Spazi igroscopici
La mostra intende indagare il medium carta – e derivati – secondo la prospettiva di alcuni artisti, storicizzati e non, il cui lavoro è connesso in particolar modo a ricerche sullo spazio nelle sue differenti declinazioni.
Comunicato stampa
La mostra intende indagare il medium carta – e derivati – secondo la prospettiva di alcuni artisti, storicizzati e non, il cui lavoro è connesso in particolar modo a ricerche sullo spazio nelle sue differenti declinazioni.
L’igroscopia è la capacità di quelle sostanze che tendono ad assorbire le molecole d’acqua presenti nell’ambiente circostante; tra queste, la carta, il supporto che congiunge le opere degli artisti coinvolti per questo progetto. Gli spazi igroscopici sono proprio quelli concepiti dagli artisti in mostra, che in momenti diversi, seguendo attitudini differenti e operando in latitudini culturali spesso opposte tra loro, hanno inteso costruire un lavoro analitico sulla spazialità.
Artisti legati a differenti aree d’indagine, nell’ambito del loro lavoro hanno declinato le potenzialità di questo supporto rispetto alle loro specifiche esigenze, esasperando talvolta i principi stessi del medium, connettendolo con altri, muovendosi sul doppio crinale della bidimensionalità e della tridimensionalità, che un uso meditato della carta consente.
Spazi igroscopici punta una lente d’ingrandimento sulla carta, intesa come presupposto progettuale che coincide con l’opera compiuta, indagata su differenti aree geografiche e di pensiero: dal fronte minimalista di Sol Lewitt e David Tremlett, passando per lo spazio sociale e antropologico di Ugo La Pietra; dalla progettualità scultorea e monumentale di Pietro Consagra a quella multimediale di Umberto Bignardi, al segno morbido e filiforme di Fausto Melotti, allo spazio della parola di Aldo Spinelli e David Reimondo; al rigore formale perseguito da due giovani artisti come Francesco Arena e Daniele D’Acquisto e da due maestri che hanno avviato il proprio percorso negli anni Sessanta e Settanta come Hidetoshi Nagasawa e Natalino Tondo.
La coralità della mostra – con le oltre trenta opere esposte – risiede anche nella convivenza di lavori di artisti consacrati e più appartati, nell’ottica di un percorso che intende studiare e valorizzare i singoli sviluppi, rintracciando connessioni di pensiero e operatività anche su personalità apparentemente distanti.
Tutti loro utilizzano lo spazio dell’opera – e quindi la carta e i suoi derivati – con un approccio progettuale: alcuni adottandola come supporto preparatorio per lo studio di una scultura o di un’installazione; altri come mezzo espressivo dotato di totale autonomia rispetto alla scultura, genere che solitamente prediligono nelle loro ricerche; altri, come materiale da declinare nella sua tridimensionalità, quindi virando verso la spazialità plastica vera e propria.
Le opere, alcune delle quali di grandi dimensioni, inedite e concepite o riallestite per l’occasione, propongono pertanto un itinerario tra gli sviluppi e gli utilizzi plurali di questo supporto, oltre le componenti tradizionali del disegno in senso stretto, che invece non riguardano specificatamente il progetto espositivo.
Il catalogo in mostra, edito per l’occasione, propone un testo del curatore, apparati biografici, bibliografici ed espositivi degli artisti e fotografie delle opere installate nello spazio della galleria.