Titina Maselli / Luigi Ghirri & John Hilliard
Mostra collettiva.
Comunicato stampa
Titina Maselli dipingeva immagini di città, di giorno e di sera, con i neon, le insegne, i fili del tram con le luci nella notte, grattacieli modulari gialli o rossi, e nelle città faceva vivere, cadere, correre, calciatori, pugili e ciclisti colti nell'attimo di porgere o ricevere i fiori del vincitore.
La sua prima mostra inaugura in Galleria sabato 30 gennaio, dalle 16 alle 20 in compagnia di due progetti dedicati ad una passione nata negli ultimi dieci anni: la Fotografia.
Una indispensabile assistente, nulla più, di Lei non mi interessavo. Mi serviva per documentare il mio lavoro e basta. Poi un giorno l’ho incontrata, anzi ci siamo scontrati! Grazie proprio ad amici come Luigi Ghirri e John Hilliard a cui i focus sono dedicati.
Con John Hilliard ci conosciamo fin da ragazzi, pratica da sempre una fotografia ambigua, a prima vista non si capisce bene cosa stia succedendo. Il suo lavoro ha bisogno di tempo per essere capito, minimi spostamenti di immagine e di senso si sovrappongono lentamente a formare l'immagine finale del lavoro, ammesso che ne esista una, non due, tre...
Un bel giorno inciampo poi nella fotografia di Luigi Ghirri, così familiare, pareva la mia. Eppure c’era qualcosa che non si capiva bene, qualcosa di più, sì, ma cosa? Non ve lo dico, in fondo per ognuno è un’esperienza diversa, intima, personale, che può solo essere intuita. Il fatto è che da quando ho creduto di capire Ghirri e il suo mondo, ho cambiato il mio modo di fotografare. Ho forse compreso che quelle sue immagini così semplici racchiudevano un pensiero forte, erano costruite e non casuali, erano cercate, volute, fondavano un pensiero e lo dimostravano, come un teorema poetico.
Non siamo tutti pittori. Però possiamo, al contrario, dire che siamo tutti fotografi: chi non ha mai scattato fotografie?
In bianco e nero prima (serietà, impegno, ricerca, applicazione), colore poi. Anche per noi, fotografi della domenica, questa novità è stato un punto di non ritorno. Più bello, più facile.
Gli stessi Luigi Ghirri e John Hilliard si trovano il colore di traverso a sbarrar la strada, a indicarne una nuova. Basta neorealismo, tabarri, pecore. Un mondo vecchio da esplorare con il nuovo. Città invisibili che diventano visibili.
Così come le visioni mitiche della nostra pittrice romana che sogna a occhi aperti, che inventa forme allusive di energia, luci, fili, atleti, fughe di prospettive. Città (1956), Metrò (1975), Notte a New York (1989), sono alcuni dei dipinti esemplari di Titina. Non la chiamerò mai Maselli, Titina è troppo bello, intimo, familiare, si addice ad una persona che assomiglia, nella fotografia dell'ultimo libro (Maretti, Pietromarchi, Coni) a Nannarella.
Me la vedo nello studio di Parigi nel ritratto di Aurelio Amendola o in quello di Elisabetta Catalano, un fondo di intensità nello sguardo, la stessa che lei esprimerà nei ritratti delle città attraversate da boxeurs, calciatori, ciclisti impegnati in una gara di energie, ricevendo un mazzo di fiori fragranti, mentre sferraglia il tram, sciamano stornelli nell'autunno romano, gridano le pernici.
E poi gli ultimi dipinti, incredibile, lo stesso percorso, moderno, di Tiziano e Rembrandt, la materia che si disfa, il segno non è più tagliente ma pacatamente accogliente: i verdi, i rossi, i blu non hanno confini sicuri. A una certa età siamo disposti a provare altre vie, a lasciare il certo per l'incerto, la carne si disfa, come il segno.
Chi ha più paura del rosso, del giallo, del blu?
Le regole del gioco apprese in accademia vanno al diavolo, tanto anche noi ci andremo tra poco. Appaiono i fantasmi di Scipione, di Mafai, si rivela la competizione con Carla Accardi, l'altra grande signora romana della pittura italiana, così sovente accusata (la pittura) di estetizzante piacere, mentre questo piacere è un vero piacere, fatto per piacere e chissenefrega di quelli che hanno imposto il bad painting come ultima frontiera della lotta alle belle arti!
Titina, dunque, ancora qui Titina?
Tesse ragnatele di città, oppure città come ragnatele, anticipa inconsapevolmente la rete, il net, i messaggi della pittura corrono sui fili e su binari aerei, punteggiati di luci tonde come i lampioni in una città senza nebbia.
Le città di Titina abbassano le luci negli anni Duemila -risparmio energetico - fin che si spengono del tutto.
Titina ora dorme, i pennelli puliti con lo straccio, i guidatori di tram aspettano il cambio del turno, i semafori lampeggiano solo sul giallo, un uomo in frack s'avvicina lentamente...
Massimo Minini