Struttura #2
La mostra costituisce il “secondo tempo” di un progetto espositivo dedicato al rapporto tra le categorie estetiche di natura e struttura, fili conduttori del percorso ventennale della galleria FOLINI ARTE.
Comunicato stampa
La mostra - che potrà essere visitata fino al 28 maggio dal mercoledì al sabato dalle 16.00 alle 19.00 - costituisce il “secondo tempo” di un progetto espositivo dedicato al rapporto tra le categorie estetiche di natura e struttura, fili conduttori del percorso ventennale della galleria FOLINI ARTE.
Dopo aver rivisitato il concetto di natura alla luce della nozione di struttura nella mostra che si è chiusa a febbraio, questa seconda fase propone un’idea di struttura libera dal “dispotismo della geometria” che ha caratterizzato un certo astrattismo: “una concezione ordinata della forma che - come scrive Borghi nel testo in catalogo - si contamina con il risvolto pulsionale e misterioso della natura”.
La ricerca pittorica di Italo Valenti (Milano 1912- Ascona 1995) si è svolta all’insegna di “un astrattismo tra i più disincarnati, soavi e adogmatici che abbia conosciuto la pittura del secondo dopoguerra. In anni in cui gli artisti potevano togliersi l’un l’altro il saluto per questioni di angoli retti, Valenti ha privato la geometria di qualsiasi tentazione tirannica, l’ha resa una garbata intelaiatura dell’immagine, l’ha utilizzata come se fosse la punteggiatura di un racconto allusivo. Un altro pittore-narratore (ma di storie più movimentate anche se non meno infantili di quelle di Valenti) qual è Giuliano Collina (Intra 1938) si è imbattuto per la prima volta in una struttura quando ha deciso di sfilacciare uno dei suoi oggetti totemici per vedere com’era fatto. La tovaglia protagonista di molti suoi dipinti è divenuta in tal modo un intreccio di vibrazioni, una fitta teoria di linee ondulanti, tremolanti, senza dubbio appagate della loro atipicità e del loro scompiglio. Oggetto totemico è una formula adatta anche a definire il ruolo che ha la scala nel percorso espressivo di Luca Mengoni (Bellinzona 1972). Totemico nel senso proprio del totem, di quel simulacro del divino venerato da popolazioni tribali istintivamente persuase della sacralità della natura. Nell’iconografia di Mengoni la scala è spesso associata alla rosa canina (una pianta reticolare dalla forte carica suggestiva) in un gioco di scambi tra natura e struttura che confonde felicemente i due termini.
Anche le opere di Marco Grimaldi e Jaime Poblete sembrano porsi sotto il segno della struttura, ma in maniera molto più sfumata e a volte tormentata di quanto appaia. Nei dipinti di Marco Grimaldi (Udine 1967) la struttura visiva è composta da apparizioni, da bagliori condensati, da infittimenti luminosi: al fondo di queste pulsazioni sembra collocarsi la pulsionalità della natura umana, la cognizione della provvisorietà della luce mescolata con la consapevolezza della precarietà dell’esistenza, una sensibilità tanto elegante quanto dolente. Per Jaime Poblete (Santiago de Chile 1981) ha un valore strutturale il gesto di piegare ritmicamente il tessuto e dare così un ordine alla materia: un ordine però attenuato, quasi sabotato dalla ruvidità della superficie, dalle screziature del colore, da certe venature sospette che lasciano filtrare delle schegge di caos”.