Silvia Levenson – Identidad desaparecida
La mostra è dedicata alle Nonne di Plaza de Mayo ed al loro indomito lavoro per ridare un’identità ai figli di desaparecidos, i loro nipoti, strappati dalla dittatura argentina ai loro genitori naturali e illegalmente dati in adozione.
Comunicato stampa
Silvia Levenson, artista di origini argentine che da anni vive in nel nostro paese e i cui lavori fanno parte di numerose importanti collezioni pubbliche e private, si presenta per la prima volta in uno spazio pubblico a Venezia con una mostra personale dal titolo Identidad desaparecida. La mostra, reduce dall’ottima accoglienza ricevuta a Buenos Aires, Washington, Barcellona, Montevideo, Parigi e Riga, è dedicata alle Nonne di Plaza de Mayo ed al loro indomito lavoro per ridare un’identità ai figli di desaparecidos, i loro nipoti, strappati dalla dittatura argentina ai loro genitori naturali e illegalmente dati in adozione. “Anche se i figli dei desaparecidos oggi sono adulti, nel mio lavoro parlo sempre di bambini”, spiega l’artista, “perché è nell’infanzia che il trauma ha avuto origine, quando i militari, sostituendosi agli organi democratici della società argentina, si sono presi il diritto se lasciare in vita o uccidere i genitori negando ogni identità familiare. “Una vicenda dolorosa, tipicamente argentina, ma anche personale per l’artista, che ha visto molti familiari e conoscenti coinvolti direttamente in questa dolorosa vicenda. In mostra sono esposte sculture, installazioni e fotografie di forte valenza evocativa e impatto emotivo, che giocando sulle caratteristiche del materiale vetro – usato fuso, oppure a stampo o come materiale industriale – suggeriscono il distacco, ma anche l’analisi oggettiva del tema affrontato, quello dell’identità strappata. Il vetro, elemento essenziale per contenere e conservare liquidi e alimenti, ma anche per costruire lenti, è l’imprescindibile materia prima del lavoro dell’artista, che nelle sue opere lavora per la conservazione del “corpo della memoria”. Banali oggetti del quotidiano come seggioline, tappeti, altalene e scarpette sono associati a coltelli di vetro, filo spinato, chiodi, puntine. Completa la mostra un’installazione site-specific: 119 vestitini da neonato in vetro fuso – tanti sono i figli dei desaparecidos che hanno potuto conoscere la propria identità biologica grazie all’esame del dna – appesi lungo il perimetro della spazio espositivo in una sequenza ininterrotta, a racchiudere poeticamente e idealmente la mostra e allo stesso tempo ricordo tangibile del doloroso e salvifico lavoro delle Abuelas di Plaza de Mayo. Mostra a cura di Elena Povellato. Catalogo PuntoMarte Editore a cura di Elena Povellato introduzioni di Gabriella Belli e Chiara Squarcina testi di Manuela De Leonardis e Silvia Levenson Si ringrazia Galleria Traghetto Venezia