Threesome #5 Menzogne

Threesome è un progetto trasversale di commistione tra linguaggi che coinvolge artisti visivi legati alla galleria Francesco Pantaleone ponendoli in dialogo con artisti esterni e, insieme, con autori letterari.

Comunicato stampa

THREESOME

(a game or activity for three people)

#5 MENZOGNE

Stefania Galegati

Yasumasa Morimura

Giorgio Manganelli

FPAC Palermo

opening 14 Luglio dalle 18 alle 22

dal 16 Luglio al 31 Luglio 2021

Threesome è un progetto trasversale di commistione tra linguaggi che coinvolge artisti visivi legati alla galleria Francesco Pantaleone ponendoli in dialogo con artisti esterni e, insieme, con autori letterari.

L'obiettivo è quello di proporre una prospettiva dinamica della fruizione dell’arte, in una logica che vede spazi, opere e artisti come soggetti attivi, dilatando i confini concettuali della narrazione e riposizionando lo sguardo anche su dettagli o particolari nuovi e non immediati. Rimescolamento delle carte in cui nulla è ovvio e tutto è possibile.

Da Hilarotragoedia di Giorgio Manganelli

Se ogni discorso muove da un presupposto, un postulato indimostrabile e indimostrando, in quello chiuso come embrione in tuorlo e tuorlo in ovo, sia, di quel che ora si inaugura, prenatale assioma il seguente: CHE L’UOMO HA NATURA DISCENDITIVA. Intendo e chioso: l’omo è agito da forza non umana, da voglia, o amore, o occulta intenzione, che si inlàtebra in muscolo e nerbo, che egli non sceglie, né intende; che egli disama e disvuole, che gli instà, lo adopera, invade e governa; la quale abbia nome potestà o volontà discenditiva.

Discendere, è da notare in primo luogo, è operazione agevole; ad eseguirla, non temerai di intopparti in impacci, preclusioni, dinieghi, ripulse gravitazionali: né dovrai ammusarti la strada con le vibratili froge cerebrali; ché l’intero universo è così callidamente strutturato da fare di tutti i possibili movimenti questo solo sollecitante ed aperto, cattivante, anzi allegrante, naturale, naturalmente rapido di sempre più rapidissima rapidità; onde si sibila per l’aria intendendo a ipotetico bersaglio, o teologico, o infernico, supernamente infimo, su quello convergendo la nostra natura magra e diffusa, come capovolto ventaglio di rette si monoaccentra in grafico prospettico.

Si noti come questa vocazione discenditiva si essempla nel nostro corpo, fusiforme verso i piedi, come si addice a ordigni di scavo, quali sono le talpe dei talloni, con che a noi medesimi scaviamo la tomba in amica argilla; a trivella ci attorcigliamo dall’ombelico in giù, con quel breve e autonomo cavicchio del membro e, oltre, l’alluce da trifola tenta la terra terragna cui inabita il tartufo del diavolo, e vi apre unghiata di abisso.

Dalla guglia, dalla garguglia della tua testa d’osso, amico, mia comproprietaria di genitali, mio complice in distillazione d’orina, fratello in escremento; e tu anche, preventivo cui faticosamente mi adeguo, modello di teschio, mio niente scricchiolante ed ottuso, mio conaborto, conversevole litopedio; dalla infima cima sporgiti, abbandónati al tuo precipizio. Sii fedele alla tua discesa, homo. Amico.

Chiosa al concetto di discesa:

Non pur naturale è questa vocazione dell’andare all’ingiù, ma pacifica ed amica: sebbene di gaudio allegante, asprigno, astratto; ma ridevole anche: come mostrano con la loro ilarità sottecchiosa gli schernevoli aborti; decoroso ed asciutto, come vedi nelle altezzose mummie, fràngole e tecche.

Io considero: stanno i beati nell’altissimo dell’empireo, e spingon piede avanti a piede su per quel vitreo, arcaico parquet periclitante; ed è certo gran distinzione. Ma pensatelo, l’abisso che gli s’apre sotto! Quale oneroso compenso, ad una vita castigata, di economizzati genitali, stomachi piluccanti, storielle scipite, librarsi per nuvole uranie che ad uno sbuffo di vento si astringono a quattro scacchi di fazzoletto da priore, mentre, al ruotare degli ingranaggi serafineschi, alle madonne alabastrine e senza mestrui venta su per le gonne il fiato delle bestie zodiacali;

e si consideri insieme quale pace, pace naturale e imperfettibile, tocchi ai non più speranti spiriti perduti, situati nel profondo dello sprofondo, incapaci di ulteriore caduta, non più memori di altezza, ché tutta l’hanno incenerita nel loro infinito tuffo; né amorosi di essa, ché la nozione stessa di alto è negata alla loro perfettissima bassura; si consideri come insolenti costoro delibino la propria orizzontale sinecura; come sia loro estranea ogni invidia degli altissimi – coloro che non hanno eseguito la caduta, che ignorano la salvezza dell’abisso, che hanno mortificato la naturale vocazione discenditiva delle membra umane – i beati vertiginanti, che lassù tralucono, ciambreri del divino, indaffarati, officiosi, sempre labili a travalicare, a rovesciar champagne o pitale, ove incespichino in manto di cometa, o diano di alluce depilato e scallito in sampietrino di asteroide. Dunque: ciò sia satis a dirti che la tua vocazione al precipizio non è rinunciante o censurabile: ma riposata, saggia, onestissima; solenne anche, giacché tutta una vita occorre alla consumazione della gran caduta; et anche: rationalissima.

La scrittura come paradosso, la narrazione mendace sulle molte verità del vivere umano, tempesta di parole per camuffare senza banalizzare le storture e le disavventure della società contemporanea.

Narrazioni distorte, che intenzionalmente spiazzano, parole e immagini che mentono spudoratamente ma con sottile e sferzante intelligenza.

Questo fa Manganelli, scrittore visionario e geniale, questo fa Stefania Galegati nella sua smania di portare sempre alla luce ciò che nessuno vuole vedere, questo fa Yasumasa Morimura nella sua elegante e tagliente arte del travisamento.

Threesome ancora una volta ci accompagna alla riflessione sulla commedia o sulla tragedia dell’esistenza, sull’amara consapevolezza di quanto mai questa possa, veramente, essere scevra da compromessi, linee d’ombra, labirinti da attraversare, per citare lo stesso Manganelli.

Eppure, in questo immenso campo minato di insidie, l’ironia diventa viatico, diventa lo strumento per scardinare ogni giudizio, pregiudizio, forzatura, strumento per decifrare la menzogna, per ridere di sé stessi e forse anche della brutalità meravigliosa che è la libertà di scegliere che l’essere umano ha su questa terra.

Agata Polizzi