Tiziana Grassi / Gabriele Verducci – Per filo e per segno
Un e un’artista, di genere e generazione differenti, riuniti in una doppia mostra personale, accomunati dall’uso del “filo” – di refe l’una, di ferro l’altro – che lascia “segni”, elabora immagini.
Comunicato stampa
Un e un’artista, di genere e generazione differenti, riuniti in una doppia mostra personale, accomunati dall’uso del “filo” – di refe l’una, di ferro l’altro – che lascia “segni”, elabora immagini.
Il filo ha una lunga storia, simbolica e materiale: dal filo d’Arianna che salvò Teseo permettendogli di uscire dal Labirinto al filo di Penelope che significa fedeltà e astuzia, tenacia e pazienza; dal filo delle suture chirurgiche a quello delle cuciture in generale e del collegamento di più elementi; quello di ferro invece è più “duro”, meno malleabile, a volte può indicare costrizione ed anche sofferenza (il filo spinato).
Il segno si dà nel suo duplice significato: è elemento base dell’opera d’arte, cioè quello che materialmente la crea, che resta (sulla carta, sulla tela, sul marmo eccetera), ed è il fattore che “indica”, che comunica ciò che l’immagine, costruita con i segni, vuole esprimere.
Tiziana Grassi (Torino 1960, vive a Milano) è essenzialmente pittrice ma, da qualche anno, lavora con il ricamo, naturalmente non come antica attività muliebre bensì come strumento di elaborazione artistica. Il filo, di qualità ora più modesta ora più preziosa, le permette di esprimere tutta la liricità della sua poetica.
Il filo che usa Gabriele Verducci (Perugia 1978) è molto più “duro” e “severo” di quello dell’artista di cui abbiamo or ora parlato, infatti è filo di ferro. Questo viene trattato però con morbidezza, a volte con ironia o denuncia (ad esempio riproduce i loghi delle multinazionali, o i ritratti di Trump o di Putin), in altre con fantasia o senso di realtà (come nel caso degli animali), in certe occasioni appare il richiamo alla storia dell’arte sia del passato che del presente.