The Hanging Garden
In occasione di Manifesta12 che quest’anno a Palermo sviluppa il tema del Giardino Planetario, per il suo secondo progetto SPAZIOCENTOTRE propone una collettiva tutta al femminile (con le artiste Laura Cionci, Stefania Cordone, Marta Roberti, Lucia Veronesi) che declina l’idea di giardino “pensile” in chiave di ricerca artistica e umana.
Comunicato stampa
In occasione di Manifesta12 che quest’anno a Palermo sviluppa il tema del Giardino Planetario, per il suo secondo progetto SPAZIOCENTOTRE propone una collettiva tutta al femminile (con le artiste Laura Cionci, Stefania Cordone, Marta Roberti, Lucia Veronesi) che declina l’idea di giardino “pensile” in chiave di ricerca artistica e umana.
La mostra sviluppa sempre – come già la personale SOUTHERN BLEND di Nero - differente percezione della storia e della memoria artistica in base alla quale il contemporaneo autentico consiste nel collasso delle dimensioni temporali e gli oggetti antiquari incontrano in modo spontaneo gli oggetti contemporanei, nella convinzione che sia sempre la relazione attiva a determinare e a descrivere il presente. In questo caso, attraverso un omaggio collettivo a Palermo, ai suoi giardini e alla sua natura lussureggiante come metafora e riflesso di un modo di vivere.
Laura Cionci, attraverso la sua opera recente dedicata alla natura colombiana, ci parla di un’idea di futuro: prossimo e lontano, personale e globale. Tracce, ricordi, azioni innestati nei suoi gioielli organici si inseriscono all’interno della ricerca di un dialogo attivo con il pubblico, che usa il caso e il caos in modo controllato. Una riflessione raffinata e profonda sulla potenzialità.
Stefania Cordone, artista visiva e illustratrice siciliana, elabora e compone da anni una sua personale e visionaria versione della natura, vegetale e animale, tra bestiari e giardini immaginifici, che parla la lingua di un segno ancestrale e al tempo stesso fantastico.
Marta Roberti ha vissuto tre anni tra Taipei e Saigon. Nella sua ricerca solitaria, difficile e entusiasmante, sta cercando ostinatamente di dar forma e corpo a una sorta di “supernatura” (Super_Natural si intitola infatti uno dei suoi ultimi progetti): una natura resa talmente artificiale e artistica da costituire un intero paesaggio culturale, umano, in cui immergersi. Le sue opere sfidano e stressano sempre di più i confini tra pittura, scrittura, filosofia.
I raffinati collage di Lucia Veronesi (in bilico sempre tra pittura, disegno, fotografia), infine, con l’uso costante di tecniche diverse, stratificate, accumulate, testimoniano il suo profondo interesse per la dimensione del “fuori” e la sua attrazione per quei territori al confine tra arte e realtà, tra spontaneità e artificio.
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Nel 1982, Goffredo Parise scriveva all’interno della sua rubrica Lontano sul “Corriere della Sera”: “L’arte più pura e perfetta sulla terra è quella living, cioè della vita, dell’apparizione fisica in un determinato momento e mai più” (Lontano, Adelphi 2009, p. 25).
L’arte “della vita”, l’arte vivente, è in grado di catturare questo sentimento dell’organico, della crescita costante, dello sviluppo e dell’evoluzione. È questa un’idea e una pratica che alcune artiste sembrano percepire e restituire in maniera particolarmente brillante e personale.
L’idea per esempio che la nostra identità personale, e persino quella collettiva, non siano monolitiche, date una volta per tutte e immobili, fisse, determinate, ma soggette a continua mutazione; che anzi l’identità sia questa mutazione, questo movimento. Per non perdere l’identità, occorre dunque sempre essere disposti a fonderla, cederla, ad aprirsi all’Altro e a identificarsi con esso: l’assimilazione della “barbarie” procede sempre in entrambi i sensi. È quel punto di vista l’unico che riattiva e vivifica una civiltà morta o morente.
Le nuove opere che il posto-Italia comincia a far intravedere incarnano e riflettono dunque un intero, nuovo sistema di valori in grado di orientare scelte, comportamenti, stili di vita: in questi casi (rari, per ora) è come vedere una microutopia - perfettamente funzionale, realistica - in azione. Questo sistema di valori prescinde totalmente da quello “in vigore” attualmente, condiviso e comune (quello, per intenderci, veicolato dai nostri media, dalla nostra politica, dal nostro linguaggio pubblico): non si oppone ad esso, ma piuttosto “scava” al suo interno una dimensione esistenziale alternativa.
È, ancora una volta, la vita.
LO SPAZIO
SPAZIOCENTOTRE (Via Principe di Belmonte, 103, I piano) rappresenta la naturale evoluzione del gusto artistico e della ricerca del bello avviati più di due secoli fa dal capostipite dei Fecarotta, orafo alla corte di Francesco I di Borbone (1777-1830). Fecarotta Antichità inaugura la sua attività nel 1961, offrendo alla clientela, oltre ad argenti e gioielli, anche mobili antichi, dipinti e oggetti d’arte. Già quasi cent’anni prima, però, nel 1866, la ditta Fecarotta aveva aperto i battenti in corso Vittorio Emanuele, all’angolo con via dei Cinturinai: argenti e gioielli erano ammirati e acquistati dall’alta borghesia cittadina e dalla nobiltà dell’isola e dell’Italia appena unita; numerosi erano anche i viaggiatori provenienti da tutta Europa, che nelle creazioni dei Fecarotta ritrovavano i colori e le forme originali di Palermo. Il gusto di allora viene oggi significativamente ampliato all’arte contemporanea. SPAZIOCENTOTRE intende operare in modo sperimentale, nel segno di una differente percezione della storia e della memoria artistica: non una ricerca archeologica del nostro passato, ma la consapevolezza di quanto esso sia parte integrante e viva del nostro spazio di esistenza contemporanea. Così, a partire dalla mostra con cui lo spazio si inaugura, gli oggetti antiquari incontreranno gli oggetti contemporanei in nuove e suggestive commistioni artistiche.