Sun Hee Moon – Still Life

Informazioni Evento

Luogo
CENTRO TREVI
Via Dei Cappuccini 28, Bolzano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

dal 20 gennaio al 15 febbraio 2023, visitabile da lunedì a venerdì 9:00- 20:00 ( entrata libera )

Vernissage
20/01/2023

ore 18

Artisti
Sun Hee Moon
Curatori
Nicolò Faccenda
Generi
arte contemporanea, personale

Mostra personale d’arte contemporanea dell’artista di origini coreane SUN HEE MOON.

Comunicato stampa

Still Life | Sun Hee Moon
Il ciclo Still Life, realizzato da Sun Hee Moon tra il 2020 e il 2022, comprende una
quindicina di tele a olio e una grande installazione composta da qualche migliaio di
uccellini (stornelli). Nato da un primo esemplare modellato in argilla, il progetto è stato
progressivamente ampliato sino allo stato attuale. Assestato il soggetto, esso è divenuto
protagonista di alcune tele iniziali, in cui è rappresentato in un interno (lo spazio di lavoro
dell’artista), in dialogo con elementi della vita di tutti i giorni. Con l’aumento costante del
numero di uccellini realizzati, l’artista ha intrapreso una sorta di studio progettuale,
visualizzando pittoricamente la moltitudine degli esiti scultorei ora come occupazione
spaziale orizzontale (Comunità), ora come allestimento in sospensione (La carriola). Se in
una tela si vede una figura femminile circondata da una dozzina di esemplari sospesi,
quasi a inscenare sorgive possibilità di dialogo tra opera e spettatore, in un’altra (The
bride), memore dell’archetipo iconografico rinascimentale ma ambientata in un garage, il
dettaglio degli uccellini è confinato su un copricapo (Bride hat).
Il cuore pulsante del ciclo è rappresentato dalla grande installazione di stornelli. Le
migliaia di esemplari modellati nel corso di quasi tre anni sono state collocate nello spazio
a creare un vero e proprio stormo. Esso riassume una serie stratificata di significati legati
alle circostanze in cui è nato – il primo lockdown –, sino a una più ampia riflessione sul
rapporto tra l’essere umano e il suo ambiente, nonché sul modello di relazione collettiva
tra individui. Con quest’installazione, infatti, l’artista intende aprire una duplice prospettiva,
imperniata sugli insegnamenti che possono essere tratti dal mondo naturale, per un’ipotesi
di resistenza e di cura. Se a un livello generale l’intento è quello di richiamare la naturalità
dei cicli di vita, morte e rinascita, allo stesso tempo rimanda alla capacità di adattamento
manifestata dalla natura proprio in quel periodo di forzata ritirata degli esseri umani,
instillando la speranza del possibile ripristino di una minima condizione di equilibrio e
sostenibilità nel rapporto con l’ecosistema. L’aumento esponenziale del loro numero, sino
allo sviluppo in senso installativo, è maturato da una riflessione su un’innata capacità degli
stornelli, in grado di dare luogo a gruppi numerosi, ma perfettamente coordinati nelle loro
affascinanti coreografie aeree. [1] L’artista vi intravvede la chiave per ripensare non solo
un modello operativo valido nel contingente pandemico – il coordinamento di azioni
individuali locali in quanto fattore di sopravvivenza per la comunità nel suo complesso –,
ma lo spunto per un più strutturale ripensamento del funzionamento del corpo sociale.
Cognitivamente limitato nella gestione delle proprie interazioni, lo stornello compie poche
e semplici scelte che si accordano sempre e necessariamente a quelle dei consimili che
volano accanto lui.
[1] Sun Hee Moon ha maturato la sua riflessione sulla scorta dell’articolo di Marco Mazzucco, La natura insegna: come uno
stormo di uccelli può cambiare l'organizzazione della tua azienda, in “Digital Organization”, 9 novembre 2015.
Attraverso una libera cooperazione, lo stormo giunge a un’unità d’insieme in grado di
garantire un’efficienza complessiva, ma allo stesso tempo funzionale alla sopravvivenza di
ciascun componente. In esso non vi è leadership né un modello preventivamente definito
cui adeguarsi: semplicemente, si vola nella stessa direzione, con l’accortezza di non urtare
il proprio vicino. L’interesse è individuale e comunitario, il bene comune e quello del
singolo sono in una relazione di perfetta reciprocità, l’input locale diviene comportamento
generale. Lontana da una prospettiva ideologica, l’artista rivendica tramite la metafora
dello stormo la validità di quello che definisce come “comportamento collettivo
autorganizzato”, in cui “l’individuo è importante, ma il gruppo è essenziale”, laddove “il
lavoro comune per un bene collettivo” conduce a quei benefici derivanti da una
compartecipazione spontanea, armonizzata rispetto alle esigenze di tutti i componenti del
gruppo. Non si tratta di un accostamento di parti scisse e concorrenziali, quanto piuttosto
del surplus che deriva da quello che, con Aristotele, si può definire un “tutto maggiore della
somma delle sue parti”.
In questa utopica rimodulazione dei rapporti tra individui, l’artista recupera dalla propria
cultura di provenienza un principio di risonanza e armonizzazione tra l’essere umano e la
natura. Tre concetti-cardine del pensiero coreano, infatti, possono chiarire ulteriormente le
diverse sfaccettature del significato dell’opera. Anzitutto quello di Han, che “celebra la
determinazione, la riverenza per lo sforzo e la perseveranza insieme a un sentimento di
malinconia”, da cui deriva tanto la prospettiva resistenziale rispetto alle generali avversità
in cui nasce l’opera, quanto il suo valore progettuale. Se Heung consiste in
“quell’incredibile sensazione di gioia che si prova quando si riunisce la famiglia, quando si
è nella natura, quando si gusta una tazza di tè agli aghi di pino o si legge un buon libro”, è
possibile cogliervi quell’idea di armonizzazione dell’individuo con se stesso, con gli altri e
con la natura stessa, che presiede all’ipotetica convergenza tra il modello di
comportamento animale e umano. Infine, con Jeong, “l’arte di donare senza aspettarsi
nulla in cambio, di dare priorità al benessere [...] della comunità [...], oltre che al proprio”, si
giunge al significato centrale, nel principio di una sincera lealtà del singolo nei confronti
del collettivo, volta al perseguimento del bene individuale attraverso la realizzazione
dell’interesse generale. [2] Vi è poi un ultimo elemento topico della cultura coreana di cui si
deve fare menzione, quello del dono. L’installazione è stata concepita come piattaforma di
relazione tra individui accomunati dalla memoria di un’esperienza condivisa. Ciascun
uccellino, pensato come dono, diviene pegno relazionale, identificativo dei partecipanti di
una nuova collettività. Trascendendo la codificazione linguistica del genere della “natura
morta”, l’uccellino donato rientra nel circuito della vita, trasferendo la valenza del proprio
portato etico al suo nuovo possessore.