Stefania Galegati Shines – Milano Marittima
Milano Marittima è un lavoro complesso, articolato, racconta cosa è accaduto negli anni in questo Paese. E lo fa a partire dall’idea neutra e democratica del mare.
Stefania G sviscera le suggestioni che riceve ripensando agli anni Cinquanta, ripensando alle dinamiche sociali che l’inizio della modernità ha lentamente, e inesorabilmente, innescato nella società contemporanea.
Comunicato stampa
E’ un martedì mattina. È giugno.
Esco di casa, il sole è caldo e invitante. Sono di buon umore.
Stefania G mi aspetta. Con lei e Francesco P ragioniamo sulla sua personale allo spazio BAD New Business di Milano.
Il titolo è: Milano Marittima.
Quando arrivo a casa di Stefania G, mi accoglie il calore di famiglia felice, un profumo di buono. Mi accoglie il sorriso di Nina.
Io e Stefania G ci sediamo al tavolo da lavoro, in mano stringiamo una tazza di caffè e latte.
Stefania Galegati Shines ha la rara capacità di essere diretta e semplice, vera.
Ho sempre pensato di lei che è un’artista raffinata. Lo è il suo pensiero.
Milano Marittima è un lavoro complesso, articolato, racconta cosa è accaduto negli anni in questo Paese. E lo fa a partire dall’idea neutra e democratica del mare.
Stefania G sviscera le suggestioni che riceve ripensando agli anni Cinquanta, ripensando alle dinamiche sociali che l’inizio della modernità ha lentamente, e inesorabilmente, innescato nella società contemporanea.
Mi mostra tre gruppi di opere.
É meglio ricordare i giorni più felici che possano per sempre ritornare...: è la proiezione di 230 scatti di bagnanti, è un lavoro del 2011, sullo sfondo appare una lunghissima spiaggia popolare e affollata della Romagna verace. Ma é anche uno stralcio della canzone che accompagna l'opera.
Pirates, 2011: sono pitture su tela a righe colorate, come quella delle sdraio.
The Scientists, 2006: é una pittura senza luogo e senza tempo, con un gruppo di persone, studiosi. Sembrano smarriti e immobili.
E poi Stefania G mi parla di un’installazione trait d’union tra interno ed esterno, tra spazio fisico e spazio mentale. Questa idea mi piace molto.
Tutte insieme queste opere articolano una narrazione, completa e sottile, sul senso del tempo che trascina con sé abitudini indotte, mode, scorie di un tempo un po’ corrotto. Un sistema che crea falsi bisogni, distorce la quotidianità, altera la realtà.
Mentre Stefania G mi parla, ci accompagna in sottofondo una canzone melodica di Don Marino Barreto Jr. si chiama Telefonami. È la colonna sonora della proiezione. Ed è struggente. Lontanissima.
Stefania G mi racconta che Barreto era un artista cubano, famosissimo in Italia negli anni Cinquanta e che piaceva molto a suo padre.
Io penso immediatamente che nello stesso periodo nasceva il cinema neorealista.
La colonna sonora è perfetta.
Guardando le foto della spiaggia mi sovviene in mente Una Domenica d'Agosto, di Luciano Emmer, un film del 1950. Quando insorgeva impetuoso il mito delle vacanze, del tempo libero, del progresso. In un’Italia, sempre meno contadina e sempre più urbanizzata, iniziavano a circolare le prime automobili; le donne riempivano le cucine di elettrodomestici.
Una massa di operai, di famiglie, d’impiegati, rivendicavano il loro “benessere” andando la domenica al mare. Folle di vocianti vacanzieri tratteggiavano la fisionomia di un paese in ascesa, che si allenava a diventare un paese progredito.
Il cinema ero lo specchio di questi mutamenti, descriveva un paese permeabile e incerto, che tendeva fiducioso verso mete che forse non avrebbe mai pienamente raggiunto. Anni di prove generali di una società che si scopriva in contraddizione tra realtà e sogno. Una società che doveva fare i conti con nuovi soggetti sociali, con nuove politiche relazionali, nuove pratiche di consumo.
Stefania Galegati Shines esplora quest’universo, dilatandolo.
Ne è osservatrice consapevole e partecipe. Si accorge che in fondo quasi nulla è cambiato da allora. Anzi si sta peggio.
Ne sono convinta anch’io. Senza dubbio.
Oggi come ieri sono rimaste le stesse contraddizioni, e la distanza tra le persone, tra la realtà e il sogno, si è allargata all’inverosimile.
Stessa folla, stessi sentimenti, stessi luoghi. Solo gente più annoiata, più affannata, più sola, più povera forse, e persino più vecchia.
Mi soffermo, seguendo lo sguardo di Stefania, sulla nudità “balneare” e mi sembra che azzeri le differenze sociali e che, al contempo, evidenzi una mancata cura di sé.
Eppure i colori sgargianti dei costumi da bagno, le forme molli e ipnotiche dei corpi esibiti senza pudore, il senso di frescura suggeriscono una sensazione di levità, un momento di pausa piacevole, capace di disperdere l’amaro.
Stefania non giudica ma osserva.
Osserva cosa accade intorno a lei e lo interpreta mescolando l’incanto con la realtà.
Andiamo avanti. E con Pirates si apre un altro racconto.
Quello favoloso delle storie lontane dei Pirati, dei tesori nascosti. Storie che ci facevano restare a bocca aperta da bambini, lasciandoci dubbiosi se mai nella vita avremmo incontrato un pirata in carne ed ossa.
Ma Pirates è anche il racconto di una storia manipolata.
Stefania Galegati Shines lavora concettualmente sull’inganno. Utilizza come medium una tela rigata colorata ponendola in netto contrasto con il sovrapporsi delle immagini crude dei guerriglieri: i pirati contemporanei, armati ma disarmanti.
Perché in realtà, la loro, è una storia diversa da quella apparente.
Stefania G ribalta il punto di osservazione. Sa che la società è ostaggio dei Media. Quello che vediamo è reale?
Lei va dritta alla radice, ci chiede e si chiede: chi è la vittima? Chi è il predone?
I pirati contemporanei sono fantasmi di se stessi, sono spesso giovanissimi. Uomini senza volto, poiché il loro Stato, dopo anni di sfiancanti guerre civili, è privo di un’identità politica riconosciuta. Sono pedine che non hanno alcun potere se non l’uso della forza, che è uno strumento efficace e sbagliato per farsi sentire.
Stefania Galegati Shines non giustifica. Denuncia.
Le sue opere urlano. Urlano l’umanità serva del potere occidentale. Lo stesso Occidente che si professa solidale. I pirati somali attaccano il centro di questo potere, sovvertono l’ordine delle cose e reclamano nel modo più empio l’attenzione.
Chi sono le vittime? Chi sono i predoni?
A me è capitato di conoscere qualcuno che dice di aver visto i pirati contemporanei.
Un ragazzo, poco più che ventenne, un marittimo delle Egadi imbarcato come ufficiale su una nave nell’Oceano Indiano, mi raccontava qualche mese fa dell’esperienza dell’assalto ricevuto durante la navigazione. Mi raccontava della sua paura e del fatto che aveva notato che quegli uomini avevano la sua stessa età. Erano come lui. Mi raccontava che a parte la prima tremenda impressione di terrore, quei giovani predoni gli trasmettevano una grande disperazione.
I pirati esistono, allora. E sono come noi.
Solo che noi possiamo protestare, scioperare, indignarci di fronte all’ingiustizia, fare la voce grossa. Loro no. Loro imbracciano le armi.
Ed è anche colpa nostra.
Lo stupore del racconto finisce, resta la consapevolezza che ciò che diventa “Storia” è forse solo una piccola verità.
Pirates invece è reale. È la narrazione di un'artista.
Un racconto a righe, tra le quali cercare bene, cercare di capire dove sta la verità.
Forse gli scienziati che campeggiano l’opera di Stefania G, sono sentinelle, stanno cercando proprio questo, la verità. Il tesoro, il bene più prezioso.
Sono passate due ore da quando sono arrivata. Sono volate.
Nel frattempo la casa si è animata e ci seduce con la sua vita, con l'odore del soffritto di Darrell. Abbiamo sentito Francesco P. Stiamo bene.
Stefania Galegati Shines mi preannuncia che Milano Marittima include un divertissement, un guizzo.
L’installazione è una montagna di ghiaccio: fresca, neutra, pura. Che lava i dubbi, le incertezze, che purifica gli occhi.
Stefania G vuole portare il mare in città restando fedele al titolo e ricreando uno spazio effimero che alleggerisca il clima. Per suggerire con ironia tagliente quella che potrebbe essere la summa dell’esposizione milanese: ripensare ai mancati processi di ammodernamento delle società, che a volte, possono anche essere un bene. Che i rituali collettivi, sempre più insensati, erodono la tradizione; che il dinamismo sfrenato e senza programmi genera il caos; che la fede “nell’immagine” è un inganno quando non è accompagnata da un sano spirito critico.
Milano Marittima ci suggerisce che di tanto in tanto è meglio fermarsi e ascoltare. È meglio fermarsi per vedere ciò che accade. È meglio chiedersi il perché delle cose.
Vado via.
E mentre cammino, cercando l’ombra, penso che Stefania G è una persona speciale.