Szabolcs Bozó – Faces Instead Of Names

Informazioni Evento

Luogo
PALAZZO CAVANIS
Fondamenta Zattere Ai Gesuati, 920, Venezia, VE, Italia
Date
Dal al
Vernissage
14/07/2023
Artisti
Szabolcs Bozó
Generi
arte contemporanea, personale
Loading…

Comunicato stampa

Le creature felici di Szabolcs Bozó non ti guardano mai negli occhi. Troppo prese dal loro
mondo, orientano le loro pupille senza iride l'una verso l'altra, sorridendo e ammiccando
apertamente. Se non hanno la bocca - come nel caso di molti di loro - osservano con
un'espressione di benevola trepidazione. E se c'è la più vaga sensazione che qualcosa non
quadri - l'ombra di un cipiglio, uno sguardo intriso di un velo di inquietudine – essa viene
spazzata via dall'euforia diffusa generata dai tanti compagni di una creatura, spesso
affastellati l'uno sull'altro, o traballanti l'uno contro l'altro, o tutti ammassati nei limiti di
un'automobile (o di un elicottero) di un cartone animato, pronti a spiccare il volo verso un’altra,
una maggiore, felicità.
I personaggi di Bozó trasudano positività. In un'intervista, l'artista racconta che l'ispirazione
iniziale per i suoi personaggi deriva dalla sua esperienza quotidiana di lavorare in un ristorante,
utilizzando l'aspirapolvere "Henry". Questi elettrodomestici a cilindro sono noti per le loro facce
sorridenti: due occhi speranzosi rivolti verso l'alto stampati al di sopra dell'uscita del tubo, che
inconsapevolmente antropomorfizziamo in un naso; un’aspirapolvere che è sempre felice di
essere d'aiuto. Quello che stiamo proiettando, naturalmente, è una fantasia di presenza.
Benché, come sottolinea Bozó nelle interviste, i suoi personaggi ricordino quelli dei vecchi
cartoni animati televisivi della sua infanzia in Ungheria, tutti sono in grado di rapportarsi a loro;
la cultura dei cartoni animati è comune a tutti noi, cresciuti in una cultura visiva di stampa e
schermo, tra i libri di fiabe per bambini e lo stile adulto (ma sempre più bambinesco) della
grafica online.
Le figure nei dipinti di Bozó sono talvolta umanoidi, ma mai umane; i suoi personaggi mutevoli si
ispirano al folklore ungherese, filtrato attraverso l'animazione ungherese dell'era comunista, e
a libri di fiabe come A halhatlanságra vágyó királyfi (Il principe che vuole vivere per sempre) di
Móricz Zsigmond (1984): Draghi e tigri, pellicani, cani, galli, volpi, elefanti, tutti dipinti con colori
brillanti, si affollano nelle tele di Bozó per salutarsi. E queste sono solo alcune delle creature
più riconoscibili del mondo di Bozó. Tra i loro compagni esistono creature ancora più bizzarre:
bestie dalle molte corna e dai molteplici occhi, millepiedi che indossano scarpe blu, una festa in
barca di mammiferi arancioni dalla coda riccioluta. Anche dalle creature più riconoscibili
germogliano occhi su parti del corpo in cui di solito non si troverebbero.
Nei recenti dipinti di Bozó, i suoi personaggi popolano uno strano tipo di scenario
architettonico, che spesso confina con fiumi, acqua o altri ambienti liquidi. Éjszakai úszás
(Nuoto notturno) (2023) vede una sorta di gondoliere che oscilla su una scena acquatica
circondato da creature che nuotano e contornato da edifici lontani (forse un richiamo a
Venezia), mentre in Vontatóhajók pilótái a Dunán (Piloti di rimorchiatori sul Danubio) (2023), un
gruppo di figure con nasini piccolini è stipato in un'imbarcazione verde pisello, che dondola
instabilmente su un ampio corso d'acqua di colore rosa acceso. In Menekülés a szökőkútbol
(Fuga dalla fontana) (2023), un gruppo di animali sorridenti precipita oltre il bordo di una sorta
di piedistallo arancione, come una fontana classicheggiante, che a sua volta si trasforma, nella
parte inferiore, in una creatura arancione simile a un orso dalle labbra blu.
Se le creature di Bozó sono in dialogo con la materia liquida, in continuo mutamento, lo fanno
con uno sguardo rivolto alla storia della pittura modernista da una parte, e dall’altra verso la
psicologia artistica della forma e dell'informe.

Ad esempio, i corpi che appaiono e scompaiono hanno una lunga storia nella pittura surrealista.
(Si pensi ad Asger Jorn, Jean Dubuffet o Max Ernst, per citare solo alcuni artisti della metà del
secolo scorso). Una tecnica più fluida e a impasto è divenuta manifesta nei dipinti recenti di
Bozó, con l'artista che mescola nel medium materiali come la sabbia, discostandosi dallo stile
più omogeneo dei dipinti precedenti per rendere più accentuata la consistenza e la materialità
della pittura.
La fluidità delle creature, le cui forme sono in costante mutamento, suggerisce una sorta di
fantasioso stato intermedio. Psicologicamente, si potrebbe dire che rappresenta
l'offuscamento della distinzione tra sé e l'altro, spesso riscontrato dagli artisti "visionari" nella
loro euforica, a volte psichedelica, esplosione di dettagli visivi astratti, talvolta anche
caratterizzati dalla apparizione di occhi incorporei, un motivo a lungo associato ad un'estetica
"outsider" e visionaria, da Adolf Wölfli a Yayoi Kusama.
Ma la stessa dinamica si può ritrovare nei personaggi dei cartoni animati per bambini, dove
l'amorfismo non è oggetto di inquietudine, ma di apertura e generosità. Per chi come noi era
bambino negli anni '70, questa generosità era rappresentata dai Barbapapà. E cos'erano
esattamente? Un nucleo familiare di blob mutevoli e multicolori, molto più grandi degli esseri
umani, costituiti solo da contorni e colori puri, in grado di assumere qualsiasi forma, con volti
sorridenti disegnati in linea, pupille nere incastonate in occhi bianchi.
Da qualche parte fra questi antecedenti - la pittura astratta, l'arte "outsider", il folklore e la
logica del cartone animato - si potrebbe collocare il mondo di Bozó. Fra la convivialità
carnevalesca dei personaggi di Bozó, si potrebbe avvertire un senso di eccesso, un sovraccarico,
una sovrabbondanza di positività. Le pubblicità televisive dei giocattoli per bambini a volte
fanno l'esclamazione euforica che "il divertimento non finisce mai!". Ma come sarebbe se il
divertimento non finisse mai? Se le creature di Bozó non rivolgono mai completamente lo
sguardo all'osservatore, non rompono mai del tutto la "quarta parete" del quadro, forse ha a
che fare con il piccolo aspirapolvere "Henry": disegna un occhio che guarda lateralmente
qualsiasi oggetto, tela o superficie, e questo guarderà sempre lontano da te,
indipendentemente dalla tua posizione. Mondo reale e mondo immaginario - la differenza tra la
felicità di questi personaggi irreali e la concreta positività del colore reale sulla tela - sono nei
dipinti di Bozó sempre quasi (ma mai del tutto) sull'orlo del contatto.
— J.J. Charlesworth