The Hardcore Football
Lo spazio espositivo di Via Salaria, Spazio Mensa, ospita una nuova mostra collettiva incentrata sul calcio.
Comunicato stampa
Tuttavia, il calcio non è mai stata solo una questione di calcio, lo sanno tutti. Ci introduce fin da piccoli alle immagini di adulti che gridano, si abbracciano o discutono animatamente, poi ci inizia ai rituali collettivi e identitari del tifo e delle maglie. Le estetiche, i giocatori e le loro gesta, la fama e le formazioni, scandiscono gli anni e le generazioni, da una parte unendo, dall'altra confinando. Di che squadra sei? Dimmi di che squadra sei e ti dirò chi sei.
Gli anziani ricordano le gesta eroiche di partite scritte nella mitologia calcistica più remota, quando gli scarpini erano fatti di rami secchi e argilla. Allo stadio si partecipa come in un'agorà greca, si fanno affari, si partecipa ai dibattiti più scottanti sull'attualità, si stabiliscono e si rinvigoriscono gerarchie e identità nazionali, si fondano conflitti e alleanze globali, si sta o si esce dalla storia, come sa bene l'emiro del Qatar.
E poi c'è un livello ancora più locale e individuale, che è The Hardcore Football, che indaga le traduzioni del calcio in cultura visiva attraverso le appropriazioni locali: dalla cultura pop internazionale a certe forme familiari, comunitarie, vernacolari. Quindi il passaggio da gioco a rituale, da giocatori a icone, e di tutto il corredo che da una parte l'industria dello spettacolo rende merchandising, e che invece nelle infinite dimensioni individuali si fanno cimeli e amuleti da stringere e a cui pregare.
Se da un lato il fenomeno della fondazione di culti di massa rientra pienamente nelle strategie del mercato globalizzato, forme specifiche e impreviste emergono in nicchie altrettanto specifiche, come comunità ancora profondamente intrisi di sentimento del sacro, sottoculture giovanili, sogni infantili.
Agamben seguiva Emile Benveniste nel considerare il gioco un derivato dalla dimensione del sacro di cui rappresenta un capovolgimento e una profanazione, restituendo il sacro all' uso terreno, separando di volta in volta il mito dal rito. Ora qualcosa di perversamente opposto accade davanti a una manifestazione sportiva, sorretta da strutture commerciali, che si trasforma in una mitologia su toni tribali, scandita da liturgie da stadio, superstizioni, feste, e bar come luoghi di culto.
The Hardcore Football celebra con una vena ironica e a tratti decadente un po' di quel football dream nei suoi processi di transculturazione, che contempla le sfumature estetiche e identitarie con cui la dimensione locale reimpasta quella globale. Appropriata e resa autentica e affettiva. A fare da leitmotiv sonoro a tutta la mostra è una base hardcore punk che riattualizza, esasperandolo in senso identitario, un connubio tra calcio e underground minacciosamente barocco.
Giovanni De Cataldo (Roma, 1990) vive e lavora a Roma. Dopo aver studiato all’Accademia di Belle Arti di Roma, ha proseguito la sua specializzazione in scultura presso la Scuola d’Arte e dei Mestieri Nicola Zabaglia. La sua ricerca si concentra sul contesto urbano, da cui estrapola elementi che vengono rielaborati come guardrail danneggiati nei crash test, architetture, panchine e fontanelle. Negli ultimi anni il focus del suo lavoro si è ampliato, rivolgendosi all’analisi dei contesti sociologici e antropologici in cui nascono e si sviluppano le sottoculture come quella degli ultras.
Andrea Luzi (Ancona, 1997) è un artista visivo con un background nel writing e nell’ hardcore punk. Lavora con la pittura e l’installazione a narrazioni di derivazione sci-fi mettendo in scena il disfacimento di un universo antropico già ricostruito nell’opulenza colorata e materica di nuove
architetture votive, rottami come simulacri e nuovi culti di creature e concrezioni vertiginose; È laureato in decorazione all’Accademia di Belle Arti di Urbino e all’Accademia di Belle Arti di Brera.
Ludovico Paladini (Roma 1998), performer e coreografo, si è laureato in danza contemporanea all’università delle arti della scena “Manufacture”, a Losanna, Svizzera, con Thomas Hauert, Alix Eynaudi, Kirstie Simson, David Zambrano, Mathilde Monnier. Nel 2021 entra a far parte della compagnia di Maria La Ribot con la quale ha creato ed interpretato “La Bola” (2021), “Die Estinguished” (2022), e “Ombregraphie” (2023). Ludovico si cimenta in parallelo su una pratica di video danza.
Frankie Wah (Filottrano, 1996) è un chitarrista, produttore e tecnico del suono. Attualmente chitarrista di Manuel Agnelli (Afterhours) e membro del Power Duo ‘Little pieces of marmelade’ con cui ha registrato tre album dalle sonorità ‘Porn rock’ | Punk the blues | Psychedelic crossover’; un’estetica anti-estetica, in una genesi casalinga che viaggia su una accurata e scrupolosa ricerca del suono e l’assoluta libertà e istintività della scrittura.