Stefano De Luigi – Blanco. Visions of Blindness
Dopo aver indagato i mondi della televisione, del cinema e della pornografia, con “Blanco” De Luigi ha sviluppato un lavoro ancora legato al tema della visione, del dolore e della percezione dello sguardo altrui, ma con soggetti molto particolari: sono immagini di persone non vedenti, ritratte nell’arco di quattro anni, dal 2003 al 2007 in India, Cina, Africa e Europa dell’Est.
Comunicato stampa
La mostra “Blanco. Visions of Blindness” a cura di Giovanna Calvenzi, presenta dal
17 settembre al 30 ottobre 2011, negli spazi espositivi del mezzanino del Mart, un
progetto di Stefano De Luigi.
Si tratta di uno degli eventi di Rovereto Immagini 2011, il Festival di Fotografia di
Rovereto giunto quest’anno alla sua quinta edizione.
Stefano De Luigi è un fotografo internazionale di estrazione giornalistica da tempo
impegnato in un’analisi sulla “fabbricazione e alla fascinazione delle immagini”, come
scrive Philippe Dagen nel testo critico di presentazione della mostra.
Dopo aver indagato i mondi della televisione, del cinema e della pornografia, con
“Blanco” De Luigi ha sviluppato un lavoro ancora legato al tema della visione, del
dolore e della percezione dello sguardo altrui, ma con soggetti molto particolari: sono
immagini di persone non vedenti, ritratte nell’arco di quattro anni, dal 2003 al 2007 in
India, Cina, Africa e Europa dell’Est.
“Blanco” è in un certo senso la risposta alla domanda fondamentale implicita in queste
foto: “Che colore ha la cecità?”.
Per Stefano De Luigi tuttavia la ricerca non è solo svolta su aspetti formali, ma riguarda
questioni complesse di carattere etico: “Come fanno i ciechi a mostrare gioia, felicità,
irritazione, dolore, sofferenza, pena, rimpianto? L’assenza della vista significa assenza di
complicità con il fotografo?”
Sono domande che segnalano l’originalità della ricerca di De Luigi. “Il modo di
raccontare in immagini di Stefano De Luigi – scrive Giovanna Calvenzi nel testo in
catalogo – si riconduce alla scuola nobile del giornalismo fotografico ma le realtà che si
trova ad affrontare lo stimolano a cercare una strada che gli consenta di testimoniare per
suggestioni, per avvicinamenti che evitino la compassione ma anche la denuncia. Sa che
il riflesso di sopravvivenza più diffuso è di chiudere gli occhi davanti a un’evidenza che
ci turba, di fingere di non vedere quello che ci potrebbe ferire e, in estrema sintesi, di
accettare la trasformazione della realtà in un’immagine che metabolizzi e renda
accettabile il dolore, che allontani i rischi di immedesimazione, immagini dalla cui forza
di verità ci dobbiamo difendere per sopravvivere. Il muro di protezione dalle emozioni
che le fotografie più aspre e dirette ci costringono a costruire doveva e poteva essere
sgretolato solo da immagini meno dirette, più difficili e capaci di smuovere, di
coinvolgere, di informare e turbare.”
Stefano De Luigi è fotografo professionista dal 1988. Nel 1990 si trasferisce a Parigi,
dove viene incaricato dal Musée du Louvre di illustrare la trasformazione del museo in
occasione del suo bicentenario. In quello stesso periodo realizza numerosi reportage per
la stampa francese e internazionale. I lavori di questi anni vengono esposti al Festival di
Edimburgo (1988), all'Espace Carrousel du Louvre (1993), al Festival di Arles (1996), al
Festival da Imagem di Braga (2001). Nel 1997 viene invitato a partecipare al "Master
Class" della Fondazione World Press Photo e due anni dopo verrà premiato dalla stessa
nella categoria "Art Stories" per il suo lavoro sulla moda. Nel 2000 riceve la "Honorable
Mention" del premio Leica Oskar Barnack Awards e una selezione dei suoi reportage è
proiettata al Festival di Arles. Nel frattempo partecipa anche a numerose mostre
collettive:
"Eurogeneration" a Palazzo Reale di Milano e al Museo di Roma in Trastevere, e
"Fotogiornalismo italiano" alla Fondazione per la fotografia di Torino e "Beijing
In&Out", Triennale Bovisa, Milano, 2007. Con il libro Pornoland vince il premio
"Marco Bastianelli" del 2005. Tra il 2003 e il 2007, in collaborazione con CBM, realizza
il progetto Blindness con il patrocinio di Vision 2020 dell'Organizzazione Mondiale
della Sanità e ha vinto il W. E. Smith Fellowship Grant, edizione 2007. Nel 2006 Stefano
De Luigi intraprende il progetto "Cinema Mundi", che racconta il mondo del cinema
alternativo a quello commerciale di Hollywood, progetto a tappe in Cina, Russia, Iran,
Argentina, Nigeria, India e Corea del Sud. Trasformato in un cortometraggio, "Cinema
Mundi" è proiettato al Festival di Locarno nell'agosto 2007. Nel 2008 si aggiudica il
secondo posto nella categoria "Arts / Single" del World Press Photo. Nel 2009 De Luigi
è premiato per un reportage sugli ex bambini soldato in Liberia dalla Soros Foundation
(OSI) ed espone il suo lavoro a New York e Washington. Nel 2010 per un reportage
sulla siccità in Kenya ottiene di nuovo il secondo posto del World Press Photo nella
categoria Contemporary Issue. Nell'aprile del 2010 esce il libro Blanco, edizioni
Trolleybooks, con il progetto sulla cecità e inaugura la prima mostra "Blanco - Visions
of Blindness" presso la galleria VII a New York e successivamente alla Galleria 10b di
Roma.
Nel 2010 riceve il Getty Grant for Photojournalism per il nuovo progetto sull'Africa
"T.I.A. – This is Africa". Nel 2010 con T.I.A, vince anche il primo premio del Days
Japan International Press Prize. Nel 2011 il video "Blanco" si aggiudica il First Prize
Multimedia alla Hope for a Healthy World competion e il 2° premio al World Press
Multimedia Contest. Il libro "Blanco" vince il POYi, Best Photography Book of the
year. I suoi reportages sono pubblicati dai più importanti magazines internazionali:
Newsweek, Stern, Paris Match, le Monde, Time, New Yorker, EyeMazing, Geo,
Internazionale, l’Espresso. Dal 2008 fa parte dell’agenzia americana VII. Vive a Milano