Splendor in the brush
Un’esposizione collettiva sulla pittura, intesa come medium artistico per eccellenza, e sulle sue molteplici declinazioni espressive, dalla videoart alla streetart.
Comunicato stampa
LIS10 Gallery è lieta di annunciare l’inaugurazione della sua prossima mostra mercoledi 29 gennaio alle ore 18:30.
Un’esposizione collettiva sulla pittura, intesa come medium artistico per eccellenza, e sulle sue molteplici declinazioni espressive, dalla videoart alla streetart. Un’analisi e una risposta critica alla domanda retorica #howcanweexhibitpaintingtoday .
Un progetto curato da Alessandro Romanini che coinvolge otto artisti scelti per le loro diversità, geografiche, di stile e d’approccio, ma accomunati dalle loro opere che dialogano tra storia e cronaca, poesia e filosofia, tradizione e sperimentazione, museo e strada, affermando l’attualità dell’antico medium pittorico che oggi rappresenta un antidoto efficace contro le immagini omologate dei mass media. Gino de Dominicis diceva “La pittura non è una forma di espressione tradizionale, ma originaria, quindi anche del futuro”, ed è in questo contesto di sperimentazioni che essa stessa palesa le sue innovazioni.
“Come dimostrano le tecniche miste di Frédéric Bruly Boaubrè - artista che ha esposto tra le altre alla Biennale di Venezia, Documenta a Kassel, Tate Modern, Centre George Pompidou – sodale di Alighiero Boetti, con cui ha esposto al Dia Center for the Arts di New York nel 1995 - che promanano dalla storia e dai riti delle popolazioni Bètès della Costa d’Avorio e gli ieratici dipinti di Gino De Dominicis ispirati dalle culture e dai miti mesopotamici. Non sfuggono a questa attitudine i dipinti del ceco Jan Knap e del tedesco Peter Angermann, già allievi sul finire degli anni 60’ di Joseph Beuys e Gerhard Richter all’Accademia di Dusseldorf e cofondatori del Normal Group per il rilancio della pittura nel 1979, in contemporanea con la Transavanguardia in Italia e il Neoespressionismo in Germania. Knap e Angermann sono i portabandiera di una pittura sostenuta da un’idea filosofica e naturalistica innestata su un sapiente impianto compositivo, scevra da intellettualismi.
Le visioni della sud coreana Yongsuk Yoon – reduce dal successo dell’ultima edizione di Art Basel - fluttuano all’incrocio fra reale e onirico, memori allo stesso tempo del modernismo americano, del paesaggismo lirico bidimensionale e del calligrafismo orientale. Nonostante le distanze geografiche, la stessa atmosfera poetica, trovano riscontro le opere dello scandinavo Helgi Friodjonsson, – artista che ha rappresentato l’Islanda alla Biennale di Venezia - con una pittura che esibisce una solida struttura compositiva, pervasa dall’afflato delle fiabe e delle saghe nordiche, come ci ricorda Elena Pontiggia nel saggio dedicato all’artista. Le opere dell’egiziano Wael Shawky, protagonista sui palcoscenici artistici internazionali, strutturano una dialettica fra la dimensione religiosa e quella politica, fra i simbolismi mediorientali e l’espressionismo occidentale. Teo Pirisi “Moneyless” è uno dei pionieri e protagonisti della street art italiana, che ha saputo mantenere nel corso degli anni l’energia eversiva della cultura urbana, armonizzandola con gli stilemi della tradizione optical e cinetica, sviluppando una poetica che mette in sinergia gli interventi murali a livello internazionale con il lavoro su tela in studio. “ Alessandro Romanini
Nella FluidRoom, sarà ospitato il video Al Aqsa Park dell’artista Wael Shawky.
Una digital animation che mostra la sommità della cupola delle rocce del Tempio di Gerusalemme che come una giostra, fuoriuscita dai suoi binari, ha delle luci che continuano a balenare ruotando attorno al suo proprio asse. L’artista egiziano noto per la sua attenzione alla cultura contemporanea vista attraverso la lente della tradizione storica e viceversa, mischia armonicamente verità e menzogna, stupore infantile e dottrina spirituale. Wael attraverso quest’opera ci mostra uno dei simboli centrali del conflitto fra israeliani e palestinesi, il luogo sacro che entrambi reclamano, e lo fa attraverso le sue ricerche d’identità etnica, religiosa e artistica che spesso sono declinate nelle diverse forme espressive dell’arte come, pittura, film, fotografia, performance, e storytelling.