Sidival Fila – Tessere la vita
La mostra, che presenta al pubblico una quindicina di opere dell’artista, non si articola su uno specifico tema, ma nasce con l’intento di mettere in rapporto la ricerca di Fila con l’identità specifica della Raccolta Lercaro.
Comunicato stampa
La Raccolta Lercaro è felice di aprire la stagione culturale 2021/22 con una mostra importante, raffinata e densa di significati: Sidival Fila. Tessere la vita, a cura di Andrea Dall’Asta e Francesca Passerini, organizzata e promossa in collaborazione con la neonata Fondazione Filantropica Sidival Fila.
La mostra, che presenta al pubblico una quindicina di opere dell’artista, non si articola su uno specifico tema, ma nasce con l’intento di mettere in rapporto la ricerca di Fila con l’identità specifica della Raccolta Lercaro, fondata dal cardinale Giacomo Lercaro nel desiderio di offrire all’uomo una possibilità di riflessione sul mistero di Dio attraverso la bellezza.
In particolare, Fila dialoga con tre opere cardine della collezione: l’olio con la veduta di via Fondazza (1934) dipinto da Giorgio Morandi, il globo diviso tra buio e luce (2010-11) plasmato da Marcello Mondazzi e la splendida tavola trecentesca di Simone dei Crocifissi raffigurante l’Incoronazione della Vergine (1382) omaggiata dall’artista con un bellissimo lavoro inedito.
Nato nello Stato del Paranà in Brasile e frate minore francescano, Sidival Fila ormai da molti anni ha fatto dell’avventura artistica la propria vocazione. Ago e filo, oggetti di recupero e mani che, con una gestualità sapiente, riconvertono a nuovi significati tele di ieri e di oggi sono le basi del suo fare artistico: il punto di origine del processo creativo è sempre rappresentato da un tessuto usato, depositario di un vissuto irripetibile e di piccole o grandi imperfezioni, come la vita di ciascun uomo.
L’artista accoglie la tela scartata e ne riplasma la superficie attraverso la modulazione di pieghe, la ricucitura di buchi e di lacerazioni, l’aggiunta di lacerti, l’inserimento di fili e, a volte, la ridipintura. Non si tratta di un lavoro puramente estetico e nemmeno solo concettuale, ma di un prendersi cura offrendo allo scarto la possibilità di una vita nuova attraverso la risemantizzazione dei suoi significati.
Nel gesto artistico di Sidival Fila, c’è infatti la pietas di chi sa soffermarsi e chinarsi sulle piccole cose per custodirle, amarle, prendersene cura. Con quel gesto, Fila compie così un battesimo della materia: il tessuto scartato, perché ormai arrivato al compimento della funzione d’origine, viene trasfigurato nella dimensione estetica. La materia fisica, consumata dal tempo e dall’uso, viene riscattata grazie al gesto dell’artista, trasformandosi in strumento di mediazione con l’invisibile.
Certo, i riferimenti artistici non mancano: da Alberto Burri a Maria Lai, da Marisa Merz a Carol Rama, fino all’idea plastica della superficie sperimentata da Piero Manzoni e da Enrico Castellani già dagli anni Cinquanta del Novecento. Tuttavia, nel caso di Sidival Fila, il concetto di superficie non comprende solo il tessuto, ma include anche i fili della cucitura che costituiscono la trama di una nuova e più articolata “pelle” dell’opera sulla quale la spazialità si anima di luci e di ombre.
In un mondo che richiede efficienza, velocità e prestazioni performative le opere dell’artista appaiono fragili poesie silenziose senza tempo. E proprio la dimensione temporale è ciò che colpisce e cattura: l’artista, per ricreare, ha necessità di un tempo lungo, dilatato, scandito dal ritmico reiterarsi di gesti simili l’uno all’altro. È il tempo della preghiera, della riflessione. Apparentemente sempre uguale, circolare, capace di mettere in connessione la dimensione interiore con quella trascendente per mezzo di una gestualità rituale. Nasce così una vita nuova non solo per la materia, ma anche per l’uomo che, davanti a quella trasformazione, ne sa cogliere e riconoscere il mistero.