostante corroborati da una preponderanza enigmatico-corporale, i cinque artisti qui invita-
ti - Chidinma Nnoli, Michael Igwe, Caterina Sammartino, Luca Di Terlizzi e GianMarco Porru – ci
suggeriscono di abbandonarci alla suggestione dei sensi ma solo laddove questi hanno la facoltà di
potersi fondere con l’ignoto, nell’attesa che tale commistione possa generare attimi di rivelazioni e
slanci vitali sorprendentemente inaspettati.
All’interno di uno scenario che si presenta antiteticamente come tragico e ironico, indulgente e in-
quieto, ruvido e aggraziato, gli artisti riflettono instancabilmente sul senso della vita, sulla morte,
sulla connivenza, sulla vulnerabilità dell’anima, sulle memorie più intime, sullo scorrere imperituro
del tempo e sui cambiamenti, sulle gerarchie sociali e ancora sull’incertezza di ciò che sarà e sulla
vivace eterogeneità dei colori che permea le emozioni più disparate, affrescando, così, tutto ciò che,
a suon di delicatezza e di struggimento, si anima costantemente fuori e dentro ciascuno di noi.
Chidinma Nnoli, tra l’esperienza di vita spirituale e tutto ciò che può essere considerato materiale,
esplora, mediante un sapiente utilizzo della pittura, il flusso della narrativa di un singolo soggetto,
sovrapponendo il passato al presente e viceversa e facendo costantemente riferimento al sé in con-
flitto con un retroscena soventemente saturo di religione e di obblighi di genere. Nnoli pensa alla
sua pratica come a una mappatura dello spazio, del corpo e di un paesaggio che conserva scampoli di
ricordi, laddove le idee di libertà e di intrappolamento si sovrappongono continuamente. Al centro
della sua attenzione concettuale vi è l’atto di raccontare storie, coinvolgere il femminismo e porre
l’accento sull’impostazione personale intesa da un punto di vista finanche politico. Il suo processo
prevede l’utilizzo di texture, impasti, schizzi e cancellazioni. Ciò che ne consegue sono opere che al-
ludono e mettono in discussione strutture ostili e che sovente limitano l’azione delle donne, soprat-
tutto all’interno degli spazi più propriamente religiosi e familiari. Pensando alla funzionalità della
pittura, oltre alla sua capacità di essere un mezzo formidabile di affermazione, Chidinma Nnoli vuole
ricreare ciò che può essere principalmente sentito, intenso, poeticizzato ed equilibrato nonostante
il continuo divenire;
Michael Igwe, attraverso la sperimentazione e processi creativi fondati sul piacere della ricerca ori-
entata verso l’esperienza trascendentale dell’immagine, continua a voler dare priorità a metodi e
idee per raggiungere appieno la pittura, intesa come tramite esperienziale volto a generare un’unica
estetica formale. Questa natura radicale della materialità della pittura stratificata in modo fluido
e i suoi potenti effetti nel collegare, archiviare e infondere il tutto nella risoluzione dell’immagine,
gli consentono simultaneamente di affermare la sua poetica innata e le sue storie senza copione. In
quanto artista la cui infanzia è in gran parte popolata da ricordi tramandati oralmente, il suo inter-
esse risiede nella disciplina dedicata di tale narrazione e nel potenziale della pittura di plasmare le
sfumature di tutte quelle narrazioni che lo coinvolgono personalmente. Pertanto, il suo lavoro so-
praggiunge ai nostri occhi come un chiaro richiamo all’immagine eterna, continuamente mantenuta
in vita; Sia la questione delicata dell’infinito - quell’imprescindibile immensità che ammanta il globo terres-
tre - sia quella del mistero oltre qualunque al di là, costituiscono da sempre il fondamento viscerale
e aulico della ricerca di Caterina Sammartino. Il suo lavoro, assumendo forme spiccatamente instal-
lative, nutre quel legame millenario e indissolubile tra l’emisfero tangibile e quello imperscrutabile,
il quale, di volta in volta, si fa sempre più acuto ed elastico. La tensione a cui Sammartino anela è
rintracciabile nell’utilizzo di materiali estremamente familiari come cotone, lino, canapa e metalli
grezzi, i quali, a loro volta, si flettono in azioni che possono essere definite performative. Questi,
nonostante la loro semplice ordinarietà, parlando di tradizioni antiche, sussurrano sovente qualco-
sa di profondamente arcano. Limpide e fluenti, tutte le sue opere si manifestano esattamente così
come sono, spoglie ed esposte, e aspirano, nella loro audace estroversione, a sfiorare le corde del non
detto, rintracciabile, peraltro, negli schizzi d’oro che costellano le tele, preziosi lasciti o liquidi trofei
di una mano che annaspa asintoticamente verso l’apice e che, muovendosi, affresca la sua personal-
issima Weltanschauung;
Luca Di Terlizzi, attraverso la sua pratica apparentemente esultante, esplora delicatamente le in-
tricate radici dell’umanità, gli abissali elementi ancestrali e i comportamenti unici eppur dissimili
di diverse civiltà. Nelle sue opere, votate ad un sincero e profondo dialogo interiore, convivono ele-
menti figurativi tratteggiati e gesti astratti alquanto decisivi, all’insegna di un approccio espressivo
che diviene linguaggio, adornato, a sua volta, da cromie che nascono da un meticoloso studio antro-
pologico di varie culture. Ciò che ne consegue è un tripudio di immagini legate al simbolismo, alla
filosofia, alle religioni e all’importanza atavica degli aspetti tradizionalmente celebrativi;
Nella sua pratica artistica particolarmente aperta, composita e temprata da un registro stilistico
segnatamente attuale, GianMarco Porru trae principalemte ispirazione dalle culture vivide e dalle
mitologie immortali del mediterraneo. Ciò che ne consegue è un costante interscambio tra passato
e presente volto a creare un dialogo fertile tra le obsolete eppur affascinanti tradizioni popolari, la
narrativa orale e la cultura visiva ulta- contemporanea. Diversi personaggi, elementi e maschere
costellano un immaginario tranchant, ricco e stratificato in cui i rimandi al più atemporale élan vital
si intrecciano sapientemente con l’immensità della letteratura classica, le auliche culture ellenistiche
e le segretezze astrologiche.
testo di Domenico de Chirico