Somebody’s watching me
Una collettiva che racconta le mostre degli ultimi due anni e che anticipa la prima personale del pittore sanmarinese Juan Carlos Ceci, prevista in primavera. Sedici artisti tra pittura, fotografia, scultura, installazione, nati tra il 1960 e il 1991.
Comunicato stampa
SOMEBODY’S WATCHING ME, una collettiva che racconta le mostre degli ultimi due anni e che anticipa la prima personale del pittore sanmarinese Juan Carlos Ceci, prevista in primavera. Sedici artisti tra pittura, fotografia, scultura, installazione, nati tra il 1960 e il 1991.
(no particular order)
Cosimo Terlizzi (1973), Giulio Zanet (1984), Virginia Zanetti (1981), Karin Andersen (1966), Maria Giovanna Zanella (1991), Elisa Muliere (1981), Ettore Pinelli (1984), Jacopo Valentini (1990), Giulia Dall’Olio (1983), Beatrice Meoni (1960), Mustafa Sabbagh (1961), Filippo Riniolo (1986), Mattia Zoppellaro (1977), Vincenzo Marsiglia (1972), Juan Carlos Ceci (1967), Orticanoodles (1977).
Sedici provenienze diverse, sedici percorsi diversi, più di sedici opere in esposizione. Un viaggio negli ultimi due anni della programmazione di galleria, attraverso i quali lo spettatore viene accompagnato all’interno di linguaggi e storie personali e-o universali, di tematiche intimiste e-o che riguardano la collettività.
Ogni opera esiste in quanto vista, in quanto guardata ... and they have no privacy, come recita Kennedy William Gordy in arte Rockwell nella sua celebre hit degli anni 80 Somebody’s Watching Me.
Di cosa sta parlando Rockwell ? Di cosa ha paura ? Cosa teme ?
Secondo la Psicoanalisi Rockwell potrebbe soffrire di Ophthalmophobia, ovvero la sensazione di essere osservati. Ophthalmophobia è un termine proveniente dalla parola greca ὀφθαλμός _ophthalmos, che significa "occhio".
Uno dei primi a studiare il fenomeno fu Edward Titchener, noto psicologo della fine del XX secolo fondatore della psicologia strutturalista, nonché una delle figure che ha approfondito maggiormente lo studio della mente e anche il fenomeno dell’introspezione. Nel 1898 decise di pubblicare uno studio su questa patologia, dopo aver conosciuto tante persone che affermavano di sentirsi osservate o, ancora peggio, di poter capire quando qualcuno le stava osservando senza alcun bisogno di voltarsi.
C’è chi ritiene che il fenomeno non sia altro che egocentrismo. Pensare di essere il centro degli sguardi altrui. Ebbene questa convinzione non è completamente vera né si adatta a ciò che ci dicono gli scienziati. Lo stesso Edward Titchener segnalò a suo tempo che questa esperienza non è altro che un ulteriore meccanismo di sopravvivenza. In realtà ha una finalità ben specifica che non è altro se non quella di farci rimanere vigili. Tutto quello che succede alle nostre spalle può essere pericoloso. La nostra mente lo sa, il cervello ha il controllo visivo su tutto ciò che abbiamo di fronte, ecco perché a volte ci fa percepire di essere osservati, per metterci in allarme nel caso in cui dobbiamo difenderci o scappare.
L’ophthalmophobia è come un terzo occhio mentale in grado di percepire al di là del nostro normale campo visivo, per avvertirci che qualcosa sta accadendo, cosi come le opere d’arte sono una estensione del pensiero e della mente degli artisti stessi.
Ma andando oltre, potremmo anche affermare che le stesse opere siano entità che ci guardano, che ci osservano attendendo il momento giusto per entrarci dentro.