ShowCase – Planar – Armando Perna

Informazioni Evento

Luogo
FONDAZIONE MUSEO PINO PASCALI
Via Parco Del Lauro 119 (70044), Polignano a Mare, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

dal martedì alla domenica ore 10-13 / 16-21. Lunedì chiuso.

Vernissage
14/10/2017

ore 19

Artisti
Armando Perna
Generi
arte contemporanea, personale

Torna nella Project room del Museo Pino Pascali il progetto ShowCase, una serie di mostre che coinvolgono le gallerie d’arte nella presentazione di solo show o progetti curatoriali – disegnati dalle gallerie stesse – nelle stanze della Project room, nel basement del museo.

Comunicato stampa

Torna nella Project room del Museo Pino Pascali il progetto ShowCase, una serie di mostre che coinvolgono le gallerie d’arte nella presentazione di solo show o progetti curatoriali – disegnati dalle gallerie stesse – nelle stanze della Project room, nel basement del museo. Con questo progetto, che chiama in causa artisti internazionali, la Fondazione Pino Pascali vuole dare spazio, all’interno di una sede istituzionale, alle gallerie e ai soggetti attivi in Puglia, ma che operano all’interno del sistema dell’arte su scala nazionale e non solo, offrendo allo stesso tempo agli spettatori un saggio importante della ricchezza presente sul territorio.

Il quinto appuntamento del progetto, che si svolgerà dal 14 ottobre al 12 novembre 2017 (inaugurazione 14 ottobre alle ore 19) è con la galleria Planar di Bari che presenta Armando Perna. L’inaugurazione si svolgerà nell’ambito della Giornata del Contemporaneo indetta da AMACI, alla quale il Museo Pino Pascali aderisce, insieme a Musei e gallerie provenienti da tutta iTalia.

Dahiye: The Southern suburbs of Beirut, questo il titolo, è un progetto fotografico di mappatura e indagine visuale iniziato nel 2013 nei quartieri periferici a sud di Beirut, nasce da una attenta analisi delle complesse vicende storiche, politiche e militari del Libano e intende offrire una riflessione di ordine globale sui temi dell’autorità, della sicurezza privata, dello sviluppo tecnologico e delle trasformazioni del paesaggio contemporaneo e le strette relazioni con la vita quotidiana.

La Dahiye (in arabo “Dahiya”, lett. sobborgo) è un complesso di quartieri periferici situati a sud di Beirut.
In quanto roccaforte del movimento islamico Hezbollah, è stata sottoposta ad un massiccio bombardamento da parte dell’aviazione israeliana durante la seconda guerra del Libano (2006).

Il processo di espansione urbana di Beirut comincia ben prima dello scoppio della guerra civile (1975), ed è inizialmente caratterizzato dal massiccio afflusso di migliaia di braccianti riversatisi in città alla ricerca di lavori sottopagati. In un secondo momento, lo scoppio della guerra civile e soprattutto i ripetuti attacchi di Israele sul Sud del Libano (1969, 1975, 1993, 1996, 2006), hanno determinato il riversarsi in città di centinaia di migliaia di profughi, in maggioranza sciiti, che sono andati ad installarsi in quella che ben presto è stata definita dagli antropologi la “cintura della miseria” .

“L’assoluta incapacità da parte del debole stato libanese di far fronte ad una tale emergenza e di garantire finanche i servizi essenziali, ha determinato la nascita di movimenti che ben presto si sono sostituiti all’autorità pubblica nell’erogazione di tali servizi”, - spiegano i promotori – “intercettando e facendosi rappresentanti dei sentimenti di alienazione di questa povera gente e creando apparati assolutamente paralleli rispetto a quelli statali: il cosiddetto “Stato nello Stato”. Fra questi spicca innanzitutto il “movimento dei Diseredati”, creato dall’imam Moussa Al Sadr con lo scopo di mobilitare la comunità sciita, che costituisce il nucleo dal quale in seguito si svilupperanno i Movimenti Amal ed Hezbollah, che sono gli attuali rappresentanti delle istanze della comunità sciita in seno alla società libanese, nonché i detentori di un potere di fatto in Dahiye”.

La ricerca di Armando Perna è iniziata nel 2013, ed è proseguita fino ad oggi intercettando un altro fattore molto importante nella storia recente del Libano: lo scoppio della guerra in Siria, Paese estremamente legato al Libano, in quanto facente parte di un’unica entità sotto l’impero Ottomano (il c.d. Bilad Al Sham), nonché soggetto attivo nelle dinamiche interne al Libano almeno fino all’assassinio del primo ministro sunnita Rafic Hariri nel 2006, che ha dato avvio alla smobilitazione della presenza siriana in Libano su pressione della comunità internazionale.

La guerra in Siria ha infatti determinato l’afflusso in Libano di più di un milione di profughi, che hanno rappresentato l’ennesima prova per il debole stato libanese. Inoltre, il coinvolgimento diretto di Hezbollah nel conflitto ha determinato, nel biennio 2013/2014, una serie di attentati nella Dahiye, come rappresaglia, ma soprattutto come tentativo di far saltare i fragili equilibri sui quali ancora si regge lo Stato libanese e di trascinare il medesimo nel caos siriano.

Un tale stato di cose ha determinato l’innalzarsi delle misure di sicurezza presenti in Dahiye, che è stata sigillata attraverso una collaborazione delle forze di sicurezza libanesi con quelle di Hezbollah, realizzando quello che sembrerebbe un controllo del territorio basato su due livelli.

In Dahiye è pertanto impossibile effettuare qualsiasi tipo di ripresa fotografica, financo con mere finalità di documentazione. Esistono inoltre interi quartieri che sono stati espunti da qualsiasi piano di mappatura della città. In quest’ottica l’autore ha deciso di utilizzare lo strumento fotografico per colmare questo vuoto di informazioni. Attraverso una mappatura fotografica, l’autore indaga la relazione tra l’autorità, le strategie di controllo e le sue manifestazioni applicate allo spazio urbano, nella sua forma quotidiana.

L’indagine visiva è stata realizzata attraverso una macchina fotografica digitale occultata all’interno di una autovettura e controllata in remoto tramite bluetooth. Il progetto rimanda inevitabilmente al metodo di mappatura utilizzato da Google per la documentazione street view delle città del mondo. L’autore infatti attraversa interamente questo porzione di città all’interno del suo veicolo, collezionando una serie ordinata e infinita di immagini dello spazio urbano. Una forma di mappatura che forza i limiti del possibile e i limiti della sicurezza per riaffermare il ruolo civile dell’artista, trasformando il progetto di ricerca in azione e invito all’azione.

Il lavoro procede su un doppio binario: il primo, con immagini in bianco e nero, opera una sorta di riproduzione meccanica del tessuto urbano, procedendo in parallelo con stralci di mappe estrapolati dalla recente cartografia catastale della città. Il secondo invece, costituito dalle immagini a colori, intende evidenziare e approfondire, mediante la scelta di specifiche scene urbane, gli elementi maggiormente rappresentativi delle dinamiche