Social Photo Fest
Nove giorni di mostre fotografiche, workshop ed eventi. Due le declinazioni di fotografia sociale alla base della manifestazione: fotografia intesa come denuncia e riflessione e fotografia come terapia, come mezzo per dare voce a chi spesso viene dimenticato dalla nostra società.
Comunicato stampa
Raccontare, denunciare, aprire le coscienze tramite un’immagine, un dettaglio: è questo che rende la fotografia sociale uno straordinario mezzo di comunicazione. «Perché», sostengono gli organizzatori, «crediamo che in una società come quella attuale, definita appunto società dell’immagine, ci sia una profonda esigenza di creare o forse ricreare una cultura dell’immagine. Viviamo circondati da immagini, ma spesso non sappiamo più distinguere genere e qualità; allo stesso modo oggi molti fotografano, ma pochi riescono davvero a raccontare e ad esprimersi attraverso le immagini. Perché crediamo che la fotografia sia un mezzo insostituibile per “fare memoria visiva”. Perché la fotografia è indispensabile per comunicare idee e culture di singoli e comunità. Perché la fotografia può ispirare un cambiamento sociale attraverso la presa di coscienza sullo straordinario, bello o brutto, che è sotto gli occhi di tutti ma che molto spesso viene ignorato. Perché la fotografia può essere uno strumento fondamentale di comunicazione, di riattivazione della percezione, di riattivazione di una spinta interiore personale soprattutto laddove c’è una difficoltà di comunicazione. Perché la fotografia può essere anche strumento di inclusione sociale soprattutto in quelle persone che “non hanno voce”».
Con queste premesse, nasce il Social Photo Fest (www.socialphotofest.org), festival dedicato alla fotografia sociale e terapeutica, articolandosi in due edizioni annuali. Dopo l’esperienza toscana svoltasi a Piombino dal 25 maggio al 3 giugno 2012, il Festival replica in Umbria: dal 10 al 18 novembre, a Perugia Villa Fidelia (Spello) - nove giorni di mostre fotografiche, workshop ed eventi. Due le declinazioni di fotografia sociale alla base della manifestazione: fotografia intesa come denuncia e riflessione e fotografia come terapia, come mezzo per dare voce a chi spesso viene dimenticato dalla nostra società.
25 le mostre fotografiche programmate. La natura sociale del festival sarà rappresentata da mostre di fotografi che utilizzano la fotografia per raccontare storie (piccole o grandi che siano) che fanno riflettere, comunicare, comprendere, esplorare. Storie normalmente non raccontate, ma che necessitino di essere portate alla luce. Sono storie che vale la pena raccontare e condividere in modo da poter ispirare, anche il semplice spettatore, a riflettere sulla necessità di un cambiamento sociale che parta dal basso. In questa sezione, per citarne alcuni: il gruppo Shoot4change con i lavori dell’italoamericano Angelo Merendino (The battle we didn’t choose) e di Jenn Ackermman (Trapped) e con l’appassionata visione di Antonio Amendola (Fracture zone: Afghanistan). Ma anche il Collettivo TerraProject, il bianco e nero di Pino Bertelli, i giocattoli di Gabriele Galimberti o l’intenso lavoro “Generationen” della fotografa tedesca Gundula Friese. Ed ospiterà inltre il Progetto Inside Out/L’Italia sono anch’io.
Molto ricca la sezione dedicata alla fotografia terapeutica/fototerapia, con workshop, incontri pubblici, una giornata di studio che sarà l’occasione per confrontare esperienze, approcci e metodologie di una disciplina in costante evoluzione, mostre. Fabio Piccini, medico e psicoanalista junghiano, ci aiuta a capire meglio l’argomento: « Con il termine di Foto-Terapia si intendono tutti quegli interventi terapeutici nel corso dei quali uno psicoterapeuta, o un arte-terapeuta, utilizzano la fotografia per aiutare un paziente a risolvere un proprio problema. Con il termine Fotografia Terapeutica, si intendono invece tutti quegli interventi, più spesso messi in atto da persone che non sono terapeuti, miranti ad utilizzare la fotografia a scopi esplorativi, di auto-indagine, o di auto-consapevolezza. Risultano pertanto evidenti le principali differenze tra questi due ambiti di utilizzo della fotografia. Nel primo caso essa viene utilizzata come strumento terapeutico vero e proprio all’interno di un setting clinico (ad esempio in centri riabilitativi psichiatrici, o nella terapia di disturbi psicologici). Nel secondo caso viene invece impiegata come uno strumento ‘facilitatore’ all’interno di contesti non clinici (scuole, corsi di formazione, centri sociali, etc), allo scopo di aiutare le persone a diventare maggiormente consapevoli di alcuni aspetti della propria personalità e dei propri modi di essere.
Con queste modalità, da qualche anno, la fotografia si è conquistata un posto di tutto rispetto nell’ambito dell’arte terapia, caratterizzandosi come un mezzo espressivo potente e di facile utilizzo, che si sta rapidamente diffondendo anche in Italia. Tale diffusione dipende proprio dalle peculiari caratteristiche dello strumento fotografico che lo rendono particolarmente adatto a questo tipo d’uso.
Il Festival ospiterà quindi Judy Weiser, psicologa di fama internazionale, fondatrice del PhotoTherapy Centre di Vancouver (Canada) e uno dei massimi esponenti mondiale di fototerapia; Cristina Nunez, artista e fotografa spagnola che ha elaborato il metodo The Self-Portrait Experience®; PhotoVoice, gruppo britannico che utilizza innovative tecniche di fotografia partecipativa all’interno di comunità svantaggiate ed emarginate allo scopo di promuovere un cambiamento sociale attraverso la possibilità di rappresentare se stessi e di comunicare con la propria “voce”; PSYForte Center, gruppo russo composto da foto terapeuti, psicologi, artisti che usano metodi innovativi basati su tecniche di fototerapia, fotografia terapeutica, videoterapia, digital storytelling; Sabine Korth, fotografa, artista, specializzata nel fotomontaggio. Con il suo metodo “FreeTransform” rielabora gli album di famiglia; Anna Fabroni, giovane artista italiana che, partendo da una esperienza personale, ha strutturato un metodo che utilizza l’autoritratto come modalità di indagine introspettiva.
Il Social PhotoFest getta così le basi per diventare un punto di riferimento a livello nazionale nel settore ed un'occasione imperdibile per gli esperti o per chi muove i primi passi nella fotografia terapeutica per condividere esperienze, fare formazione, conoscersi ed elaborare strategie di lavoro condivise. L’ampia adesione al progetto anche di strutture europee e internazionali è la conferma dalla specificità e dell’importanza della manifestazione.