Teresa Noto – Dall’essere duale all’essere cosmico
In tale personale descensus ad inferos l’artista ripercorre le vie simboliche, recuperando le essenze dell’inconscio collettivo.
Comunicato stampa
La mostra patrocinata dal Comune di Molfetta vuole testimoniare l’ultimo percorso creativo della pittrice Teresa Noto, che nella sua trentennale attività artistica ha partecipato a importanti mostre nazionali ed internazionali, come, tra le altre, la54° Biennale d’Arte di Venezia, il Premio Internazionale LimenArte di Vibo Valentia, la XIV Biennale d’Arte Sacra , Museo Stauros, di Isola di S.Michele, e, su invito, a illustrare la Divina Commedia per la Casa di Dante in Abruzzo, Pescara, inoltre ha curato mostre personali in prestigiose Gallerie Pubbliche a Spoleto,Sondrio, Pietrasanta, Mantova, Carmagnola (Torino), Rapallo,Ferrara, Chiavenna, ecc., presentate da eminenti storici dell’Arte. La mostra inizia con le opere nelle quali Vittorio Sgarbi riscontra che “ l’arte della Noto è un modo di intendere la materia come fonte primaria. Tutto parte dalla materia, la legge, la interpreta, stabilisce un rapporto vitale con essa, senza mai dimenticarsi di considerarla come “ Grande-madre”. Il catalogo contiene i testi di Gianfranco Ferlisi e di Giorgio Di Genova che ricorda come “Teresa da anni si è abbandonata alle pulsioni del suo io profondo per attingere alle proprie energie interiori e così riuscire a superare le tenebre del chaos primordiale e sprigionare la luce che guida la sua incessante ricerca pittorica. Costantemente tesa a inseguire un personale fiat lux, ella ha individuato nella Shakti, cioè l’energia divina che secondo le dottrine orientali pervade ogni donna e ogni essere vivente, quale il traguardo della sua pittura. Per tale motivo la densa materia delle sue paste pittoriche ora si condensano nella luce bianca, che è appunto la somma di tutti i colori, ora s’incendiano in rossi che ardono come fiamme per simboleggiare la vis energetica della Shakti. In tale personale descensus ad inferos l’artista ripercorre le vie simboliche, recuperando le essenze dell’inconscio collettivo. Ecco perché nella sua produzione riaffiorano di volta in volta le epifanie della croce, della spirale, dell’ascensionalità ignica, del labirinto, dell’intreccio, dell’Ombra insieme ai mandala del quadrato, del cerchio che talora si fa cielo, tutti aspetti proiettivi dei propri mantra, talvolta collusi per significare l’inscindibile convivenza di animus e anima.Il discorso aniconico di Teresa Noto, ancorchè espresso attraverso connubi di materismo e gestualismo del lessico neo informale, si carica di un prepotente simbolismo che ben restituisce la continua espansione dell’energia vitale e immaginale insita in lei.”