Sholto Blissett – Arboreal
Una mostra di nuove opere dell’artista inglese Sholto Blissett (nato nel 1996 a Salisbury, Regno Unito), la sua prima mostra personale presso la galleria di Milano.
Comunicato stampa
“Il paesaggio non è una forma d’arte, ma un mezzo di comunicazione.”
–W. J. T. Mitchell, Paesaggio e Potere, 1994
Peres Projects è lieta di presentare “Arboreal”, una mostra di nuove opere dell’artista inglese Sholto Blissett (nato
nel 1996 a Salisbury, Regno Unito), la sua prima mostra personale presso la galleria di Milano.
Nella pratica di Blissett, l’idea di paesaggio non descrive solo un motivo o un genere, ma si riferisce anche a un
concetto costruito storicamente da investigare, e a uno strumento visivo attraverso il quale riflettere sul rapporto
tra l’uomo e la natura. Il suo lavoro, a prima vista intriso di una serena semplicità, si colloca all’incrocio tra il suo
amore per la pittura del paesaggio, la sua formazione universitaria in Geografia e l’esperienza della natura durante
le passeggiate o la pesca nella natia campagna inglese. Queste diverse lenti attraverso cui Blissett contempla il
paesaggio danno profondità al suo approccio. I suoi ecosistemi immaginari e disabitati, che prendono forma
sia dall’osservazione che dalla ricerca, e che sono eseguiti in modo simultaneamente naturalistico, fantastico, e
pittorico, indagano su come le società percepiscono, costruiscono e mitizzano il mondo naturale.
In questa mostra, Blissett ritorna sui temi caratteristici del suo approccio compositivo. Al centro della tela si
trovano costruzioni neoclassiche abbandonate, viste da una prospettiva frontale. In primo piano scorrono limpidi
corsi d’acqua, mentre sullo sfondo, sempre presente, una catena montuosa blocca l’orizzonte come un ostacolo
ineluttabile che incombe sulla scena. Nonostante tutto, “Arboreal” sposta l’attenzione su una rinegoziazione delle
dinamiche di potere tra natura e cultura. Come suggerisce il titolo, gli alberi diventano il fulcro di questa nuova
serie, in cui vigorose querce fanno da controparte a spettrali elementi architettonici. “Arboreal” deriva da arbor, la
parola latina per “albero”, e, per una coincidenza non legata alla sua etimologia, contiene anche “boreale”: questo
termine rimanda a un ecosistema dell’emisfero settentrionale, simile alla tundra di cui i paesaggi di Blissett,
rocciosi e spazzati dal vento, ricoperti da distese di muschi e licheni, sono una reminiscenza.
In “Arboreal”, le folies ornamentali e gli alberi si completano a vicenda, formando così un ecosistema in miniatura.
Ogni albero sembra essere stato potato per rispecchiare la silhouette della pietra adiacente; a meno che, al
contrario, un architetto, ispirato dai contorni sorprendenti delle chiome, non abbia deciso di replicarla. Ponendo lo
spettatore di fronte a questo enigma, la pratica di Blissett tocca gli istinti antropocentrici che portano a privilegiare,
spontaneamente, la prima ipotesi. In questo modo, le opere in mostra evidenziano la propensione a cercare di
comprendere la natura proiettando su di essa i comportamenti culturali umani.
Tra la struttura artificiale e il suo omologo arboreo persiste una frattura, più o meno evidente da una tela all’altra.
Spetta ancora una volta allo spettatore percepirla come un divario insormontabile oppure come una lacerazione
in via di ricucitura; si possono interpretare questi scenari come un simbolo di competizione tra uomo e natura, o
come una dimostrazione di mutualismo, una modalità di interazione reciprocamente vantaggiosa tra le specie.
Nella mostra Blissett esplora questo stato di indecisione, infondendo nelle sue tele un certo sentore di disagio.
Le rappresentazioni apparentemente levigate di Blissett richiedono un’ispezione più attenta per poter apprezzare
a pieno l’abilità della sua pennellata, già essa stessa un ecosistema pittorico. Sulle sue tele, infatti, ogni elemento
è trattato con una tecnica diversa, e ogni pennello parla il proprio linguaggio. Il movimento dell’acqua è catturato
attraverso pennellate sciolte e gestuali eseguite con pennelli di grandi dimensioni, mentre la texture di ogni
pietra è resa con tamponamenti meticolosi che emulano il muschio che le ricopre o la luce che si riflette sulle loro
superfici ruvide. A un esame più attento, dietro l’apparente “calma” emerge una certa turbolenza, proprio come
nei paesaggi a cui la pennellata di Blissett dà forma.
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Per coloro che prendono il tempo di approfondire l’opera dell’artista, c’è molto di più da sperimentare al di là
della patina arcadica: i dipinti di Blissett contengono un’inquietudine dilagante. Luoghi di contemplazione e di
immaginazione, le sue vedute sono profondamente radicate nella storia occidentale della pittura di paesaggio che
l’artista rivisita criticamente, e allo stesso tempo risuonano con l’urgenza odierna di ripensare il nostro ruolo, reale
e fabulatorio, nell’ambiente. Come una vite rampicante che si espande su un edificio, i dipinti di Blissett penetrano
gradualmente in chi guarda; nonostante l’assenza di figure umane, fungono da specchi rivolti verso lo spettatore.
Ciò che notiamo, o non notiamo, in queste opere sussurra qualcosa circa la nostra percezione della natura e il
nostro rapporto con essa.
Questa è la prima mostra personale di Sholto Blissett con Peres Projects. Tra le mostre personali più recenti
ricordiamo “Rubicon”, Alexander Berggruen, New York (2023), “New Masters”, Colnaghi, Londra (2022) e
“Ship of Fools”, Hannah Barry Gallery, Londra (2022). Il lavoro di Blissett è stato presentato in numerose mostre
collettive, tra cui “Manscaping”, The Hole, New York (2022), “Lost at Sea”, The Artist Room, Londra (2022),
“Utopia”, Peres Projects, Berlino (2021), “Tree and Leaf”, Hannah Barry Gallery, Londra (2021), “The Earth,
That Is Sufficient”, Nicola Vassell Gallery, New York (2021), “Rites of Passage”, Unit London, Regno Unito (2021),
“London Grads Now”, Saatchi Gallery, Londra (2020), e “Tomorrow: London”, White Cube, Londra (2020).
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