Stacy Gibboni – Show and Tell
L’arte di Stacy Gibboni ci assale con il suo colore, ogni pennellata costruisce una rete di segni in cui ci viene chiesto di entrare per essere parte del suo paesaggio. Un paesaggio mentale dove il nostro occhio vaga come una farfalla sopraffatta di ebbrezza nell’immenso batuffolo giallo, che si arresta a bere rossi sanguinolenti e azzurri plumbei, per immergersi infine in quello spazio bianco carnale, dove finalmente riposa.
Comunicato stampa
L’arte di Stacy Gibboni ci assale con il suo colore, ogni pennellata costruisce una rete di segni in cui ci viene chiesto di entrare per essere parte del suo paesaggio. Un paesaggio mentale dove il nostro occhio vaga come una farfalla sopraffatta di ebbrezza nell’immenso batuffolo giallo, che si arresta a bere rossi sanguinolenti e azzurri plumbei, per immergersi infine in quello spazio bianco carnale, dove finalmente riposa.
Show and tell
Testo critico di Natasha Bordiglia
L’arte di Stacy Gibboni ci assale con il suo colore, ogni pennellata costruisce una rete di segni in cui ci viene chiesto di entrare per essere parte del suo paesaggio. Un paesaggio mentale dove il nostro occhio vaga come una farfalla sopraffatta di ebbrezza nell’immenso batuffolo giallo, che si arresta a bere rossi sanguinolenti e azzurri plumbei, per immergersi infine in quello spazio bianco carnale, dove finalmente riposa. Il ritmo richiesto nel seguire le pennellate è un ritmo sincopato, dove le battute si inseguono e si richiamano in una sorta di danza circolare in cui siamo chiamati a partecipare. La partecipazione richiesta è intensa e intima: una storia in cui entrare.
Una storia – tante storie – emergono dalle grandi e piccole tele dove la scena rappresentata è sempre una scena ritagliata, in cui elementi isolati - siano essi boccioli, petali, foglie, alberi - creano, per autonomi risucchi compositivi, la spazialità del quadro. La trascrizione istantanea del motivo naturale, scelto come soggetto dell’opera, si distribuisce sulla superficie pittorica secondo necessità formali dettate da una pittura vissuta come momento di scrittura autobiografica. Lo stesso scarso interesse per il livello di rifinitura delle tele, la presenza di sgocciolamenti, la scelta di non preparare la tela con basi in gesso, si legano all’energia espressiva inaugurata da Jackson Pollock, pur se nel lavoro di Stacy Gibboni quell’energia è sempre mista ad una profonda gioia dell’esistere. A volte, però, il segno e il colore sono insufficienti a descrivere e comunicare l’energia intrinseca, ed è qui che entrano in gioco l’uso e la scelta di materiali di recupero che hanno già in sé un vissuto.
Recuperando stilemi tipici della cultura neoespressionista, ritrae elementi carichi di vitalità che esprimono la gioia e la forza della natura. Con neoespressionismo intendiamo quella reazione all’arte concettuale e minimalista, che si esprime con il ritorno alla raffigurazione formale di oggetti riconoscibili, ritratti in modo vivido e forte. Stacy Gibboni porta sulla scena del quadro i paesaggi del suo passato, gli ampi spazi americani colti attraverso i dettagli luminosi che li costruiscono. La relazione che l’artista ha con il mondo naturale è una relazione che si comprende solo ricordando le sue origini, la sua vita. Americana, nata in Arizona, cresciuta in New Jersey, ha vissuto per molti anni in Georgia sulle coste dell’oceano. Quelle stesse vedute a perdita d’occhio sono elementi del suo mondo pittorico, dove la prospettiva è assente, la visione è frontale, il colore abbagliante.
Il linguaggio pittorico usato dall’artista recupera peraltro anche elementi concettuali, in particolare la scrittura, presenza quasi costante nelle sue opere, che spesso ne costituisce il tessuto. Stacy Gibboni utilizza la parola contestualmente come segno grafico e come significante, la sottopone a manipolazioni, la riduce a semplice rilievo. Nascono così lavori come Take Three, in cui la scrittura assume un ruolo sempre maggiore nel dipinto mediante l’inserzione di parole a volte appositamente cancellate o semi cancellate per attirare l’attenzione di chi guarda e invitarlo a ricostruirne il senso. Accostandosi a Cy Twombly nell’usare una grafica elementare realizzata da frammenti verbali, usa le parole come fossero pennellate. Tale orientamento stilistico si acuisce nei lavori che appartengono al periodo che potremmo definire “bianco” in cui il colore scompare per lasciare il posto alla scrittura. Non assistiamo solo alla massiccia presenza di parole, lettere, frasi ma la pennellata vigorosa di colore che informa i dipinti a soggetto naturale, come Piccante, lascia il posto alla grafite, alla matita. In questo caso è il tratto del disegno ad essere usato come fosse testo scritto. L’assidua frequentazione con l’artista Angiola Churchill, nelle cui opere è notoriamente assente il colore, e i periodi
sempre più lunghi di permanenza a New York, determinano sicuramente questa svolta stilistica. La cultura metropolitana con cui è sempre più a contatto porta inevitabilmente ad una variazione nell’uso dell’elemento grafico e nella scelta di soggetti: scompaiono gli elementi naturali colti nella loro vitale esplosione e emergono forme sempre più stilizzate, quasi astratte, anche nelle tele di grandi dimensioni come Jungle Scape. Dietro la maschera di motivi codificati, dalle sue opere di questo periodo emerge un senso di vuoto rabbioso, che cela una fitta rete di allusioni riconducibili ad un momento della sua esistenza dove il suo essere artista è oppresso da incombenze materiali a cui non può sottrarsi.
La visitazione delle possibilità espressive del bianco e del segno grafico è gravida di conseguenze per il suo operare artistico: l’attenzione ora si sposta verso altri mezzi artistici e Stacy Gibboni si dedica all’esplorazione del video, della fotografia, della performance e dell’installazione. Il periodo in assenza di colore l’ha posta davanti a nuove possibilità di ordito compositivo che sono ricercate in altre espressioni quasi a sottolineare un’impossibilità della pittura in assenza di colore. Ed ecco allora prendere forma video come White Picket Fence Included, ancora venati di amara gravità, dove la natura non è più vastità ma costrizione, visioni paesaggistiche limitate da una serie di staccionate. L’architettura ha occupato il posto che una volta era della natura. Ancora un soffio vitale naturalistico persiste ma è breve e agonizzante. Il senso di infinito che permea i suoi dipinti si è perso ed è stato sostituito dai gesti dell’uomo diventati solide pietre. Forse è proprio per questo che lo stesso slancio vitale presente nelle sue prime opere lo ritroviamo intatto nei lavori su carta fatti a New Orleans. Dopo Katrina, solo la natura ha resistito, le opere dell’uomo sono andate tutte completamente distrutte. E in queste opere l’uso del colore è mirabilmente accordato con l’uso della grafite su carte riciclate, recuperate dall’abbandono. La metamorfosi è avvenuta, l’aver attraversato un periodo “bianco” ha portato l’artista ad un perfezionamento del suo stile ormai perfettamente riconoscibile nella pur vastissima produzione artistica contemporanea. Il colore, mai del tutto abbandonato – ricordiamo che le tele a motivi naturali non sono mai del tutto scomparse dalla sua produzione artistica – ma oscurato per un certo periodo da un’attenzione rivolta ad altri processi, ritorna con estrema forza sia nelle opere che appartengono alla serie Musical Chairs sia negli ultimi dipinti dove sono presenti soggetti tratti dal mondo della natura. L’opera di Stacy Gibboni in Musical Chairs ci presenta un oggetto a noi molto familiare isolato dal suo ambiente, fluttuante in muri di colore, dando la possibilità a chi guarda di vivere la sedia come oggetto emozionale. La relazione con l’oggetto è questione di una singola emozione, le sedie come ritratti senza volto aspettano di essere definite da chi guarda, aspettano di essere udite.
Tutta l’opera di Stacy Gibboni è una storia che aspetta di essere ascoltata, un’emozione che attende di essere percepita. Una storia – tante storie – come quelle che raccontano i piccoli americani durante i loro primi giorni di scuola ai loro compagni nel gioco chiamato appunto Show and tell.
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Stacy Gibboni
Studi
2002 Master of Arts: Pittura, New York University, New York, Stati Uniti
1992 Laurea in Belle Arti: Pittura, Savannah College of Art and Design, Georgia, Stati Uniti
Personali
2011 Junkyard Essays, Gallery Old Stone, Cleveland, Stati Uniti
Junkyard Essays, esposizione collaterale alla LIV Biennale di Venezia, Venice Jazz Club, Italia
2009 It’s Just a Bed, Drawing & Text, Venezia, Italia
2001 My Space, Raphael Essebag Gallery, Montreal, Canada
2000 Trees and Scenes, Gallery SPACE, Savannah, Georgia, Stati Uniti
1999 Stacy Gibboni, Bothwell Gallery, Savannah, Georgia, Stati Uniti
1998 Paintings, Armstrong Atlantic State University Gallery, Georgia, Stati Uniti
Paintings, Kentuck Museum of Art, Northport, Alabama, Stati Uniti
1997 Gibboni, City Market Art Center, Savannah, Georgia, Stati Uniti
1995 Texture and Color, Performing Arts Center, New Jersey Stati Uniti
1994 On the Horizon, Physick Estate, Cape May, New Jersey Stati Uniti
1993 Georgia Sunset Series, Tybee Island, Georgia Stati Uniti
Collettive eslezionate
2011 Colori e Parole…nei luoghi dell'anima, Art Expo, Rocca Di Senigallia, Italia
Drawing Connections, Paul Getty's Siena Art Institute, Siena, Italia
Liber Chronos Internationale, Artist Book, Turning Leaves, Osnabruck, Germania
Biennale Internazionale del Libro D' artista, Nabila Fluxus,Treviso, Italia
Portraits: Musical Chairs, Chace Randall Gallery, Andes , New York, Stati Uniti
2010 A Book About Death, Homage to Ray Johnson, Treviso, Italia
2008 Don’t Hold Your Breath, Centro Culturale Candiani, Venezia, Italia
2002 Absurd Words, Rosenberg Gallery, Curator Cris Moss, New York, Stati Uniti
Thesis Exhibition, 80 Washington Square East Galleries, New York, Stati Uniti
2001 Pensieri del Giorno, Linea Daqua Cultura Spettacolo, Venezia, Italia
Meta Tempo, IUVA Galleries, Venezia, Italia
Clara e gli americani, Il chiaroscuro, Brescia, Italia
Group Show, Marcel Scheiner Gallery, Hilton Head Island, South Carolina, Stati Uniti
2000 3 x 1, Punta Della Dogana, Venezia, Italia
Sit Here in My Space..., NYU Exhibition, Venezia, Italia
1999 Georgia Art Educators Exhibition, AASU, Savannah, Stati Uniti
100 Blackbird Blessings, Robert Lowery Gallery, Athens, Georgia Stati Uniti
1998 The Family Show, Robert Lowery Gallery, Georgia, Stati Uniti
A Different Drum, Savannah International Arts Festival, Stati Uniti
1997 Artist Helping Artist / AHA HO HO SHO, Georgia, Stati Uniti
Fire Marsh, Light Waves Gallery, Georgia, Stati Uniti
1996 Artist Helping Artist / AHA HO HO SHO, Georgia, Stati Uniti
At Night, Light Waves Gallery, Georgia, Stati Uniti
Fall Show, Savannah Art Association, Georgia, Stati Uniti
Juried Regional Exhibit, Telfair Museum of Art, Stati Uniti
Fall Marsh, Light Waves Gallery, Georgia, Stati Uniti
Vernisage, Savannah Fine Arts, Stati Uniti
1995 Mixed Media Affair, Tybee Island, Georgia, Stati Uniti
Summer Show, Savannah Art Association, Georgia, Stati Uniti
1994 Peaches at Sunset, Cape May, New Jersey, Stati Uniti
Washington Inn, Jazz, Cape May, New Jersey, Stati Uniti
1993 Fall Show, Savannah Art Association, Georgia, Stati Uniti
Views of Gibboni & Steinwart, Man in the Moon Gallery, GA, Stati Uniti
1992 Merlins Vision, Tounge and Groove Gallery, Florida, Stati Uniti
Brighter Day Annex, A Day Show, Georgia, Stati Uniti
Senior Exhibit, Savannah College of Art and Design, Stati Uniti
Collaborazioni artistiche
2007 The Path, Biennale Lodz International Contemporary Museum, Polonia
2006 Trilogy: A tale of Courage Then and Now, Casa di Ludovico Ariosto, Ferrara, Italia
Un Luogo Bianco, Palazzo Reale Napoli, Napoli, Italia
2005 I Love You performance by Yoko Ono, video documentary, Venezia, Italia
2004 Pandora’s Box, Biennale Donna XI, Museo Palazzo Bonacossi, Ferrara, Italia
2003 Oltre il Giardino, Museo di Palazzo Fortuny, Venezia, Italia
Public love, a connective work, Museo Fortuny, Venezia, Italia
Behind the Scenes of Public, video documentary, Venezia, Italia
The drama of love, film by Anita Sieff, Venezia, Italia
We Are The World, Alicia Framis, Dutch Pavilion, Biennale di Venezia, Italia
Buddha a San Marco, Visual Artist – Judy Harvest, video documentary, Venezia, Italia
2002 Peacock Series, Glass Artist – Kate Rhodes, video documentary, Venezia, Italia
film / video projects
2012 White Picket Fence Included, video, Venezia, Italia
2011 Junkyard Essays, video, Venezia, Italia
2002 Cinque Finestre ,short film, Venezia, Italia
Aesthetic Text, video series, Project NYU, New York, Stati Uniti
Do Over, video, New York, Stati Uniti
2001 Motion, video, Venezia, Italia
commissions
2010 JMC Salvage Installation, Riciclarti: Cantiere Arte Ambientale, Curatore Natasha Bordiglia, Padova, Italia
1999 Elaine de Koonings the Baseball Players: Tactile Reproduction for visually impaired
corporate collections
Westin Resorts - Aruba
Marriott Corporation – Florida
Clara Scarampella –Lombardia, Italia
R. Finz – Manhattan Reporting Company, New York, Stati Uniti
Banchetti e Rinfreschi, Venezia, Italia
Newhouse & Company, Londra, Inghilterra