Slight Agitation 3/4 – Gelitin
“Slight Agitation 3/4: Gelitin” è il terzo capitolo del progetto espositivo ideato dal Thought Council della Fondazione, composto da Shumon Basar, Cédric Libert, Elvira Dyangani Ose e Dieter Roelstraete.
Comunicato stampa
Costituito da quattro commissioni site-specific che si succedono negli spazi della Cisterna della sede di Milano, “Slight Agitation” prosegue nella sua terza fase con l’intervento del collettivo austriaco dei Gelitin, composto da Wolfgang Gantner, Ali Janka, Florian Reither e Tobias Urban. Il loro lavoro segue quello di Tobias Putrih (Slovenia, 1972) e Pamela Rosenkranz (Svizzera, 1979), mentre Laura Lima (Brasile, 1971) sarà l’artista dell’ultima fase di “Slight Agitation”.
Dopo l’installazione di Tobias Putrih che riguardava i concetti di gioco, politica ed emancipazione e il capitolo realizzato da Pamela Rosenkranz che coinvolgeva tutti i sensi dei visitatori per sollecitare reazioni mentali e corporee, i Gelitin realizzano un progetto dal titolo POKALYPSEA-APOKALYPSE-OKALYPSEAP. Le tre grandi sculture che lo costituiscono fanno esplicito riferimento ad archetipi architettonici di derivazione classica (l’arco di trionfo, l’obelisco e l’anfiteatro), sovvertendone le componenti retoriche e monumentali. Concepite tanto come simboli quanto come strutture per un vivere quotidiano, le tre installazioni tracciano un metaforico arco tra ciò che è chiuso e individuale e ciò che è aperto e collettivo, dall’esplicitamente erotico alla gioia sublimata dello stare insieme. Questo intervento si inserisce all’interno della loro pratica artistica che, a partire dagli anni Novanta, si è misurata con la reinterpretazione dell’arte dei totalitarismi e della performance, sviluppando una radicale critica verso le istituzioni. I loro lavori hanno anticipato i codici dell’Estetica relazionale e inventato un linguaggio scultoreo e un approccio all’installazione anarchici e irriverenti.
Lo spazio centrale della Cisterna è occupato da Arc de Triomphe (2003-17), la riproduzione di una figura maschile “alta come un elefante”, realizzata in legno, acciaio e plastilina. Se la forma e le dimensioni della scultura suggeriscono l’idea dell’arco romano, la presenza di una fontana funzionante, inglobata come un elemento fallico nella stessa struttura, trasforma lo spazio espositivo in un luogo collettivo in cui si manifesta in pieno l’approccio liberatorio dei Gelitin.
L’ambiente di sinistra accoglie una scultura “alta come una giraffa”, costituita da blocchi di polistirolo che ricorda, allo stesso tempo, le tipiche costruzioni degli Inuit, un obelisco monumentale o ancora un sigaro disposto su un grande tavolo.
Il terzo lavoro è una struttura a spirale in legno che assume la configurazione di un anfiteatro romano.
I visitatori non solo possono entrare all’interno della scultura e sedersi sugli spalti, ma sono chiamati a fumare una sigaretta al centro dell’installazione. Chi decide di condividere questa azione banale con gli altri spettatori presenti diventa protagonista di una breve performance effimera che, secondo i Gelitin, si colloca a metà strada tra il Teatro dell’assurdo di Samuel Beckett e un’esibizione al karaoke.
Come sottolinea Dieter Roelstrate, “nella storia tripartita di POKALYPSEA-APOKALYPSE-OKALYPSEAP, la questione fondamentale è la riflessione sui fondamenti della scultura così come si esprimono nelle tre tradizionali modalità di manifestazione della materia nell’universo conosciuto: lo stato solido (plastilina, polistirolo, legno), liquido (il getto d’acqua ben direzionato dell’arco di trionfo) e gassoso (il fumo di sigaretta, la polvere che si deposita tutt’attorno); o nella logica liquida delle vie di ‘transizione’ predilette dalla materia: congelamento e scioglimento; condensazione ed evaporazione.”
Il nome del progetto “Slight Agitation” richiama la formula poetica “une légère agitation” con cui lo storico francese Fernand Braudel ha descritto in una sua opera la marea del Mediterraneo. L’espressione è mutuata dal Thought Council per indicare interventi di artisti diversi fra loro sia in termini teorici che pragmatici, chiamati a interferire e dialogare con il contesto spaziale e a imprimere con i loro lavori una nuova tensione creativa all’interno della sede di Milano della Fondazione. Le quattro proposte puntano a coinvolgere lo spettatore nella sua dimensione fisica e corporea, modificando la sua percezione sensoriale e influenzandone l’esperienza diretta di visitatore e fruitore dell’opera.