Tender To Young Art 2013: Attese #3 – Sebastiano Mauri

Informazioni Evento

Luogo
MICHELE FARADAY21
Via Michele Faraday n.21 , Milano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Il
Vernissage
13/06/2013

ore 21

Artisti
Sebastiano Mauri
Curatori
Francesca Alfano Miglietti
Uffici stampa
STILEMA
Generi
serata - evento

Francesca Alfano Miglietti e Moreno Zani invitano al terzo evento Tender To Young Art 2013: “ATTESE”, un appuntamento nomade e flessibile.

Comunicato stampa

Francesca Alfano Miglietti e Moreno Zani vi invitano al terzo evento Tender To Young Art 2013: “ATTESE”, un appuntamento nomade e flessibile.

“La concezione della propria identità sta cambiando nella direzione della simulazione
di un’altra identità, di un ruolo che ci costringe a recitare una parte che non è la nostra
ma al tempo stesso lo diventa o di una possibilità di essere sempre diversi e
nuovi fino all’irriconoscibilità dell’identità originaria”.
(Susan Sontag)

Il reale è diventato un mondo complicato… Nel quotidiano molti scelgono di assumere identità già definite, di altri, trovando in questo, un senso attraverso il quale rapportarsi agli altri. Sebastiano Mauri indaga, attraverso media e visioni diverse, una delle tematiche più complesse del contemporaneo: l'identità. A volte lo fa attraverso una visione dell’universo sociale ed un funzionamento relazionale fondato su se stesso, altre volte attraverso simboli e immagini di un universo alieno che definiscono la sua idea , altre volte ancora attraverso le icone di una spiritualità preconfezionata e pronta all’uso.
La metamorfosi, sia pure declinata in modi e con procedimenti dissimili, è alla base di molte delle opere di Sebastiano Mauri. Sono infatti molti gli aspetti del suo lavoro legati allo scenario umano, altre volte lo scenario è quello sociale, sempre l’orizzonte di Sebastiano Mauri è quello culturale. Sebastiano Mauri è un cantore per immagini, immagini che sembrano ricamate nell'inconscio. Appaiono in chiaroscuro le tematiche fondamentali della sua ricerca, un archivio prezioso di estraneità e disagio, di nevrosi e alienazione, di giudizi e di pregiudizi. Questo il suo dizionario.

Sebastiano Mauri rappresenta la stravaganza per far emergere la singolarità, senza temere il giudizio. Ideatore di storie in bilico fra simpatia e tenerezza, le sue sono ‘storie’ che appartengono al molteplice e decentrato clima post-moderno, e che si costituiscono come nucleo del proprio tempo. Una visione personale e una collezione di ‘incontri’ e di ‘tipi’ in grado di sviluppare punti di osservazione sul clima sociale e culturale del contemporaneo. La concezione della propria identità sta cambiando nella direzione della simulazione di un’altra identità, di un ruolo che costringe a recitare una parte non propria ma che lo diventa.
Sebastiano Mauri crea contesti inverosimili, nei quali si mostrano regole comportamentali e un’estetica snaturata e eccessiva, che condividono con il pubblico una situazione esistenziale comune, scoprendo e rivelando uno stato generale di incertezza.

IMMANENCE, I BELIEVE IN GOD, THE SONG I LOVE TO, NUMB, FADED, LOVE HAS NO GENDER, sei i video in mostra, e per i sei video, per la prima volta presentati insieme, sei luoghi.

La presenza in scena manifesta l’esistenza di una serie di “ruoli” riconosciuti che esprimono il loro meccanico rapporto con la società, il conflitto tra singolo e società diventa più marcato quando l’anomalia non riguarda più il comportamento morale, che devia dalla norma, ma quando investe direttamente l’identità.

Sebastiano Mauri usa gli strumenti del video come dichiarazione: l'inquadratura, il piano e il montaggio sono i mezzi attraverso i quali costruisce il suo sistema di relazioni tra immagini e individui e poetica. Sceglie l'inquadratura come punto di vista, un punto di vista che fuoriesce dal sistema chiuso che comprende tutto ciò che è presente nell'immagine. Coinvolgenti e aliene le dinamiche di luci e ombre che producono le disinquadrature e i fuori fuoco, in cui l’immagine diventa leggibile, oltre che visibile.
Per Sebastiano Mauri vi sono immagini che hanno una relazione per così dire "affettiva" con le cose che rappresentano, una realtà direttamente presente senza mediazione simbolica o riformulazione del reale stesso, e, sembra, voler astrarre l'immagine dalle coordinate spazio-temporali per trasformarla in icona, espressione pura di un affetto che non esiste separatamente da ciò che lo esprime. L'affetto sembra poter esprime il possibile senza attualizzarlo e allo stesso tempo esprime qualcosa di singolare, all’interno di una storia che diviene l'espressione di un'epoca o di un ambiente. Una cangiante lucentezza per la trasformazione come cambiamento profondo: un passaggio fatale tra coscienza e incoscienza, noto e ignoto, vita e rappresentazione.
(Francesca Alfano Miglietti)

SEBASTIANO MAURI

Di origine italo-argentina, ha vissuto e lavorato per anni tra Milano, New York e Buenos Aires. A New York si laurea alla scuola di cinema, e per i suoi cortometraggi vince il Warner Brothers Award e il Martin Scorsese Post-Production Award.

Artista visivo, sono molte le mostre, personali e collettive, che lo hanno visto protagonista. 
 Goditi il problema è il suo primo romanzo, pubblicato nel 2012 da Rizzoli.

Le sue opere sono state esposte al:
MART (Museo d’Arte Contemporanea di Trento e Rovereto),
MNAC (Museo Nazionale d’Arte Contemporanea di Bucarest),
TRIENNALE di Milano,
CACT (Centro per l’Arte Contemporanea del Ticino, Bellinzona),
CCEBA (Centro Cultural de España de Buenos Aires),
KSA:K (Centro per l’Arte Contemporanea, Chisnau),
FAC (Fundacion de Arte Contemporanea, Montevideo),
CCR (Centro Cultural Recoleta, Buenos Aires),
Palazzo delle Papesse (Siena),
Centro Cultural Borges (Buenos Aires),
X Bienal de la Habana,
Spazio Oberdan (Milano),
Santral Museum (Istanbul),
Centre Pompidou (Paris)

ATTESE

L’appello di Steve Jobs è stato “Non vendete prodotti, arricchite vite”, e ancora “oggi lo scontro non è fra progressisti e conservatori, ma fra costruttori e demolitori ”…
Attese è un progetto che raccoglie opere come tracce di sperimentazione. Spazi vuoti da restituire alla collettività, laboratori di ricerca e sperimentazione nell’arte dell’esodo e dell’abbandono.

L’arte dunque come un modo per sospendere il bisogno di appartenenza, un atto terapeutico dal momento che divenire altro è la relazione generale con il territorio, la comunità e la sfera sociale.
Durante il decennio passato gli artisti più interessanti sono stati quelli che hanno saputo esprimere il corpo sociale frammentato e la percezione frenetica del tempo precario. Ora l’arte comincia a fondersi con l’atto terapeutico della riattivazione della sensibilità.

La sensibilità è la facoltà di comprendere quel che non può essere detto in parole, ed è una facoltà cruciale perché l’esistenza umana sia umana. L’empatia è legata alla sensibilità e senza empatia la solidarietà scompare e la relazione sociale diviene brutale, aggressiva, barbarica.

Attese è un progetto in cui è la dimensione temporale quella chiamata in causa.
Una ricerca di disponibilità reciproca tra le parti rigide e morbide del mondo, il tentativo di suscitare un’eccitazione e un collegamento tra entità fredde e calde, sensuali e neutre.

Un progetto, dunque, in un senso vagabondo, un modo di trattare l’arte come un flusso, non come un codice. E come nei diamanti, è impossibile separare la natura splendente da quella tagliente.

Francesca Alfano Miglietti, Moreno Zani