Testori ritrovato. Dipinti disegni acquerelli
La prima mostra a Casa Testori per il centenario testoriano.
Comunicato stampa
La mostra con cui Casa Testori ci conduce al centenario della nascita di Giovanni Testori (1923-1993) è dedicata alla sua attività di pittore. Del resto, noto come intellettuale, scrittore, drammaturgo e critico d’arte tra i più vivi e controversi del Novecento, Testori diede avvio alla sua instancabile produzione culturale negli anni Quaranta proprio come pittore e i suoi primi scritti critici nacquero dalla sperimentazione diretta.
Una straordinaria acquisizione
L’occasione della mostra è il recupero da parte dell’Associazione Giovanni Testori di un importante nucleo di dipinti e disegni riemersi dopo vent’anni di oblio, opere che permetteranno al visitatore di scoprire un Testori inedito. La produzione pittorica è legata a due momenti precisi della vita di Testori, separati da una lunga pausa di lontananza dalle tele. Se il primo nucleo è legato agli anni intorno alla Seconda guerra mondiale, tra il 1942 e il 1949, il secondo, accesosi sul finire degli anni Sessanta, attraversa tutti gli anni Settanta, in un fitto susseguirsi di sperimentazioni, anche tecniche.
Realismo Quaranta
L’Associazione Testori conserva il più importante nucleo di opere realizzate da Testori nella sua prima stagione pittorica. Un vero palinsesto visivo del suo pensiero critico, in anni in cui il Realismo italiano è al centro del dibattito culturale e i pittori che ad esso sentono di appartenere s’interrogano sulla sofferenza della Guerra, la sete di Libertà, la forza del quotidiano e lo spettro di Picasso, padre padrone da attraversare cercando di non soccombere. Anni in cui Testori affida i suoi disegni alle riviste del GUF di cui era già responsabile per l’arte a 18 anni. Da pittore, si fa le ossa su paesaggio e natura morta, nella Milano bombardata e poi liberata e si interroga sul ritorno della pittura d’avanguardia nelle chiese, arrivando alla grande Crocifissione, il capolavoro di quegli anni esposto in mostra e ultima opera realizzata, prima del ventennale abbandono della pittura.
Tutto Settanta
Nello stesso decennio delle grandi messe in scene al Teatro Pier Lombardo con Franco Parenti, Ambleto, Macbetto, Edipus (1972-1976), Testori si ributta a capofitto nella pittura, con i materici dipinti ad olio esposti alla galleria Galatea di Mario Tazzoli a Torino (1971), passando all’acrilico con i nudi di donna presentati alla Galerie Alexander Iolas di Milano (1974) e brandendo con furia il carboncino per i grandi studi anatomici e vegetali che turbarono il pubblico della milanese Galleria del Naviglio di Giorgio Cardazzo (1975) e della romana Galleria il Gabbiano (1976). Una cavalcata nella materia e al fondo di soggetti carnali che venne via via presentata in catalogo da critici d’arte come Luigi Carluccio e Giuliano Briganti, ma anche letterari come Piero Citati e Cesare Garboli, a sottolineare l’intreccio tra letteratura e figurazione così determinante per Testori.
Bianco Testori
In mostra il visitatore è chiamato a un’immersione totale nella pittura, passando, di visione in visione, alla scoperta di assonanze tematiche, attraverso indagini che esauriscono in pochi mesi un soggetto o una tecnica. La materia è per il Testori pittore come per il Testori critico, e perfino poeta, il cuore della sua ricerca espressiva, che in questa mostra emerge grazie a nuovi protagonisti.
Si scopre così il ruolo centrale del bianco nella sperimentazione degli anni Settanta. È un colore che, inizialmente negato dalla stesura di grandi fondi colorati, in un secondo tempo, a soggetto ultimato, spesso interviene ad annullarli. È quello che accade nei suoi celebri Pugilatori, immersi in una materia-vita resa con blocchi di colore, da cui la figura deve emergere a forza per non affondare.
È lo stesso bianco che, perso il suo spessore, diventa nebbia leggera negli acrilici, pressoché monocromi, dei Nudi feminili ton sur ton, per tingersi di rosso sangue, in seguito a cruenti interventi mutilanti che caratterizzano il ciclo presentato da Iolas, per il quale Testori curò nel dettaglio l’allestimento fin nella progettazione delle cornici.
Un bianco che sembra negato dal nero profondo della grafite, stesa con irruenza nelle grandi carte della metà degli anni Settanta. Sono carnali studi anatomici maschili e femminili che si associano ad elementi vegetali, se possibile ancor più carnali. Carte che appaiono enormi negativi fotografici a soggetto erotico, che dei corpi accentuano, più che la morbosità di visione, l’inesauribile lotta per la sopravvivenza. Non a caso alcune di queste opere vennero poste a chiusura dell’esposizione milanese di Palazzo Reale dedicata da Francesco Bonami agli anni Settanta (2012) e sono ora al centro di una mostra dedicata agli eretici del Novecento, allestita in questi mesi al Mart di Rovereto.
Il bianco, nascosto dal “negativo” di queste carte, riemerge immediatamente protagonista nel 1977, chiamato ad annullare ancora una volta, come era accaduto al principio del decennio, i fondi colorati, spesso stesi in giallo squillante. Un bianco che torna raggrumato ad acquerello in grandi campiture, imponenti quinte teatrali che lasciano intravvedere il colore appena percettibile sotto di esse, e da cui riemergono verdure e fiori domestici, descritti come reperti archeologici ripuliti dalla terra, o animali spennati, quasi fossero stesi sul tavolo di marmo abbondantemente infarinato da una cuoca. Una freschezza e inquietudine, tanto ancestrale quanto domestica, che fa di queste Nature morte forse le opere più sorprendenti dell’esposizione novatese.
Le carte e la storia
La mostra prosegue al primo piano della casa, stabilmente dedicato a Testori, al suo archivio e alla sua Biblioteca d’arte. Sono le stanze in cui scoprire, attraverso opere, fotografie e documenti inediti, la genesi della pittura testoriana, nel suo inscindibile legame con la produzione letteraria: all’origine del ritorno alla pittura alla fine degli anni Sessanta, come del suo chiudersi con le Crocifissioni (1981).
Si scoprono così gli scritti critici degli anni Quaranta, così legati alla sua espressione pittorica, la storia di Erodiade, al centro del passaggio dalla stilografica all’acquerello, tra il 1967 e il 1969, che conduce al primo dipinto a olio e si incontrano i volti dei modelli, le tavolozze usate e le immagini inedite dello studio di Via Brera o delle mostre storiche allestite.