The inner outside (bivouacs)
La mostra vede la partecipazione di 12 artisti, e sviluppa una serie di ragionamenti sul rapporto tra spazio interno ed esterno, tra ambiente naturale e artificiale, tra paesaggio e costruzione, tra modelli della ricerca e dell’esplorazione nelle terre alte.
Comunicato stampa
Venerdì 18 luglio, con l'inaugurazione della collettiva The inner outside (bivouacs), riapre definitivamente al pubblico il Nuovo Spazio di Casso.
La mostra vede la partecipazione di 12 artisti, e sviluppa una serie di ragionamenti sul rapporto tra spazio interno ed esterno, tra ambiente naturale e artificiale, tra paesaggio e costruzione, tra modelli della ricerca e dell'esplorazione nelle terre alte. Il tema del bivacco viene affrontato da molteplici prospettive, legate di volta in volta alle sue declinazioni più concrete, di rifugio in ambiente, e ad accezioni più astratte del suo valore e significato metaforico e concettuale.
La mostra sarà visitabile fino al 31 agosto, e, nel suo corso, ospiterà alcuni laboratori didattici e workshop.
Informazioni, orari, programmi, sono disponibili nel website www.dolomiticontemporanee.net
Il Nuovo Spazio di Casso sarà aperto stabilmente fino al mese di novembre, con altre esposizioni ed iniziative.
concept
il bivacco è un piccolo spazio interno, involucro minimo, che viene posto all'esterno.
una cellula di sopravvivenza. campo avanzato, da cui preparare l'immersione nello spazio esterno, un'ascensione. nel luogo rifugio, posto in alto, a pieno contatto con l'ambiente atmosferico, ci si abitua ad attendere, resistere, si prepara l'azione.
economia spaziale, mentale, esistenziale: un diaframma più sottile non è possibile, tra l'esterno fluido, spesso fortemente aggressivo, e l'ambito protetto, dentro al quale si passa in rassegna l'attrezzatura, si progetta l'attacco.
una camera delle intenzioni, non certo un giaciglio.
è dallo spazio interno minimo, sussistenza, caricamento, che si prepara l'esplorazione di quello esterno, vasto mobile ignoto.
ognuno degli spazi utilizzati, ripensati, da dc, è una sorta di campo, postazione, bivacco.
gli spazi grandi (siti, fabbriche, padiglioni), sono comunque stazioni minime, rispetto a ciò che incombe fuori, stazioni d'attacco, campi base, luoghi della transizione.
sono àmbiti questi, sottratti all'organica ipertrofia dell'ambiente, naturale, verticale, che tende a sopraffarli.
dall'interno di questi spazi costruiti, artificiali, si osserva quel che accade fuori, e si parte, per esplorarlo, e farne una parte (l'artista non rappresenta, interagisce con le identità, fa identità), e trasporla poi in quell'interno.
al tempo stesso, non è possibile tenerlo fuori del tutto, quest'ambiente dominante, che penetra per crepe e muri e stilla per gronde, tetti e vetri, e le arie, mobili e ferme, si scontrano, un cielo e una cappa.
l'architettura dunque, è ciò che si porta, spazio critico di filtro, deliberato, che stabilisce insinua e misura relazioni, rifacendo così lo spazio, che non è mai autonomo dallo sguardo, dall'azione, se vuol essere spazio di senso, e agirlo è necessario.
Il rapporto tra l'interno e l'esterno si compie continuamente, nello sguardo posato sulla cosa, ripreso e tradotto, nell'azione di pensiero sull'oggetto e l'ambiente, mediati e trascritti, nella ricerca dell'allineamento, o della sovrapposizione, o del canone, o dello scarto, o della rottura. e nessuna di queste posizioni è una mimesi, o una descrizione, o un quadro. i quadri non esistono, ma i campi, d'azione.