Teresa Cos – Enten-Eller
In parete vi saranno oltre 40 scatti da lei realizzati nel corso di un anno, che compongono una narrazione unica, sebbene non lineare, che ben esemplifica l’ansia esistenziale ed espressiva alla base della sua ricerca e produzione artistica, resa ancora più evidente dal mezzo utilizzato, la fotografia, e dalla forza e originalità con cui lo piega alla sua visione del mondo.
Comunicato stampa
Teresa Cos, vincitrice nel 2011 della 95^ Collettiva Giovani Artisti della Fondazione Bevilacqua La Masa e già presente in NI DIEU NI MAÎTRE – la doppia collettiva con cui la Galleria ha inaugurato la sua attività – torna ora a Mestre con un'esposizione curata da Andrea Bruciati, che è anche la prima personale della sua carriera. In parete vi saranno oltre 40 scatti da lei realizzati nel corso di un anno, che compongono una narrazione unica, sebbene non lineare, che ben esemplifica l'ansia esistenziale ed espressiva alla base della sua ricerca e produzione artistica, resa ancora più evidente dal mezzo utilizzato, la fotografia, e dalla forza e originalità con cui lo piega alla sua visione del mondo.
«Enten-Eller è il titolo della famosa opera (Aut-Aut in italiano) nella quale il filosofo Søren Kierkegaard analizza e mette a confronto i due stadi fondamentali della vita umana: l'approccio etico e quello estetico – spiega il curatore, Andrea Bruciati – un percorso di conoscenza che porta inevitabilmente il filosofo a confrontarsi con con i limiti della vita estetica. La disperazione che ne consegue è però positiva, perché diventa il necessario stimolo ad abbracciare la vita etica. L'angoscia del filosofo, tutt’una con quella di Cos, è in qualche modo un analogo precursore dell'angoscia esistenziale, della decadenza di una società che indugia su se stessa. In preda a quest'ansia non resta che attaccarsi alla realtà per chi documenta attraverso la fotografia le proprie esigenze espressive: di qui immagini che quasi ossessivamente registrano elementi della realtà, trame, dettagli, resi ancora più evidenti e “macabri” dal prepotente uso del flash. Le immagini sono come alimentate di una luce che serve ad aumentare la nostra percezione sensoriale e a far vedere le cose talmente bene da istillare il dubbio della loro autenticità. Superfici che viene voglia di toccare quasi per stimolare una diversa consapevolezza del reale. La mostra di Teresa Cos – conclude Bruciati – è perciò pensata come un film che si svolge all'interno della stessa notte (nonostante le immagini siano state scattate nel corso di un intero anno), una narrazione non lineare fatta di flash-back, istanti appartenenti ad un tempo e uno spazio sospesi e indefiniti, allineati sulla linea degli sguardi, che portano infine a confrontarsi con se stessi, la nostra maschera e la morte di noi stessi e della società».