Silvia Berton – Raccoglievano fichi dai meli
Nelle fotografie i corpi nudi sono in piedi in una chiara solitudine, bagnati solo dalla presenza di una dolce luce, quasi rassegnati.
Comunicato stampa
Skin Gallery, in collaborazione con ContattoDiretto e Bresciattiva.it, presenta in anteprima a Brescia una delle artiste italiane più apprezzate dalla critica indipendente: Silvia Berton. La giovane fotografa veneta propone alcune delle sue più importanti serie fotografiche. La sua ricerca nasce da una grande curiosità che la porta a girare il mondo e a scavare in profondità gli svariati significati che la gente dà ad esso.
Il suo sguardo si posa su tutto senza, apparentemente, dare attenzione a nulla, indaga il freddo che abita i corpi e la natura, il rapporto tra madre e figlia, l’età che avanza anagraficamente lasciando segni indelebili sul corpo ma non nell’anima. Silvia Berton non cade mai in una trappola estetica, svela e smembra lo stato delle cose che noi guardiamo ogni giorno senza essere abili di vedere. I suoi ritratti non sono dolci, i suoi modelli non sorridono, ma come attori fanno un’arcaica danza al suono della sua musica. E' come se mettesse in ogni immagine un pezzo del puzzle della sua anima, come se così facendo riuscisse a ricomporre la propria immagine del mondo. Un' immagine distrutta, tutta all'improvviso, come un vetro che cade in un momento assente della mente.
Una fotografia caratterizzata dalla tipica sospensione della memoria, in una cristallizzazione che non è mai completa, che da qualche parte sempre rimane calda. Immagini mentali che si realizzano in una dura e drammatica realtà. L'estetica della Berton è come un filtro, che usa per poter parlare del mondo interno, nascosto in una sorta di auto biografia. Una specie di rimedio per le sue ferite nascoste e non curate, causate da laconiche parole. Ogni fotografia è un capitolo di una storia mai scritta, ogni ritratto un implicito detto. I suoi corpi nudi sono in piedi in una chiara solitudine, bagnati solo dalla presenza di una dolce luce, quasi rassegnati. Le sole facce felici sono quelle dei bambini, occhi che non hanno ancora perso l'innocenza in una speranzosa ingenuità. Sceglie soggetti che sembrano funamboli che sfilano su una pulita linea tra normalità e volontaria esclusione dalla civiltà. Il suo forte antropologico e sociologico interesse, il suo fascino per lo sconosciuto e il differente la fa muovere a differenti angoli del mondo Francia, Spagna, Portogallo, India, Nepal, Palestina ecc … I suoi lavori sono passi emozionali, che parlano di sentimenti, di vista, di esistenza, sono un personale racconto che ancora deve essere concluso.