Superhost
Like A Little Disaster e PANE project sono felici di presentare “SUPERHOST”, un progetto collettivo.
Comunicato stampa
Like A Little Disaster e PANE project sono felici di presentare “SUPERHOST”, un progetto collettivo con lavori di:
AGF HYDRA + Callum Leo Hughes + Keiken + Sophie Mars, Maya Ben David, Monia Ben Hamouda, Chiara Camoni, Daniela Corbascio, Stine Deja, Débora Delmar, Andreas Ervik, Michele Gabriele, Julie Grosche, HYPERCOMF + George Tigkas, Motoko Ishibashi, Natalia Karczewska, Botond Keresztesi, Andrea Kvas, Lucia Leuci, Valerio Nicolai, Ornaghi & Prestinari, Jaakko Pallasvuo + Anni Puolakka, Nuno Patrício, Clemen Parrocchetti, Andrew Rutherdale, Namsal Siedlecki, Micah Schippa, Mireille Tap, The Institute of Queer Ecology, Patrick Tuttofuoco, Wisrah Villefort.
A cura di Like A Little Disaster e PANE project
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“Ensemble”, programma video curato da Julie Grosche, con:
Lola Gonzàlez, Julie Grosche - Florian Sumi - Emma Frost Nixon - Laura Gozlan - Edouard Le Boul’ch - Katy McCarthy - Christine Navin - Elizabeth Orr - Laura Porter - Deirdre Sargent - Lucas Seguy - Yoan Sorin - Marc Yearsley, Vijay Masharani, Katy McCarthy, Virginia Lee Montgomery, Chloé Rossetti, Yoan Sorin - Florian Sumi.
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Contributi testuali e dati: Murray Cox (Inside Airbnb), Cecilia Guida, Darren Marshall, Like A Little Disaster.
Opening: Domenica 4 Agosto
4 Agosto – 15 Ottobre 2019
Visite e prenotazioni:
[email protected]
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www.likealittledisaster.com
www.paneproject.com
Foothold / Like A Little Disaster
Via Cavour 68
Polignano a Mare
Italia
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SUPERHOST
In un ecosistema totalmente turistificato come quello di Polignano a Mare, “SUPERHOST” usa la strategia del camouflage come ironica ipotesi di resistenza.
“SUPERHOST” è un vero/finto bnb che si manifesta attraverso un’identità dissolta in un camaleontismo permanente. Esso emerge come un sistema complesso di strategie di presentazione (del me, del prossimo) e di rappresentazione (del sé, degli altri) che operano secondo forze in gioco. Queste forze ridefiniscono – riorganizzano e ridispiegano – le forme del visibile; ci invitano a ripensare l’idea di segno e di produzione segnica, di rappresentazione e di distorsione della rappresentazione.
L’interpretazione dell’ambiente di “SUPERHOST” non ha a che fare con i concetti di verità e finzione. Al suo interno non è necessario che i segni impiegati siano veri o falsi, ma efficaci. A valere è la credibilità del simulacro offerto all’altro, le mosse interattive e i regimi di credenza e di sospetto che s’innescano.
La messa in scena reitera mantenimento del dubbio, di un duo-habere, il non riuscire a trovare una soluzione univoca nell’osservazione, il mantenere vivi entrambi gli estremi della coppia cognitiva vero/falso.
Lo sguardo, il filtro interattivo tra verità dalla finzione è messo in relazione con la teoria del “sight seeing” ('vedere le cose da vedere'), secondo la quale l'esperienza turistica (o l’esperienza del consumatore contemporaneo tout court) sarebbe profondamente alterata per il fatto di essere preselezionata e preconfezionata, connotata da una serie di miti sociali dipendenti da costruzioni storiche rivolte a una specifica classe, quella agiata. L'industria turistica nasce dall’alienazione prodotta dal capitalismo nel quale anche il tempo libero e lo svago sono plasmati dal carattere coatto di una società ripiegata sul proprio smatphone, e il viaggio organizzato diventa l’emblema della totalitarietà di questo sistema. L’industria turistica è totalmente dentro quella culturale. Ciò che si acquista è un capitale simbolico ma paradossalmente la liberazione dal mondo dell’industria avviene mediante la creazione di un’altra industria.
Nel momento in cui il turismo diventa un fenomeno massificato l'elemento che serve di norma al viaggio è la “sight”, la cosa da vedere, classificata con una, due o tre stelle, secondo il suo valore. Il turista conosce l'oggetto come “sight”, vale a dire come elemento normalizzato, degno di essere assunto come obiettivo di un'esperienza. La dominanza della sight, la traduzione in immagini delle cose e la loro normalizzazione reagiscono sulle cose stesse, riducendole alla condizione di museo, di orto botanico, di giardino zoologico o luna park. Messe in vetrina, le cose da vedere subiscono una trasformazione capitale: sono distaccate dal loro contesto, private delle loro reti, del rapporto con le condizioni che le hanno determinate e che possono, esse sole, spiegarle.
SUPERHOST esplora l’inautenticità: nel senso che il turista in viaggio non vedrebbe il mondo così come esso è realmente, ma solo il mondo che è stato selezionato per lui / o predisposto accuratamente dalle stesse comunità locali; non vedrebbe quindi delle cose, naturali o culturali che siano, ma solo la loro immagine. L’articolazione spaziale forgiata dall’ansia per il verosimile e per l’iconico, riprende in definitiva segni di segni con cui siamo abituati a rappresentare il mondo, l’altrove, l’alterità.
La seduzione subentra alla persuasione.
Il segno è fatto per mentire!
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Nel suo complesso il progetto cerca di mettere a fuoco alcune trasformazioni topologiche che portano dal locale al globale e poi riornano al locale. I macro-attori sono composti di micro-attori - gli aggregati non sono fatti di materiale diverso da quello che aggregano.
Indice:
I
Gli effetti reali del capitalismo immateriale.
II
La distruzione creatrice praticata dall’industria turistica. Produrre crescita e sviluppo economico distruggendo le basi su cui quella crescita era basata.
III
La nozione di turistificazione e i suoi parenti ontologici, (gentrificazione, commodificazione).
Airbnb come strumento per la discriminazione sociale e raziale.
IV
Le condizioni del lavoro contemporaneo (e del lavoro emotivo) relative al post-bio capitalismo.
V
L'alienazione che circonda il terzo settore – la preoccupazione di essere sostituiti dalla macchina.
VI
Come diventare SUPERHOST. Come essere SUPERHOST con una sola stella triste.
VII
Sharing/green economy e impatto ecologico.
VIII
Overtourism.
IX
Plastiche, tubature, impianti fognari.
X
Touring Cultures: una pescheria che diventa la caricatura di una pescheria.
XI
Brandizzazione della sfera privata e dello spazio pubblico. Privatizzazione dello spazio pubblico e la simultanea estensione-ostentazione pubblica della vita privata.
XII
Il senso di comunità/collettività. I concetti di con-divisione e con-vivenza (all’interno di una visione della rete estesa all’umano - non umano, al biologico tecnologico).
XIII
L'ambivalenza schizofrenica tra l'immagine di apertura e accoglienza che molte città e regioni cercano di dare di se stesse, e le contemporanee politiche globali/locali che usano categorie che chiudono ed escludono.
XIV
Vacanzieri come iperoggetti.
XV
4,5 gigatonnellate di CO2 ogni anno.
XVI
Adela/Xenia.
XVII
Turismo come forma di neocolonialismo
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Se la "natura" ci ha insegnato che la diversità è una necessità perpetua e urgente, cosa può accadere a un territorio trasformato in monocoltura attraverso un'economia unidirezionale?
Like A Little Disaster